His name was Kubrick

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Una storia la sua, che più volte la mia curiosità ha cercato di concretizzare, stabilendola in una retta ben precisa e libera da oscurità e continui vincoli. I documenti più importanti sul conto di questo genio, a volte incompreso, sottovalutato o stravolto con parole che lui forse avrebbe solo detestato, cercano di fare quello che molti hanno provato in piccolissima parte a dare, ovvero un pò di chiarezza fra le incrinature fantasiose e filosofiche nascoste tra i meandri della lunga barba e i capelli neri. Una chiarezza che difficilmente trova saldi riscontri nella realtà e che alla fine è solo un ennesimo fallimento per il curioso, per il devoto, per il cadetto che tramite le sue opere tenta di ripercorrere una strada simile a quella che il maestro aveva succitato. Opere di talmente grande spessore che furono e restano singole gemme in un immenso spazio; incommensurabilmente inesauribili e insuperabili, così come insuperabile era il loro creatore. Dietro quella fronte spaziosa, un universo pieno di idee, un flusso ininterrotto di immaginari diventati collettivi ed eterni, un flusso come quello della porta delle stelle in 2001: odissea nello spazio, che ha indotto lo spettatore di varie epoche a due decisioni contrastanti ma indispensabili: amare la sua fantasia o detestarla senza pietà. Ciò che lo ha reso diverso da altri artisti e colleghi, fu proprio il grande disprezzo che molti ritennero giusto porre nei suoi confronti e che terminò, piuttosto che con un indebolimento, un ulteriore interesse verso quella stratificazione psicologica che si nascondeva all’interno della razza umana. Sbagliando lo accusarono di essere psicopatico, di odiare le done, di essere comunista, di disprezzare con i suoi film l’intero genere umano e i vari elementi socio-politici, storici che lo caratterizzano. Dai suoi primi documenti filmici egli si dimostra immediatamente un uomo consapevole di pensarla in grande, di avere un qualcosa in più rispetto ad altri, talmente enorme e consistente da superarli con immagini, storie in epoche differenti, poemi di grande bellezza visiva e una rivoluzionaria morale, atta a scardinare il passato, il presente e il futuro. Spazia dal settencento della guerra dei sette anni alla guerra fredda, da un futuro in cui tutto ruota, tutto è scoperto ma un monolite rimette in pista la brama di verità, ad un futuro più incerto, ma solo apparentemente, violento e verosimilmente angosciante e straordinario, in cui la violenza supera la violenza, in cui bene e male scambiano i ruoli creandone di nuovi. Protagonista assoluto è sempre l’uomo e la sua camaleontica natura di predatore o vittima perenne di una società che cambia e crea nuove bestie e nuovi ideali a cui poter rendere conto.

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Degli artisti che gli si sono succeduti, assai i scopritori e sperimentatori, ma innegabile il fatto che anche se per una piccola percentuale, il loro lavoro è frutto di un legame con le opere del newyorchese diventato britannico, del profeta eremita che, secondo leggende, non riguardava mai le sue opere dopo averle completate. Ciò che piace più di tutto a queste nuove generazioni di registi o anche semplici spettatori, non è tanto il riflettere sull’opera, quanto il credere a tutte le storie che su di lui sono state ricamate. Molti lo rifuggono non sapendo nemmeno i titoli dei suoi film, mentre sanno sempre a chi ci si riferisce quando il suo nome viene citato, e questo può bastare per rendergli comunque una giustizia che in vita gli fu data ma comunque non sempre e subito intaccata nella memoria di molti. Egli è l’inizio di un cinema nuovo, all’avanguardia, e se si guarda con attenzione, mai difficile da comprendere. I suoi lavori sono per un pubblico di uomini, create da un uomo come loro, destinate a durare anche quando il contemporaneo e la stabilità di un presente certo saranno spazzate via da un futuro non ancora conosciuto e funestato da nuove politiche, economie e società costruite sulle ceneri di quelle passate. Scavalca il presente e subito lo rifugge per cercare sintonie anche negli arcaismi e nei tempi più lontani per poi tornare al presente, da dove parte la sua denucia o meglio descrizione sincera e affettuosa di suoi simili. Molti i temi affrontati, dalla guerra alla pazzia, dall’amore maturo verso una giovane ragazza alle crisi sessuali di un matrimonio che come sempre appare all’esterno come uno stabile incasellamento; elementi di tutto che formano l’essere, che sono insiti in esso e uguali per tutti. Affascinato dalla sua personalità, mi capita di pensare spesso a cosa sarebbe diventato se non fosse morto (e anche della sua dipartita si è discusso e tutt’ora si creano storie). Poliedrico e geniale, schivo e misterioso, è morto come fanno tutti, lascinadosi dietro e ai posteri un eredità; di certo, la sua, di grande valore e respondabilità, che mai, e soprattutto oggi, al diciottesimo anniversario della sua scomprsa, sarà dimenticata. L’uomo, il regista leggendario fatto di leggende e grandi verità, di personaggi e tematiche che ci appartengono, o meglio, ci costituiscono; His name was Kubrick.


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