È dai tempi del soliloquio di Amleto che nella forma del monologo, l’attore trova la sua massima sfida, il suo massimo sperimentarsi, il suo estremo mettersi alla prova.
In fondo a destra un tavolino verde con sopra una bottiglia d’acqua san pellegrino, un bicchiere di vetro, dei fogli, alcune pagine di giornale, un paio di collane di perle. Davanti, sulla sinistra, un trita documenti. Poi una luce si staglia sulla protagonista di questa storia. Il tavolo viene spostato al centro, poi lo sgabello si avvicina al pubblico.
La società e la cultura fascista, il cadavere di Mussolini appeso a testa in giù a piazza Loreto, la bomba atomica, l’Intervista con Enzo Ferrari, il ciclismo, la corrispondenza dall’America, i rapporti conflittuali con Indro Montanelli (figura indiscussa del giornalismo italiano), il movimento studentesco, la strage di piazza Fontana (che segna l’inizio della stagione degli anni di piombo), la morte di Pinelli, l’intervista ad un allora giova imprenditore di nome Silvio Berlusconi: la vita di Camilla Cederna, come donna e come intellettuale ha attraversato uno dei secoli più controversi e inarrestabili, il Novecento, con tutte le sue contraddizioni ed incomprensioni.
Tutto lo spettacolo è un lungo viaggio nella mente di un essere umano che si trova rigettato nel corso di un’epoca ‘’bastarda’’; ma non si tratta di un essere umano qualunque, ma piuttosto di una personalità intellettuale, che con lucidità ed angoscia si rende conto, tra le masse accecate, di profondi mutamenti sociali, economici e culturali di una società che sprofonda sempre di più.
La vita di una giornalista è nei giornali, in quelli che ha scritto e in quelli che ha letto. Così Maura Pettorusso ci porta nel flusso di coscienza di Camilla Cederna, tra ricordi, emozioni e alcune delle frasi più memorabili del giornalismo italiano, quel giornalismo che ha tentato di promuovere riflessioni e fare informazione allo stesso tempo, senza l’intento di manipolare, che poco dopo, si sarebbe totalmente appropriato dei mezzi di comunicazione, sotto gli occhi disattenti di coloro che non hanno imparato la lezione dei totalitarismi.
Durante il fascismo sembrava di vivere in un assurdo mondo dei contrari uscito dal libro di Lewis, ma la cosa più assurda, inquietante e terrificante, è che quel ‘’mondo assurdo’’ non è scomparso con la fine del ventennio fascista.
Tra i festeggiamenti della dottrina fascista, prima, e quelli del boom economico, dopo, fino ad arrivare ai fanatismi degli anni di piombo e all’indifferenza della nascente epoca ‘’berlusconiana’’, lei, Camilla Cederna, si rende conto che ‘’non si può perdere tempo’’, che la frenetica Italia va raccontata agli italiani, affinché gli errori ci servano come monito.
Durante il ventennio fascista nei giornali si scrivevano sempre le solite cose, ma non si parlava mai della violenza (dell’olio di ricino, degli squadristi e dei confini) e per aver insultato il ‘’Timoniere della patria’’ si veniva sbattuti davanti un tribunale, dove si poteva perfino essere accusati di propaganda comunista semplicemente bevendo l’acqua San Pellegrino, che sul marchio aveva una stella rossa.
Le donne Sembravano ‘’sacerdotesse di una setta senza sorriso’’, ma lei non aveva intenzione di soccombere al maschilismo o al fascismo.
Poi cambia la condizione della donna, ed i giovani si svegliano, dicendo di volere uguaglianza e giustizia; ma non vogliono veramente la rivoluzione e intanto a via Monte Napoleone c’è sempre chi gira in Ferrari e Maserati, ed ormai ogni famiglia ha due auto, una grande per gli affari del marito, ed una piccola per le commissioni della moglie.
Anche la scenografia, come l’esistenza del personaggio e i vestiti dell’attore, subisce una metamorfosi durante lo spettacolo.
Quando Maura Pettorusso parla del 25 aprile, dell’aria che si avverte in giro, compare un puro stupore sul suo volto, quel vivo desiderio di comunicare gioia e dolore, di guardarsi intorno per trovare qualcuno a cui raccontare una storia, nel bene e nel male, insomma: l’entusiasmo senza il quale un giornalista non potrebbe fare il suo lavoro.
Lo stesso spirito è presente nella scena in cui strappa il giornale (una copia attuale del ‘’Corriere della sera’’, un simbolo forte di continuità tra il passato raccontato e il presente reale) con la critica di Indro Montanelli che l’accusava, di essere solo una borghese annoiata dai salotti delle contesse, che trovava gli anarchici ‘’afrodisiaci’’, e che con il suo ‘’fare’’ (il libro-inchiesta su Pinelli e piazza Fontana) aveva indirettamente condannato a morte Luigi Calabresi.
Spesso viene da chiedersi, come ci si sarebbe comportati, davanti a tali mutamenti radicali della società e dell’umanità. forse la storia di Camilla Cederna è uno dei migliori esempi di cui disponiamo, un metro di riferimento su cui possiamo esaminare il rapporto tra noi stessi e la nostra società. per questo è importante portare in scena personaggi come questo, che riaccendano ricordi guastati dalla quotidianità, sentimenti assopiti, e riflessioni mai del tutto concluse.
A poco a poco, durante lo spettacolo, tutte le pagine di giornale, dopo essere state avidamente consumate, finiscono nel trita documenti.
La scenografia torna al punto di partenza, come gli indumenti del personaggio, il quale prende i pezzi stracciati dei suoi articoli, come fossero le ceneri delle sue spoglie, alzando il braccio al cielo, e la luce, lentamente, si spegne con la parola ‘’Amen’’: Camilla Cederna ritorna, dopo averci parlato, nei suoi articoli.
Il senso dello spettacolo si può riassume in una sola frase: ‘’è l’intellettuale che deve fare da campanello di allarme quando gli altri tacciono’’.
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