La sera cala sul piccolo paesino  e iniziano a formarsi piccoli capannelli di persone. Si aspettavano più persone, ma la fiaccolata parte lo stesso. Quel piccolo manipolo di persone dimostra tutta la sua solidarietà verso la povera vittima.

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Poca gente ad una fiaccolata alla fine non è una tragedia. Può capitare che, a causa del tempo o di altri impegni, persino chi appoggi in pieno la causa non partecipi. Di tragico c’è però il contorno di questa storia. Qualcosa che si sperava appartenesse ad un passato ormai lontano o a qualche regione del globo lontana geograficamente e culturalmente.

Anni di violenze e di abusi, sopportati come se fossero nel corso naturale della vita. Una famiglia distante, che sa ma teme il giudizio del pubblico. Qualcuno dà la colpa alla lascivia delle nuove generazioni. Qualcun altro osa persino difendere i ragazzi colpevoli delle violenze.

“L’uomo è cacciatore!”

Non è la prima volta che nel nostro civilissimo paese si usano tali aberranti giustificazioni. La lista è tristemente lunga. E probabilmente si allungherà ancora.

Quella mentalità che si credeva perduta ancora persiste e inquina la nostra società. Ma la vittima diventa subito un contorno, una figura sfumata, e il centro dell’attenzione diventa l’onorabilità della cittadinanza, il buon nome del paese. È giusto non accettare queste violenze, ma non c’è bisogno di alzare un polverone che rischia di sporcare tutti.

Ci si preoccupa di questo:  contenere i danni; spalmare le responsabilità (giustamente la ragazza poteva anche essere meno carina eh!); non fare scandalo.

Non ci si può aspettare tanto in un paese che solo nel 1996 ha riconosciuto lo stupro come reato contro la persona. Prima si commetteva offesa solo alla morale. E la vittima? La vittima era lo strumento con cui si offendeva la tanto cara morale. Nulla più.

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Franca Viola

Prima ancora, fino al 1981, lo stupro poteva essere risolto con un bel matrimonio. Che tempi! Sicuramente i tribunali erano meno affollati, ma non mi sembra il modo più sano di affrontare il problema. Fu Franca Viola la prima donna a rifiutare di sposarsi con il suo stupratore, fregandosene del giudizio dei suoi compaesani. Perché ovviamente per i suoi vicini di casa dopo essere stata stuprata se non si fosse sposata sarebbe stata una svergognata. Lei ha fatto di più e di meglio. Ha rifiutato il matrimonio e denunciato lo “spasimante”. Era il 1966. Ci vollero altri quindici anni per abbandonare questa pratica.

Aspettiamo il momento in cui storie come quella di questi giorni non facciano più parte della nostra quotidianità.

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