Mi è stato sempre detto che dicendo la verità tutto avrebbe preso una piega positiva nella vita. Magari inizialmente si potrebbe patire un po’, ma certamente lo sforzo dell’onestà sarà poi grandemente ripagato. I grandi insegnamenti dei genitori e delle maestre d’asilo mi hanno portato a pensare che i bugiardi non l’avrebbero avuta vinta. Ma mi sono dovuto ricredere crescendo. Con la verità non andavo da nessuna parte mentre i bugiardi mi sorpassavano in continuazione a destra e a sinistra. I più maliziosi non solo mi superavano ma mi mettevano persino in difficoltà, facendo passare me per il cazzaro di turno. La realtà si rivela agli innocenti sempre nel suo lato più meschino. E questo 2016 è stato l’anno delle bugie, dei bugiardi e di chi ha voluto credere a quelle menzogne, cosciente del fatto che lo fossero. Benvenuti nell’era della postverità.
Secondo l’Oxford Dictionaries post-truth, ovvero postverità in italiano, è la parola dell’anno (1). La flessibilità dell’inglese la annovera tra gli aggettivi, da utilizzare in contesti in cui l’oggettività dei fatti si fa meno importante nell’influenzare l’opinione pubblica dei sentimenti e delle opinioni personali (2). La verità oggettiva perde importanza a favore di un mondo di opinioni personali e credenze dure a morire. La enorme mole di informazioni -vere o false che siano non ha importanza- disponibili oggi grazie alla rete rende spesso impossibile distinguere tra ciò che è e ciò che non è.
Che cos’è dunque la verità? Un mobile esercizio di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane che sono state potenziate poeticamente e retoricamente, che sono state trasferite e abbellite, e che dopo un lungo uso sembrano a un popolo solide, canoniche e vincolanti: le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria, sono metafore che si sono logorate e hanno perduto ogni forza sensibile, sono monete la cui immagine si è consumata e che vengono prese in considerazione soltanto come metallo, non più come monete.
Su verità e menzogna nel senso extramorale -Friedrich Nietzsche
È difficile dare torto al troppo spesso incompreso filosofo tedesco. Quest’anno le illusioni si sono spesso vestite da verità e hanno forgiato opinioni, movimenti, spostato voti e deciso elezioni.
Nel referendum consultivo per la Brexit del 23 giugno 2016 uno dei cavalli di battagli del fronte del Leave capitanato dall’ex-sindaco di Londra Boris Johnson era una bugia. Il fatto che il Regno Unito versasse all’Unione Europea 350 milioni di sterline per settimana è stato subito smentito dato che in verità sono 160 i milioni di contributi versati a settimana. Nonostante tutto il fronte del Leave non ha perso di credibilità e ha continuato battendo questa via. Con successo.
Lo stesso copione si è ripetuto nella corsa alla casa Bianca dove l’ormai Presidente Trump portava avanti la sua campagna elettorale a suon di dati e fatti totalmente inventati, fregandosene anche della verità scientifica. Infatti celebre è la posizione del futuro inquilino dello Studio Ovale sul riscaldamento globale, lanciata con dei tweet nel 2012 e mai rinnegata.
“Il concetto di riscaldamento globale è stato creato da e per i cinesi per far sì che la produzione degli Stati Uniti non sia competitiva.” (3)
“A New York nevica e si gela, noi abbiamo bisogno del riscaldamento globale!” (4)
L’intera comunità scientifica sperava in un passo indietro di Trump visto la sua elezione, ma niente. Il carbone e il petrolio saranno di nuovo al centro della politica energetica americana. Le bugie e le contraddizioni si sono ripetute per tutta la campagna, ma nemmeno quando queste venivano smascherate The Donald si piegava e il suo consenso ha continuato a salire. Tony Schwartz, ghost writer dei suoi discorsi ha dichiarato che Trump “ha mentito in modo strategico” perché “non gli procurava nessuno scrupolo di coscienza”. Anzi, tutto il contrario. La sua avversione alla verità “ha rappresentato un vantaggio per lui”(5). Sul New York Times Roger Cohen ha scritto “c’è un candidato realmente fuori dagli schemi: è uno che mente in continuazione, che insulta, che usa un linguaggio che finora non si era mai visto. Se voi dite:-C’è qualcuno che vuole essere presidente degli Stati Uniti e mente di continuo-, e milioni di persone dicono:-Okay, sì, forse è una cosa che non si deve fare, ma voterò comunque per lui- penso che ci sia un’analisi molto approfondita da fare”. Il succo è che qualsiasi cosa avesse detto Trump, i suoi elettori lo avrebbero comunque votato. E lui lo sapeva. Ne era certo, tant’è da affermare durante un comizio in Iowa il 23 gennaio di quest’anno di avere gli elettori più fedeli.
Dicono che ho gli elettori più fedeli – avete mai visto qualcosa del genere? – Potrei stare fermo in mezzo alla Fifth Avenue e sparare a qualcuno e non perderei alcun elettore, ok? È incredibile.
Donald Trump
Meraviglioso.
Non crogioliamoci però. Non sono solo i paesi anglofoni a proclamare la superiorità della postverità sulla realtà. Ci siamo anche noi. Sì, noi italiani. E come al solito facciamo le cose in grande. Se nel Regno Unito e nella sua ex-colonia più di successo il fronte della postverità era principalmente schierato a fianco di una delle parti, qui nel Bel Paese la postverità è per la par condicio. La postverità è per il SÌ, come per il NO. La campagna referendaria, già scadente di suo, è oramai una gara a chi la spara più grossa, tra catastrofi bibliche e derive autoritarie. Tanto fa nulla. Alla peggio si aumenta solo il consenso interno tra i due schieramenti.
Questa è l’epoca della postverità. Non ci resta che riderne.
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