Sento di dover dire qualcosa anche io. In fondo è il dovere di tutti quanti.
Non c’è niente di veramente sensato di cui parlare, soprattutto in tempi come questi. Si potrebbe parlare del ‘’nulla’’ o del ‘’tutto’’, e il risultato sarebbe il medesimo. È un po’ la morale del Nichilismo occidentale, che ha accompagnato l’uomo sin dall’albore del suo primo pensiero, e che lo accompagnerà fino all’ultimo. Però trovo che sia importante parlare almeno di un singolo concetto: il dubbio.
Non credo ci sia luogo e tempo migliori per spendere qualche meditazione su questo vortice che si nasconde dietro una banale parola.
Heidegger avrebbe iniziato ponendosi una prima domanda: ‘’che cosa significa dubitare?’’. Da un punto di vista etimologico e linguistico è alquanto semplice intuire cosa significhi, ma è anche vero che una superficiale conoscenza delle intenzioni dei vocaboli ci ha resi schiavi, e ci ha intrappolato in un angolo dove chi è convinto di sapere, smette di cercare e ricercare.
Capita a tutti noi, è il fondamento della vita organizzata. Impariamo per poi mettere a frutto le nostre conoscenze. Ci diamo da fare in virtù di uno scopo.
Erriamo. Tutti ugualmente in modi diversi e per questo ci incatramiamo l’uno all’altro durante l’esperienza di esistere. L’intuizione ci dice che è normale o naturale, eppure noi troviamo sempre il modo di vergognarcene.
Ci spaventa l’assurdo di cui parlava Camus, la logica secondo cui non è scritto da nessuna parte che il mondo sia razionale, spiegabile o comprensibile. Ci terrorizza che non ci sia una vera risposta alle nostre domande. Ci mortifica il senso di incompletezza che proviamo quando non capiamo qualcosa, o instilliamo la confusione in qualcuno. Cerchiamo disperatamente di schematizzare tutto il mondo dentro e fuori noi stessi e nelle notti più tenebrose preghiamo che qualcuno un giorno non lontano venga a salvarci. Speriamo di non dover mai rinunciare ai ‘’significati’’ che ci sono tanto cari.
Alcuni tentano di risolvere questo tranello cosmico facendo della loro vita e dei loro pensieri un fondamentalismo. Qualcosa di ‘’fondamentale’’, di assoluto, basilare, unico e irremovibile che possa fuggire da ogni domanda mal posta. Quella di scegliersi (consciamente o quasi) un ‘’credo’’ è una tattica antica, e tra le più funzionali. Possiamo vivere bene con un credo ferreo acquistato tra le bancarelle di un tempio orientale. Ma c’è un inghippo: così facendo noi vendiamo la nostra anima.
Non sto dicendo che non dovete vendere la vostra anima a chi che sia, o che non dovete servire un credo o un ideale. Dopotutto anche Faust vende la sua anima, e la vende forse al peggiore degli acquirenti: Mefistofele.
Ciò che mi trovo qui a precisare (o forse sarebbe meglio dire supporre), è che se voi cercate ciò che penso, non lo troverete che nel dubbio, e mai all’infuori di esso. Vendere la vostra anima ad una multinazionale vi darà una buona illusione, di quelle introvabili per caso, ma non vi salverà; non come vorreste voi.
Quando Nietzsche parla del ‘’danzare’’, si riferisce proprio a questo. La terra è fatta di zolle in continuo movimento, e il passo dell’uomo che vi dimora sopra e le costeggia, non può che oscillare allo stesso inesorabile modo.
Il tranello è che non esiste ancora una soluzione migliore. Non vi chiedo di non errare, ma di errare alla maniera di Faust, Ulisse, Frankenstein, Prometeo, Manfred, Zarathustra.
Gli unici uomini che realmente posseggono una qualche verità, sono gli scettici. Nessuno si è mai avvicinato a qualcosa di più concreto, senza dubitare irrimediabilmente di ogni cosa.
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