Dal regista di Hot Fuzz e L’alba dei morti dementi ci si sarebbe aspettato un film diverso. Per questo Baby Driver – Il genio della fuga è un ottimo investimento per una serata al cinema. Edgar Wright esce dai confini del suo umorismo spiccatamente british e si immerge in una realtà tutta americana fatta di armi, violenza e ottani.
Baby (Ansel Elgort) è un giovane ragazzo costretto da un vecchio debito a lavorare per un’organizzazione criminale, specializzata in rapine, diretta da Kevin Spacey (nel ruolo di Doc). Baby è fenomenale. È il genio della fuga del titolo. Grazie alla sua abilità al volante ogni colpo si tramuta in un successo, a cui la polizia non può opporsi in alcun modo.

Nel film c’è un po’ di tutto: dall’azione alla Fast and Furios alla follia simpatica ma un po’ inquietante di Jamie Foxx; dalla fiabesca love story a tempo di musica al tragico passato dei vari protagonisti. Questo mélange funziona, anche se il lungo spazio concesso alla storia d’amore tra Baby e la cameriera Debora prima del classico snodo narrativo potrebbe risultare eccessivamente lungo. Il ritmo però resta alto e coinvolgente nel resto del film.

Baby soffre di acufene fin dal nefasto giorno in cui, da bambino, rubò per gioco la macchina di Doc, distruggendola poi in un incidente insieme al suo prezioso carico. Già a quell’età il ragazzo presentava una confidenza con il volante fuori dal comune. È questo che ha salvato Baby da un destino peggiore. Doc lo costringe infatti a mettere la sua abilità al servizio della sua attività criminale. Baby diventa così pilota specializzato in rocambolesche fughe post-rapina. Per coprire l’acufene vive costantemente immerso in una colonna sonora trasmessa per le cuffiette dei numerosi device zeppi della sua musica preferita. Musica che è il suo unico rifugio: che l’ascolti o che la componga. Musica che in alcuni momenti diventa la vera protagonista del film. È una presenza costante e determinante.
Qualche cliché di troppo non guasta l’atmosfera generale della storia. Baby Driver non è il film dell’anno ma sicuramente non delude ed è perfetto per una serata al cinema, al riparo dal maltempo dell’inizio dell’autunno.

Quando c’è da intrattenere Wright non è secondo a nessuno per me, e sta riuscendo ad avere l’attenzione mediatica che merita. Ovviamente il film non è un capolavoro, ma riesce nel suo obiettivo di far divertire lo spettatore.
Concordo in pieno, sia sul caro Edgar che sul film in se!
Anch’io ho dedicato un post a questo film: https://wwayne.wordpress.com/2017/09/10/il-talento-di-mr-spacey/. Che ne pensi?
Pensi che non potevi dire di meglio. Il ritmo di questo film è talmente coinvolgente che non stanca e riesce a catturare tutta l’attenzione.
E questo è davvero un grande merito. Soprattutto in un periodo storico come questo, in cui la maggior parte dei film non riesce a tenere alta l’attenzione dello spettatore dal primo all’ultimo minuto. A mio giudizio dipende dal fatto che i montatori non “tagliano” abbastanza: su 120 minuti ce ne sono sempre almeno 30 di tempi morti, che andrebbero tolti senza esitazione e invece vengono lasciati lì. Fare un film di 90 minuti sembra essere diventato un peccato mortale, quando invece la sintesi è un dono e andrebbe apprezzata come tale. Grazie mille per i complimenti (ricambiati) e per la risposta! 🙂
Ecco il punto! Se fai un film pieno, coinvolgente, con ritmo te lo seguo anche per 3 ore, ma quando come dici te c’è mezz’ora di nulla diventa anche pesante.
Guarda Dunkirk di Nolan: poco più di 100 minuti ma mai una scena dove cali il ritmo e la tensione.
Anche in questo film la tensione è alle stelle dal primo all’ultimo minuto: https://wwayne.wordpress.com/2014/05/09/agire-secondo-giustizia/. L’hai visto?
Non l’ho visto, ma sei convincente! Se ne ho la possibilità lo recupero assolutamente!
Lo trovi su Youtube, completo e in italiano. Buona visione, e a presto! 🙂