Torniamo a parlare di personaggi dello spettacolo finiti nel dimenticatoio dopo aver dato la loro vita a far divertire gli altri, a far ridere e piangere. L’intrattenimento è a volte, anzi, molto spesso, un vento passeggero. Ci si ricorda di quelli più influenti, potremmo dire forse un po’ più bravi; ma è un vero delitto non dare spazio a quei volti e a quegli individui che hanno dato la propria arte perché questa potesse andare a colmare l’immenso mondo dell’intrattenimento. L’altra volta abbiamo parlato di un importante regista morto nel campo di concentramento di Auschwitz, Kurt Gerron. Oggi è bene porre l’attenzione ad un attore che per quasi tutta la sua carriera ha vissuto nell’ombra di quel riconoscimento che veniva invece elargito ad altri. Eppure, nonostante questa vuoto, molti di voi capiranno subito di chi sto parlando dopo aver guardato questa foto.
Proprio così. Il buffo cattivo del film campione d’incassi “Altrimenti ci arrabbiamo”, altri non è che un grande attore di cinema e teatro che ha fatto solo una cosa nella vita; ci ha messo la faccia, mentre il suo nome veniva ricordato dai vari piccoli registi che avevano bisogno di un caratterista con quella particolare fisicità. Piccoli registi poi non direi proprio. Ad una prima descrizione potrà davvero sembrare un attorucolo da due soldi. Anch’io, come spero sarà per voi, ho capito di non avere a che fare con un piccolo interprete. Quanto sto per dirvi spero vi stupirà, così come ha stupito il sottoscritto la prima volta che me ne resi conto.
Il personaggio con il quale abbiamo a che fare si chiama, o meglio si chiamava, John Herbert Sharp, meglio noto semplicemente come John Sharp. Nato il 5 Agosto 1920 nella piccola cittadina di Bradford, in Inghilterra, il nome Sharp avrebbe molto presto fatto la sua comparsa in quasi cento pellicole cinematografiche, e televisive, prodotte e realizzate dalla metà degli anni quaranta fino al 1992, anno della sua morte. Dopo un periodo di gavetta in alcune compagnie teatrali, il corpulento Sharp, caratteristica questa che sarà un personale tratto distintivo, fu lanciato sul grande schermo intorno al 1948-49. Anni in cui sperimenta una propria arte di comunicazione e recitativa, facendosi conoscere prima dal pubblico della madre patria inglese e oltre oceano con “I trafficanti della notte” di Jules Dassin, “La città dei diamanti” e “Bunny Lake è scomparsa” di Otto Preminger. Con l’attraversamento della manica, il grosso viso di Sharp è apprezzato da molti registi europei, quelli per il cui cinema stava in quel periodo per toccare l’apice della fama. Primo fra tutti, l’attento regista italiano Luigi Comencini che lo volle in una delle sue tante perle; “Incompreso-vita col figlio”, 1966, in cui recita la parte dello zio Will a fianco di Anthony Quayle. Un piccolo ruolo di poco più di dieci minuti che però lo rendono subito un attore desiderato.
Nel 1972 è chiamato da Franco Zeffirelli nel film “Fratello Sole e Sorella Luna”, film sulla vita di San Francesco d’Assisi. Qui è messo in competizione con un altrettanto dimenticato caratterista e grande attore, Adolfo celi, che interpreta il console, mentre Sharp il vescovo Guido. “The Wicker Man”, “La Maledizione”, sono solo due dei film che aumentano la popolarità prima di arrivare al duo comico composto da dei giovani Bud Spencer e Terence Hill; anche loro in lizza per un po’ di fama. “Altrimenti ci arrabbiamo”, contiene un ricco cast. A Sharp gli si affiancano, oltre ai due italiani, Donald Pleasance nel ruolo del nevrotico dottore che cerca in tutti i modi di dare consigli al Capo (Sharp). Esilaranti sketch comici che si equivalgono, in parte, a quelli di Hill e Spencer.
Sharp decide di rimanere in Europa, visto il continuo afflusso di ruoli ai quali accetta con piacere e devozione di partecipare. Dopo un periodo alla TV britannica, torna sul grande schermo. Una piccolissima parte, quasi impossibile da vedere; bisogna farci veramente caso. Almeno non si può dire che non abbia lavorato nemmeno in un film di Stanley Kubrick, che lo volle in “Barry Lyndon”, 1975 .”Galileo”, “Mani di Velluto”, con Celentano, “Il diabolico complotto del dottor Fu Manchu” con Peter Sellers, fino ad arrivare nel 1985 con “La sposa promessa”: ultimo film al quale Sharp poté metterci il fisico, prima di ritirarsi a vita privata a causa di problemi di salute. Si spense a Londra il 26 novembre 1992.
Dietro di se aveva lasciato sicuramente un nuovo modo di recitare. In particolare, un nuovo modo di apparire, che si trattasse di un pubblico teatrale o solo difronte ad una telecamera. Gli occhi gonfi e strabuzzati, la tipica pappagorgia all’inglese, i capelli impomatati tirati all’indietro un fisico che non gli permetteva di passare inosservato. Alcuni dei tanti elementi che fanno di un caratterista semi sconosciuto al sentirlo nominare, ma subito riconoscibile quando lo si vede comparire in scena. Un attore dalle tante sembianze; quelle di cattivo, e di cattivo buffo. Quelle di nobile e integerrimo gentiluomo, e quella di bonario individuo. Come una statua di bronzo finemente cesellata, così la sua ironica arte di recitare è ben visibile, sebbene in piccoli ruoli, in così tante opere. Un vero lavoratore instancabile del cinema europeo.
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