Ho sempre creduto al matrimonio come un mezzo capace di conciliare vari punti e fasi della vita di un uomo e una donna. Sono rimasto molto convinto che la sua forma di attuazione sia dovuta, in parte, a quattro differenti livelli, tre diversi “motivi”, se così vogliamo chiamarli, perché un matrimonio e ciò che lo precede e sussegue vengano resi concreto.
Un primo “Step” è certamente dovuto al sentimento antico, all’onda di fuoco e di passione che travolge, unisce, dispera, fa ridere e piangere, e che man mano che si prosegue per questa via la sua fiamma può continuare ad ardere vivamente o iniziare a spegnersi giorno dopo giorno. Molti lo chiamano AMORE, altri semplicemente rincoglionimento.
La seconda motivazione è legata a un fattore di noia e depressa quotidianità nella vita di una coppia non sposata che la porta, ad un certo momento del rapporto, a pronunciare quella domanda così tagliente ma liberatoria: “Stiamo insieme da molto tempo”. “Che si fa?”. Una questione che sembra turbare in un primo istante ma che non perde mai di significato e di solito sembra trovare delle risposte. Mettetevi per un secondo nei panni di due persone che convivono come fidanzati da dieci anni; potreste essere anche non fedeli agli insegnamenti cristiani o di qualsiasi religione, o non credere ciecamente a un’unione legale ed eterna ma, credetemi, alla fine dei conti, per quanto uno si sforzi di dire che va tutto bene, quella domanda rimbalza nella tua testa e non puoi continuare a tenerla dentro. Molti si lasciano e non si vedono più, altri ci pensano un po’ e, tramite vari mezzi che possono essere uno stimolo da parte della famiglia, la voglia di un bambino proprio come motivo per sposarsi, la decisione di mettere la testa a posto, ecc. trovano la loro risposta.
Naturalmente una gravidanza, specie se in giovane età, è pur sempre un buon motivo per un bel matrimonio. Ultimamente ci sono decine e decine di ragazze che non arrivano nemmeno ai diciotto anni e già sono in dolce attesa. Quando domandi loro del perché di questa decisone, ti rispondono: non sono stata attenta oppure, non avevo niente di meglio da fare, o ancora, perché lo volevo. Come terza motivazione non credo che questo “Lo volevo” potrà facilitare le cose in futuro e che non sia neanche una buona ragione per mettersi in pace con se stessi. Credo sia fondamentale per una donna e un uomo non cadere in questi errori proprio adesso e a questa età. Il tempo per fare, godersi un po’ la giovinezza ci è stata concessa; sfruttiamolo. Sono sicuro quando dico che chiunque voglia un figlio a sedici, diciassette, diciotto ma anche a vent’anni, è perché nutre in se un senso d’insicurezza e pigrizia tale da non spingerlo a divertirsi, a godersi un po’ la vita o a non mettersi in gioco né per quanto riguarda lo studio né per il lavoro.
Il quarto e ultimo punto è più una questione economica. Vi parrà strano credere che ci siano ancora matrimoni combinati ai nostri giorni eppure è così. Non sempre, poi, è detto che siano privi di passione e amore. In Italia non penso si usi ancora, o si usa ma in maniera del tutto riservata, ma in altri paesi e in altre culture la formula del matrimonio combinato è in uso.
Potrei continuare ma credo che come struttura di base sia sufficiente a darvi un’idea di quello che s’intende per “Motivi per un matrimonio”.
E così, mentre tornavo da un lungo viaggio in autobus, e per la seconda volta per giunta dopo neanche venti quattro ore, pensavo a questo. Lasciavo alle spalle l’aeroporto di Milano e mentre cominciavo a chiudere gli occhi e a coccolarmi sul sedile, il mio pensiero si era posato su questa idea (personale) riguardante le unioni, il matrimonio, i loro scopi e complicazioni. Forse frutto di una vecchia conversazione avuta con un amico e un’amica non molto tempo prima; una conversazione proprio sul concetto di matrimonio. O forse anche il recente avvicinamento a Dio da parte di un’altra mia amica mi dava da pensare. In casa mia quasi tutti si erano sposati per amore e per reciproca passione, a cominciare dai miei nonni fino ai miei genitori. Caso eccezionale fu per la mia bisnonna che, nata alla fine dell’ottocento, fu costretta a sposare un uomo più vecchio di lei di quasi vent’anni e che per circa tre mesi dopo le nozze dovette dormire con la testa sul comodino pur di non stare troppo a contatto con quell’uomo che si era dovuta sposare. Una storiella che mia aveva sempre agghiacciato e incuriosito allo stesso tempo. Dopo pensavo che senza quel matrimonio non ci sarebbe stato mio nonno, né mio padre e nemmeno io.
Ancora non capisco perché, dopo una notte passata su delle scomode sedie dell’aeroporto di Milano, senza dormire e senza prendere nemmeno un aereo, mi fossi imbattuto, stanco com’ero, in quello strano dilemma.
orse era una premonizione per ciò che sarebbe accaduto in seguito a quelle ore.
Me ne torno a Perugia e dormo dieci ore filate. Mi sveglio solo per mangiare e per sistemare alcune faccende burocratiche, poi me ne torno a dormire. Verso le sei di sera mi guardo un film e mentre mia madre prepara la cena, penso di restarmene a casa e non uscire, poi, però, una chiamata da parte di un amico mi convince a uscire. Proprio in quei giorni era tornato da Milano un altro caro amico, compagno da decenni di giochi e sventure. Si chiama Sahl ed è di origini macedoni, lui e tutta la sua famiglia composta d’infiniti fratelli e cugini. Era rimasto nella città nebbiosa tutto l’inverno per lavoro e prima di partire per la Macedonia passava qui, a Perugia, a salutare un po’ di gente. “Strano che viene giù solo per poche ore e poi riparte subito!” penso, ma poi non faccio più caso. Sono contento di vederlo così, dopo una cenetta in famiglia e una sciacquata, mi vesto e sono pronto a uscire. Sahl non si presenta subito tra di noi; passano alcune ore prima di poterlo salutare e magari bere l’ultima birra insieme.
Intorno alle undici e trenta, eccolo spuntare fuori da un vicoletto del quartiere; sempre vestito all’anti moda per eccezione. È questo che l’ha sempre distinto dagli altri; un ragazzo non italiano ma che lo parlava meglio di un nativo, vestitosi sempre un po’ alla buona ma sotto quei vestiti un gran cuore e un grande rispetto reciproco. E una grande testa. Non molto espansivo, infatti, lo saluto con una repentina stretta di mano e poi s’inizia a parlare. Parlano un po’ tutti con lui, è contento di vederci e noi siamo di felici di vedere lui. Anch’io scambio qualche parola. Iniziamo un discorso che parte proprio da me poi Sahl racconta un po’ delle sue esperienze lavorative. Dice di trovarsi bene lassù, tutti lo trattano bene ed è felice. C’è qualcosa, però, nel suo sguardo e nel suo continuo muoversi che non emana sicurezza e calma. Ride, scherza ma è turbato per qualcosa. La prima volta che lo vedo così, ma non gli domando subito perché sia un po’ nervoso. Nel momento in cui siamo soli, un po’ distanti dal gruppo che nel frattempo parla d’altro, beve, cerca Pokemon in giro, mi avvicino per domandargli se sta bene ma lui mi precede. “Sai che mi sposo?” mi dice tutto inebriato rompendo definitivamente quel momento di quiete che precede un po’ di elettricità. Non rispondo. Rimango qualche istante per capire e per rendermi conto delle sue parole. Guardo un amico mio seduto difronte a noi per chiedere conferma. Sono scettico, incredulo, già rido allo scherzo che è stato architettato ma il ciondolare il capo in segno d’affermazione del compare davanti, nasconde subito sul mio volto il ghigno che portavo stampato e la realtà torna sempre a prevalere. Non parlo per molti minuti mentre gli altri, comprendono anche loro la notizia e iniziano ad insultarlo. “Se scemo” “Ti rovini la vita” “tempo un mese e ti lascia”, ecc. Sahl risponde a quelle accuse e pensieri, mossi da un’insensata collera generale, con una risata. È tutto vero; percorrerà centinaia di Kilometri in macchina, con tutta la famiglia verso il paese natale. Lì s’incontrerà con una ragazza di diciotto anni appena compiuti e dopo qualche rituale, tornerà in Italia accompagnato dalla sua rispettiva consorte e signora.
Non parlo. Mi sforzo di dire qualcosa ma non so proprio che dire. Rido per non piangere e poi dico stronzate per smorzare quella strana situazione. “Lui è italiano, ormai non dovrebbe seguire ancora le orme di una religione e un’usanza che non gli sono mai appartenute” penso durante quei minuti e nelle ore successive quando ci spostiamo tutti da lì e andiamo a bere qualcosa. “Non è giusto che debba sottoporsi a questi modi ormai retrogradi e antichi” continuo a pensare, ma so di essere in errore. Dopo esserci rifocillati, ci sediamo su delle panchine. Un nostro amico continua a parlare e a inveire contro Sahl come se dovesse sposarsi lui. È un napoletano, penso, lasciamo parlare altri dieci minuti poi si stuferà. Infatti, non passano cinque minuti che già si è ammutolito. Mi siedo vicino a Sahl e penso di parlargli. Da amico vorrei delle spiegazioni su questo gesto un po’ avventato. Lui ora è tranquillo e comincia e raccontare. La ragazza, non la conosce da molto tempo; in verità sono solo tre mesi che si frequentano, via internet il più delle volte. Di persona si sono visti solo quattro volte in tutto ma Sahl è sincero quando dice di volerle bene, di amarla e di volerla portare in Italia. Forse il lavoro nuovo gli ha dato un po’ alla testa. I soldi già lo spingono a fare dei ragionamenti più grandi di quanto si possa permettere, ma ormai è andata. Dice che i suoi genitori sono fieri e pure i suoi fratelli. Decine di parenti sono arrivate dal Belgio, dalla Germania, dall’Inghilterra in soli due giorni per portare doni e per accompagnarlo al grande passo. E inoltre, non è un matrimonio combinato.
Non sono subito convinto ma le sue parole mi danno lo stesso da pensare. Le due di notte stanno per scoccare e sono contento per lui. Forse un elettrico comportamento dato da quella strana situazione, ma non mi soffermo più a cercare la cosa giusta o sbagliata.
È una bella notizia. Perché non dovrebbe esserla?
Troppo tempo a pensare ai quattro maledetti motivi per un matrimonio, che avevo dimenticato una cosa fondamentale, forse da prendere seriamente alla lettera. Noi siamo fatti così. Italiani, macedoni, americani siamo della stessa pasta. Pensiamo, pensiamo, pensiamo troppo ad una sola cosa, ci focalizziamo solo su di essa e intanto il tempo scorre e non ce ne resta a sufficienza per pensare ad altro. Pensare a una cosa, sceglierla in tempi brevi e farla bene. Il tempo farà poi il suo corso e deciderà, o meglio, darà consigli sul futuro.
Mi alzo e abbraccio Sahl. È un abbraccio sincero, caldo e personale. Gli auguro di essere felice e se mai non lo fosse, gli auguro di esserlo lo stesso, di sbagliare ancora finché non trova la felicità che tanto cerca. Tra noi due c’è un attimo d’imbarazzo e gioia ma lo vedo partire ora più sereno. Penso che dopo due giorni di digiuno dal sonno e non poter essere partito per la vacanza, questa serata mi rallegra e rassicura e vado a dormire calmo, non più nervoso e stracolmo di troppi pensieri.
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