A questo punto della storia della cultura occidentale sembra più che necessario (oltre che interessante) lavorare ad una fenomenologia dell’Horror che sia in grado di sondare la relazione profonda tra l’uomo e le sue paure.
Le paure profonde dell’animo umano – iscritte talvolta sotto il segno dell’angoscia esistenziale – sono un materiale tanto incandescente d’aver sempre conservato un posto principale nella letteratura, nel cinema e nell’arte in generale, oltre che in ogni aspetto della vita quotidiana; perché come dice il personaggio di Kai Anderson nella prima puntata dell’ultima stagione della serie tv American Horror Story – andata in onda in Italia su Fox venerdì scorso (6 ottbre 2017, ndr.) – “più di ogni cosa gli umani amano la paura, quella paura che nel tempo abbiamo affilato e pulito e costruito mattone su mattone fino a vederla davanti a noi ogni giorno, alta come la Trump Tower” e continua – offrendo altri spunti interessanti – dicendo che “ogni giorno preferiamo la paura alla libertà” perché “la paura è denaro, ha un valore“.
Accompagnati fin da subito dagli storici attori della serie Evan Peters e Sarah Paulson, nella settima stagiona di American Horror Story (‘’AHS: Cult’’) ci ritroviamo alla vigilia dell’elezione di Donald Trump quando una banda di Clown assassini sembra pronta ad invadere la quotidianità di una città americana. Che sia una critica metaforica alle strategie politiche del terrore e dell’aggressività o una riflessione più ampia sulla natura umana, la serie vincitrice di due Golden Globe e sedici Emmy Awards ideata da Ryan Murphy e Brad Falchuk sembra disporre – per questa nuova stagione – delle giuste carte per non deludere i suoi accaniti fans.
Il tema della paura come bisogno dell’uomo era già stato affrontata in una puntata della terza stagione di Black Mirror (“Giochi pericolosi” o “Playtest”), dove in base alla peculiarità della natura umana, l’interesse per i film ed i videogiochi horror viene spiegato – dal fondatore di un’avanguardista azienda di videogame – in rapporto alla dimensione di crescita che tali strumenti offrono a chi è in grado di mettersi sul cammino delle proprie paure più profonde. Ma un’altro spunto offerto dal universo di Black Mirror – che può essere letto come la vera e propria morale della puntata – riguarda proprio i limiti delineati dalla nostra paura, che se non rispettati possono catapultarci incontro a seri pericoli.
Ma del resto il rapporto tra il concetto di limite e quello di paura era già presente agli albori della letteratura gotica tra le pagine del Frankenstein di Mary Shelley, che ancora oggi grida il suo messaggio su quanto sia labile il confine che separa le paure dell’uomo dai suoi desideri.
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