Bello FiGo – La provocazione dello swag

ALERT: questo articolo può causare seri problemi a chi soffre di carenza di sarcasmo. Si raccomanda la lettura ad un pubblico mediamente intelligente.

Ha diviso gli italiani. O lo si ama o lo si odia. Nasce dall’Internet ed è sbarcato in televisione. Da Youtube, piattaforma preferita dai millenial, a Dalla Vostra Parte, programma televisivo preferito da un certa fascia di popolazione, probabilmente intrappolata in quel canale non conoscendo la vastità di opportunità che il digitale ha da offrire.

Se prima della sua comparsata, oramai rilegata ad un passato lontano per questi nostri tempi moderni (si parla di dicembre 2016), era solo considerato un cazzone di provincia che faceva il coglione su Youtube, dopo è diventato croce e delizia dell’italico popolo. Fatto sta che la sua trollata in diretta televisiva è stata indimenticabile!

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Tutto è partito da una sua canzone, che ha scosso l’animo sensibile dei poveri italici abitanti. Non pago affitto aveva terrorizzato orde di genti italiche, timorose che quanto dichiarato da quel ragazzetto un po’ nero e mingherlino fosse vero. Da quel giorno i suoi concerti furono annullati uno dopo l’altro, con la scusa di voler difendere la musica e l’onore italico. Come se si andasse a vedere uno dei suoi spettacoli per la musica e non per fare i coglioni. Si sa che l’italiano è una persona seria!

Ma andando più a fondo si può scorgere oltre al chiaro intento provocatorio anche un messaggio più profondo e meno banale. Sì, perché nei testi di Bello FiGo c’è molto di più che semplice goliardia. Si nota infatti un profondo e attento labor limae.

Anafore, enjambement, versi alessandrini, cambiamenti nella struttura strofica per movimentare il flusso di pensiero e tante altre figura retoriche gli appartengono. Il suo stile di scrittura è molto swag e tutta la sua produzione gira intorno a questo concetto fondante.

In Non pago affitto tutto questo è molto evidente. Bello FiGo duetta con Gynozz, sua spalla e fedele compagno di swag,  mettendo subito in chiaro una cosa: lui non paga l’affitto. E lo ripete, insieme a Gynozz per le prime due strofe! Con un linguaggio tipico dei giovani spiega questa sua mancanza verso il padrone di caso. “Dai cazzo, siamo negri noi” (v.5). La prima strofa è un capolavoro comunicativo: al primo verso richiama l’attenzione del pubblico, per poi spiegare il nucleo tematico della canzone fino alla spiegazione vista prima. Si tratta di un climax tematico non indifferente. Nella seconda strofa compare il pronome personale “io” sottolineando la messa in rilievo dell’identità dell’autore. È proprio Bello FiGo che parla, proprio lui non paga l’affitto. E lo rivendica con orgoglio.

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Il tema migratorio fa la sua comparsa al verso 14. E da qui l’ironia inizia a pervadere tutto il testo. Ironia rimarcata con la struttura del climax ascendente: infatti appena sbarcato a lui sarebbe stata data prima una casa, poi una macchina e poi una compagna (v. 19).

La quarta strofa (vv. 20-27) ripete le struttura della seconda. Si continua a negare qualcosa. Bello FiGo non fa l’operaio, o meglio opraio. Una forte fantasia linguistica tiranneggia ad ogni angolo del componimento [opraio (v. 20), barcao (v. 35), nostrao (v. 37), lasagnao (v. 58) e così via]. Questo stravolgimento linguistico coinvolge anche le istituzioni. Matteo Renzi diventa Renzio, come se si volesse avvicinare quello che al tempo era il Presidente del Consiglio ad un ambiente più popolare. Una specie di operazione simpatia.

La negazione è la caratteristica principe di Bello FiGo. Ma è Gynozz che prende le redini del gioco per un momento: non si sporca le mani perché è nero dice lui, giocando sullo stereotipo un po’ razzista della pigrizia dei neri (vv. 28-29). Questo gioco sugli stereotipi continua subito con il vanto di essere un ricco profugo, riconoscendo comunque di non essere una brava persona (v. 30). È simbolo dell’importanza di avere una coscienza di se stessi.

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Inizia poi la parte più narrativa della canzone. I versi si allungano e si fanno più irregolari. L’intento ironico per quanto chiaro è stato frainteso da molti. Fa ridere come uno straniero sia più bravo con le parole di molti italiani. Un campanello d’allarme è tra i versi 34 e 35 quando sembra darsi dello scafista. O dopo quando afferma di votare PD solo perché Matteo Renzi e Mattarella fanno sentire lui e i suoi amici a casa. Ai più maliziosi segnalo che al verso 39 sembra giocare di blasfemia. Se già PD può essere non solo la sigla di Partito Democratico (come ho imparato alla festa di paese), PD-o (piddio ndr.)non lascia molti dubbi.

Bello FiGo non è però solo un ironico critico del suo tempo, ma ne è anche un attento osservatore. Sa che l’amore è una tematica abusata, e che l’erotismo è oramai di dominio comune. La sessualità spinta è oramai ovunque: in televisione, al cinema, nelle pubblicità e nei libri. Da artista attento alla contemporaneità qual è supera la classica sublimazione dell’amore passionale e ne parla in modo diretto. Per questo lui vuole delle “fighe” per “scoparle in bocca” (vv. 39-40). “Fighe bianche” oltretutto, segnando una volontà di abbattere il razzismo e costruire così una società basata sulle qualità morali delle persone.  C’è però più avanti un ritorno alla sublimazione erotica seppur leggera: descrive una pratica sessuale come fosse un’azione quotidiana soggetta al maltempo (vv. 72-73). L’erotismo superliminale rimane però una caratteristica del brano e di tutta la produzione di Bello FiGo.

Il tono ironico, come quello erotico, non abbandona mai la canzone.  Le richieste di Bello FiGo vanno dal wi-fi allo stipendio (vv. 43-44), giusto per triggerare un po’ di persone. La provocazione è continua e sottile. Di nuovo accompagnata da un climax ascendente da bello a nero (v. 46). Scappato dal suo paese per la guerra (vv. 55-56) è costretto a fare colazione con il latte e i cereali quando vorrebbe le lasagne (vv. 57-60). È un chiaro segno di attaccamento alla cultura emiliana, dimostrando di essere più integrato di molti vegani che rifiutano il parmigiano e il ragù tipico di quelle terre.

La canzone si conclude con un invito a rimanere uniti nella diversità (v. 76) e con una citazione al film neorealistico di Vittorio de Sica Ladri di bicicletta (v. 77) dimostrando una profonda conoscenza della cultura italiana.

Ditemi voi se questo ragazzo parmigiano nato in Ghana, agli esordi noto come Gucci Boy, si merita tutta questa acredine solo perché ha voluto buttarsi su un tema più delicato delle seghe, della Juventus o della pasta col tonno.

Bello FiGo ft. The GynoZz – Non Pago Affitto

Hey, hey
Non pago affitto
Non pago affitto
Non paghiamo l’affitto
Dai cazzo, siamo negri noi

Io non pago affitto
Non pago affitto
Io non pago affitto
Non pago affitto
Io non pago affitto
Non pago affitto
Non pago affitto
Non pago affitto

Tutti i miei amici son venuti con la
Barca
Swag
Barca
Appena arrivati in Italia abbiamo:
Casa, macchine, fighe

Io non faccio opraio
Non faccio opraio
Io non faccio opraio
Non faccio opraio
Io non faccio opraio
Non faccio opraio
Non faccio opraio
Non faccio opraio

Non mi sporco le mani
Perché sono già nero
Sono profugo (no bono, no bono)
Profugo rico!

È stato Mattarella
A dirci che noi possiamo venire in Italia
Quindi io ho portato tutti i miei,
I miei amici con la barcao
Anche Matte, Matteo Renzio
Ha detto che è casa nostrao
Quindi tutti i miei amì
Tutti i miei amici votiamo tutti PD-o, PD-o
Dai cao, votiaml!
Noi vogliamo le fighe bianche,
scoparle in bocca
Poi vogliamo wi-fi, wi-fi
Anche stipendio
Io dormo in albergo a quattro stelle
Perché sono bello, ricco, famoso, nero

Io non pago affitto
Non pago affitto
Io non pago affitto
Non pago affitto
Io non pago affitto
Non pago affitto
Non pago affitto
Non pago affitto

Nel mio paiese c’è guerra
Quindi son scappato in, in Italia
Ma alle sette di, di mattinao
Non portano mai la lasagna
Portano sempre el latteo,
Latte con ce, con cerealio
Ma a me, a me, non pïace
Perché io preferisco la pasta con tonno, tonno
Dai cao, peschiaml!
Poi ho bisogno di una figa bianca
Perché alla mattina mi sveglio sempre con il cazzo duro,
Duro, duro, duro
Dai cao, seghiaml!
Io faccio sempre il mio ballo
Si chiama “la pesca della sega, dello swagga, del conce conce
Figo sono troppo cé
Un sacco di fighe bianche saranno scopate
Lei mi siede sulla faccia come si sedie sulla sedia
Apri la bocca che ti lascio un po’ di pioggia
Eh figa bianca ti piace la mia collana?
Eh maschio bianco non sei per niente swagga
Smetti di lamentartio e unisciti
Andiamo in stazione a rubare biciclé

Non mi sporco le mani (no bono)
Perché sono già nero (no bono)
Sono un profugo (no bono, no bono)
Profugor! (no bono)
Profugor! (no bono)
Profugor! (no bono)
Profugor! (no bono, no bono, no bono)


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Commenti

Una risposta a “Bello FiGo – La provocazione dello swag”

  1. […] Rovazzi e i suoi video sono qualcosa di easy, che metti durante una cena tra un Luca Toni (se non cogliete il riferimento vergognatevi e cliccate qui) e Bello FiGo. […]

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