Quando nella scena iniziale del capolavoro di Monicelli, il Perozzi (Noiret) raggruppa la banda alle sei di mattina, in una Firenze desolata e fredda, il primo amico che incontra è proprio il mitico Melandri, perché birillo era già fuori a pisciare di sicuro.

Il faccione di Gastone Moschin, con la sua barba e la sua risatina flebile, sono fattori che già ti spingono ad amare il romantico architetto. Uno dei grandi della commedia italiana e del cinema mondiale è venuto a mancare lasciando un grande vuoto nella settima arte. Classe 1929, Gastone Moschin era nato a San Giovanni Lupatoto in provincia di Verona. Si è spento il 4 settembre 2017 a 88 anni.

Gastone Moschin

Lascia quasi subito il paese natale per trasferirsi prima a Genova e poi a Milano dove intraprenderà la carriera di attore teatrale. Dagli anni cinquanta avrà modo di esibirsi in alcuni piccoli ruoli cinematografici dove già era evidente una forte predisposizione nel trovare un carattere e una verve drammatica e comica molto personale. Uno dei primi fu “L’audace colpo dei soliti ignoti” diretto da Nanni Loy, seguito del fortunato film di Mario Monicelli. Tuttavia dovranno passare ancora anni di gavetta prima che il padre della commedia all’italiana si decida a chiamarlo per la parte dell’architetto fiorentino.

Nel frattempo molti altri registi avranno l’opportunità di lavorare con questo ancor giovane attore; da Pietro Germi ad Antonio Pietrangeli, da Sergio Corbucci a Pasquale Festa Campanile. Poi ci fu il cinema poliziesco al fianco di attori specializzati come Tomas Millian, il cinema Politico come “Il delitto Matteotti” e “Il Conformista” di Bernardo Bertolucci nel quale interpreta il fascistissimo agente speciale Manganiello. Per la particolare prestanza fisica e attoriale nel 1974 Francis Ford Coppola lo chiamò per la parte di Don Fanucci ne “Il Padrino – Parte II”.

Eppure, in tutti questi grandi ruoli molto diversificati tra loro, quello che verrà sicuramente più ricordato è il suo inimitabile Rambaldo Melandri. “Amici Miei”, un film rimasto immortale proprio per l’accostamento di grandi attori molto diversi tra loro. Dalla comicità mimica di Tognazzi a quella più composta del francese Noiret, Gastone Moschin sguazza in quello stagno di comici con un proprio carattere e una propria verve. La stessa che poi riporterà nel successivo film di zingari “Amici Miei – Atto II” e “Amici Miei – Atto III”. Vero è che una bravura sia da protagonista sia da caratterista come la sua non dovrebbe rimanere intrappolata solamente in un unico ruolo.

Sarà perché ci sono cresciuto e perché mio padre ogni qual volta ha un po’ di febbre basta vedere “Amici Miei” e subito sta bene, ma io amo amerò per sempre lo sfortunato architetto, quello più romantico e intellettuale e allo stesso tempo capace di cadere nella misoginia e nella volgarità. Quello che quando torna dai compagni al bar piove sempre e quello che s’innamora di donne mai all’altezza che si rivelano o troppo viziate, come la moglie del Sassaroli, o troppo puttane, come la nobile ma non troppo Amalia Picci Bonetti. Insomma, voglio ricordarlo come un architetto Melandri ma con infiniti progetti cinematografici portati a termine. Il cinema, specie quello italiano, ne ricorderà per sempre la bravura e l’originalità dell’interpretazione.

1 commento

  1. Bel ricordo… per certi versi è inevitabile identificare un attore con il suo personaggio più riuscito, come è stato per Villaggio… Non trovo che sia limitativo, per niente?

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