Vivo a Bastia Umbra e Settembre è il mese del Palio de San Michele, festa patronale che da 55 anni arricchisce la vita di tutta la cittadinanza. I preparativi sono lunghi e coinvolgono migliaia di persone per più di un mese. Settimane di lavoro e partecipazione per dieci giorni di festa. Dieci giorni in cui una città solitamente deserta si anima e prende vita. Le persone escono di casa, si incontrano e si divertono. È l’ultimo scorcio d’estate, prima del lungo inverno in cui la città entra in letargo.
Feste del genere, che coinvolgono giovani e meno giovani, che permettono ai partecipanti di mettersi in gioco creando qualcosa di nuovo e unico nel suo genere, dovrebbero essere valorizzate in tutti i sensi.
Invece divieti su divieti si sommano come a voler staccare la spina all’entusiasmo che anima l’unico momento in cui la città diventa una comunità. A questi divieti -della cui aderenza o meno ad una norma nazionale poco mi interessa- sui aggiunge la tradizionale beffa. Di un divieto se ne prendo atto. Ci si arrabbia, ma si tira avanti. Ma se al divieto si aggiunge un tono di un paternalismo ai limiti dell’offesa, la situazione cambia.
“I giovani hanno abitudini barbare”
Giustamente una volta ci si ubriacava con il vino rosso di italica fattura e non con la demoniaca birra pagana.
Non si è barbari se si vuole fare tardi il sabato sera bevendo uno o due cocktail in compagnia. Non si è barbari se ci si vuol far trasportare dalla musica. Non si è barbari a volersi godere un’età che non tornerà più.
Noi giovani non siamo barbari.
Siamo studenti, lavoratori, qualcuno già genitore.
Il futuro non ci sorride.
Ma a quanto pare nemmeno il presente.
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