Che ne dite di una vacanza nei luoghi più belli d’Italia? Per una volta, basta con la solita corsa all’estero e concentriamoci su un panorama più nostrano; patriottico oserei aggiungere, sebbene ogni luogo, ogni spazio di questa penisola si differenzi dagli altri della stessa nazione, nel momento in cui si supera il chilometro di distanza. Eppure la bellezza non risiede solo nel proprio patrimonio regionale. Per quanto tu possa amare il tuo vitale spazio territoriale, quello che ogni giorno vedi e vivi, non potrai dire di essere italiano se non hai visto tutto lo stivale o almeno in parte. Tra una pausa lavorativa o universitaria e l’altra, tra il Natale e il capodanno, la voglia di evadere solo per pochi giorni dalla medesima città di sempre si fa frizzantina e vivida sulla pelle. A questo vado pensando, di uscire dal confine segnato sulla carta, prendendomi una pausa che mi porti a respirare un’aria diversa; chissà, magari quella più calda del sud oppure a nord, dove specie in questo periodo l’atmosfera è carica di sensazioni completamente differenti. Avrei una gran voglia di fuggire, da solo o in compagnia non importa, solo andarmene e fare un meraviglioso tour dell’Italia. Treno, autobus, una macchina per spaziare indisturbato, tutte idee grandiose, ma se sei un po’ a corto di moneta potrebbe svanire presto dalla lunga lista di piani che già ti eri preparato.La sessione invernale di esami è solo un altro spiacevole pretesto per non partire e, fatti un po’ di conti, mi accorgo a malincuore che anche per questo Natale il piacere di starsene lontani in un’altra città sarà messo da parte e così dovrò accontentarmi della cara vecchia Perugia. La città che amo e che genera in me le emozioni più strane. Devo a lei la mia particolare etnia sebbene l’odore di chiuso fra i monti circostanti a volte diventi davvero insopportabile. Facendo su e giù per le sue vie mi accorgo di amarla e odiarla allo stesso tempo; un odio-amore che si fa sentire e che ogni tanto fatica ad accontentare le mie richieste. Ripensandoci bene, sarebbe meglio dire, caldo affetto. A lei devo sempre qualcosa come la scelta di optare per un luogo scosceso dove poggiare le membra, piuttosto che la noiosità pianeggiante. Un animo storico, data la sua origine etrusca. Il suo popolo un giorno odiato un altro amato, così come la stessa città, ma soprattutto la sua compassione nei confronti di un modesto cittadino. Non dura e repressiva come altre città, Perugia, nel suo piccolo, offre varie possibilità; anche se a volte non mantiene la parola data. Il fatto che io possa permettermi di parlare così di lei è già qualcosa, senza escludere il fatto che è sempre grazie a lei che posso pensare ad altre città, pensare di scappare da essa; lei non se la prende a male.
Ebbene, inchiodato qui, non potrò, almeno per alcuni mesi, uscire dal cuore verde d’Italia. Ma non sempre è detto che deve andare male. A volte, dietro cattive notizie si nasconde qualcos’altro. Qualcosa di veramente incredibile. Ritornando verso casa, penso al mio fallito viaggio. Sarebbe stato divertente visitare Trento, per esempio, tornare a Napoli, o passare il Natale tra le vie di Torino o in un porto della costa Toscana. Quando meno te lo aspetti, il destino collabora alle tue spalle; un fato che potremmo chiamare “Perugia”, vista la precedente intromissione. Le strade del piccolo quartiere dove abito, non lontano dalle pendici del capoluogo umbro, sono completamente invase di operai. Lavorano da settimane, ormai, ruspando e incatramando il vecchio asfalto corroso, nell’intento di posizionare i 43 km di cavo di fibra ottica che presto avrà invaso l’intera città. Non semplici operai; sarebbe divertente chiamarli “Operai Viaggiatori”, che di regione in regione portano la propria specialità al servizio dell’onesto cittadino; una sorta di chierici, depositari di una buona novella, quella del lavoro mattiniero e notturno, quello al freddo e nelle afose ore d’estate, sudando e tremando per adempiere il proprio compito. La loro particolarità sta nel fatto che, sebbene svolgano lo stesso complesso lavoro, non fanno parte di stesse aziende e centri di lavoro. Non fanno parte nemmeno della stessa regione, e quando ti aspetti il solito lavoratore sottopagato d’oltre adriatico, ti si presenta l’Italia intera e tu non te ne rendi conto. Ecco che la tua visione cambia, e se prima avevi smania di partire ora ti accontenti e ne rimani quasi estasiato. Ogni angolo, ogni svincolo, ogni due o tre palazzi, ci sono operai diversi che parlano un dialetto diverso. Basta arrivare fino al bar più vicino per sbarcare improvvisamente in Sicilia e sentire le variazioni territoriali della Trinacria.Arrivi fino alla chiesa parrocchiale e ti sembra d’essere in veneto, se ti soffermi un po’ troppo riesce prima a comprenderli meglio, poi a parlare come loro. Vai a fare la spesa, e tra un “maronn” e un “a’facc’ro cazz” percorri la lunga fila di quelli che si fanno una pausa pranzo. Cambi completamente zona e sei in pieno Piemonte. Torni verso casa e sei lì, a vivere un allegro tira e molla barese mentre, in un vicolo più in basso, genovesi si scambiano opinioni accese sulla quantità di catrame da utilizzare. L’unico grande incrocio, nella zona centrale del quartiere, è invaso da uomini d’alto Lazio e alle loro spalle, romagnoli o marchigiani, calabresi oppure lombardi. Perché spendere soldi della benzina per un capodanno a Firenze quando proprio sotto casa hai Cecco il fiorentino o Ciro il casertano? Mi sento stralunato, confuso. Tutta quella coloritura m’inebria e stupisce, estranea, e riconosco di essere ancora in quei di Perugia solo entrando a casa. Questa volta è l’Italia che viene da te, sotto forma di “Operaio Viaggiatore”. È o non è un bel regalo?
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