Boato nel buio

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Un terremoto non si presenta mai con tanto riguardo e comprensione. Il suo mestiere, se così si può definire, non passa indisturbato; da millenni il suo unico compito è quello di portare distruzione, cambiare l’andamento di quella vita rimasta fino a quel punto stabile, saldamente ancorata a quel terreno apparentemente sicuro. Secondo leggi inviolabili, che la natura ha riposto per un andamento vitale, rinnovare e trasformare ogni singolo dettaglio sia ambientalistico che morale sembrano essere le uniche cose certe da sapere quando si parla di un effetto sismico.

Urla e strepiti incontrollati restano futili difronte a questo esempio di “legge naturale” che nessuno mai ha potuto arrestare fino in fondo. Un nuovo tipo di costruzione, un’architettura in continuo sviluppo da adoperare in ambienti in cui l’elevata presenza di fenomeni sismici sono all’ordine del giorno, sperimentazioni e test, simulazioni e prove d’evacuazione, niente di tutto ciò è riuscito a frenare, in tutto e per tutto, il continuo spostamento e cambiamento naturale, sintomo di un’ancor più grande progetto, un disegno dal quale risulta difficile cancellarsi, liberarsi e vivere autonomamente.

Come un sussulto, dapprima pacato, il terreno sotto i nostri piedi si aggancia ad altrettante formule d’equilibrio e conservazione e segue una propria strada, una legge che forse a noi non è dato conoscere. Macchinari antichissimi le cui valvole ed ingranaggi assestano e intercettano, muovono il piano inferiore per poi interagire con quello esterno, il tutto in una manciata di brevi e rapidi istanti. Tutto è tranquillo; il vento non soffia più sopra gli alberi e le case. La casa è immolata in un mite e sonnolento silenzio che pare non finire mai.

La notte e il buio più totale fanno da sensazionale atmosfera. Quasi una noiosa notte, tale e quale come tante altre notti già passate, altrettanto vissute e sperate. Ammantato di buoni propositi, il popolo stanco si prepara a nuove ore prima dell’alba.

Formule chimiche e legate alla madre scienza si riuniscono nello stesso momento e luogo, riflettono sugli ultimi piani già prestabiliti e si accordano come entrare in azione; ora, posto, mezzi, strumenti, tutto l’indispensabile per una missione volta a cambiare e stravolgere. Agiscono zitte nell’ombra oscurata. Come talpe, usano il solo fiuto e scavano in profondità con artigli di pietra e cellula. Scavano il terreno, smuovono il costruito, il compiuto e rallentano il progresso. Dove prima c’era una strada ben fatta, il mesto silenzio cosparge le sue ultime ore e la riduce in poltiglia.

Tutto intorno trema. Balzi, sussulti, ondulazioni. Avanzate macchine umane ne rivelano l’intensità ma non possono far altro che questo, mentre la parete si inclina all’indietro staccandosi dal resto del suo corpo come carne morta finendo al suolo, nella strada. Il vecchio letto, caro e prezioso, balla e si incurva assieme a pezzi di pietra che fanno un tutt’uno.

Dieci secondi prima non ci si accorge nemmeno. Pensi sia il vento, pensi di essere un po’ stanco per renderti conto solo dopo che le mura del tuo salotto si muovono con spasmi involontari, quando scopri la verità sei già impolverato e sporco, unico essere vivo nel bel mezzo del nulla, tra cumuli di polvere e cenere. È ancora buio e silenzioso ma il boato trema e persiste senza sosta nel tuo cranio e a passi lenti ti fai strada verso un aria più libera e sterile. Quella di prima è, a questo punto, infettata e sa di morte.

Città e zone limitrofe avvertono il pericolo ma non vedono lo sfacelo e la distruzione di tutto ciò che di più caro avevano e si limitano ad inviare aiuti e conforti. Le prime macerie, quelle ben visibili in superfice

vengono subito prese e trasportate fuori ma per quelle più nascoste e inarrivabili ci vorrà più tempo per recuperarle, e assieme a loro anche i corpi ancora caldi dei superstiti o quelli ormai irrigiditi dei caduti. Forze speciali e interventi da ogni parte del paese, solo per dare una mano, solo per un saluto o un gesto di carità ma, guardandosi un istante intorno, al di fuori di quelle macerie e delle case rimaste, ultimi relitti di viva civiltà, si comprende tutto il significato di un evento del genere. La gente ne parla inorridita ma arretra nella sua incoscienza e abitudine sapendo che non si può fermare un terremoto. Per quanto ci si sforzi per prendere precauzioni si ha già sicura la risposta; un effetto naturale, un evento della vita che c’è, è intorno a noi e con esso dobbiamo convivere, con il suo tremore e il suo boato che spezza e infanga in poche ore di una notte tranquilla.


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