Blade Runner 2049 consegna alla mia generazione la sua profonda analisi dell’interiorità dell’uomo, sempre con il filtro di un futuro distopico e fantascientifico.
La Los Angeles del 2049 non è molto diversa da quella di trent’anni prima. Continua a piovere ininterrottamente, lasciando intatto quel senso di sovraffollamento e oscurità che Ridley Scott vedeva nel futuro delle grandi metropoli. Anche la diversità etnica è accresciuta. Non più solo giapponese ed inglese, ma anche hindu, eritreo e tante altre lingue differenti fanno la loro apparizione nei dialoghi e nella scenografia del film.
La pellicola, diretta da Denis Villeneuve, interroga lo spettatore sul senso della vita e sulla libertà. Nel 2049 i replicanti non sono alla vana ricerca dell’immortalità. Coscienti della loro diversità dagli esseri umani, obbediscono ai loro ordini. Sono un prodotto industriale, una merce. E ne sono consapevoli. Tra questo equilibrio si sviluppa tutto l’arco narrativo del sequel del capolavoro di Ridley Scott, ora nei panni di produttore esecutivo.
Tematiche così profonde sono accompagnate da un grande lavoro tecnico. Le scene, altamente evocative, permettono allo spettatore di entrare in quella realtà lontana, scatenando un’intensa risposta emotiva. Quella realtà è tanto lontana nel tempo e nella possibilità quanto vicina per l’assenza di speranza, la solitudine e i dubbi che pervadono i protagonisti. Ryan Gosling, interpretando un Blade Runner, anima un personaggio complesso, dalle varie sfaccettature. Harrison Ford torna nei panni di un Deckard scontroso e solitario. Jared Leto impersona il nuovo padrone dell’industria dei replicanti, dopo il fallimento della Tyrell Corporation. La Wallace Corporation ha obbiettivi diversi, e capacità diverse. La critica al capitalismo selvaggio delle grandi corporazioni rimane così costante come nel primo capitolo.
Villeneuve è riuscito nell’impresa di non realizzare un sequel che fosse totalmente referenziato al lavoro precedente. Il film ha una vita propria. Non ricorda costantemente allo spettatore che sta guardando un seguito. E questo è un grande merito che va riconosciuto al regista e agli sceneggiatori. Si potrebbe guardare senza problemi non conoscendo nulla del film di Scott.
P.S. Leggi anche lo speciale scritto per gli amici di Redcapes.it!
Lascia un commento