Il portaborse – Il Decalogo di Moretti per gli assistenti della politica

Il portaborse è intelligente, il portaborse è furbo, il portaborse sa le cose: il portaborse è cinico.

Sabato 21 ottobre 2017 per il ciclo “Caro Nanni” (la rassegna dedicata al regista Nanni Moretti) su La7 è andato in onda in prima serata il film “Il portaborse” (1991).

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Nel film Nanni Moretti non appare come regista (infatti la regia fu assegnata a Daniele Luchetti) ma in veste di produttore (avendo lui formato nel 1987 la casa di produzione Sacher Film) e soprattutto in veste di attore, nei panni del cinico Ministro delle partecipazioni statali Cesare Botero, che gli portò un David di Donatello come migliore attore protagonista.

Questo film è un film politico in piena sintonia coi suoi tempi – uscì in Italia poco prima dell’inchiesta ‘’Mani Pulite’’ che portò luce sullo scandalo denominato ‘’tangentopoli’’ e che innescò la fine della cosiddetta ‘’Prima Repubblica’’; e, guarda caso, è ritornato nelle televisioni degli italiani proprio alla vigilia di un altro scandalo: quello dei portaborse. Infatti il 5 ottobre i collaboratori parlamentari (cioè quelli che in gergo vengono chiamati ‘’portaborse’’) sono scesi in piazza, fuori Montecitorio, per pretendere la regolarizzazione dei rapporti di lavoro, dopo che la trasmissione Le Iene aveva portato l’attenzione su di un caso di ‘’parentopoli’’ – come l’hanno definito – che coinvolgeva l’Onorevole Mario Caruso ed il sottosegretario Domenico Rossi.

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Infatti una portaborse di nome Federica Brocchetti aveva confessato, al giornaliste de Le Iene Filippo Roma (che nel 2007 si era già occupato della legislazione dei collaboratori parlamentari), di lavorare da più di un anno per l’onorevole Caruso senza essere mai stata pagata, perché i soldi per le sue mansioni andavano invece al figlio del sottosegretario alla difesa Domenico Rossi, che condivideva l’ufficio con l’onorevole Caruso. Insomma una storia – come ne abbiamo sentite tante – dove la meritocrazia viene assassinata dal nepotismo.

Certo il film di Luchetti non tratta dello sfruttamento dei collaboratori parlamentari, ma dei dispositivi e dei meccanismi della politéia, cioè della cittadinanza politica – ripartita tra politicanti ed elettori – che ieri come oggi appare turbata, ostacolata ed ostracizzata dai suoi stessi ingranaggi.

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Una protesta fuori dal Palazzo

Un portaborse non ha colore politico, un portaborse non s’infuria, un portaborse discrimina. È questo che impara il personaggio di Luciano Sandulli (interpretato da Silvio Orlando), un insegnante d’italiano che sbarca il lunario facendo, tra le altre cose, il ghostwriter, e che si ritroverà a lavorare nello staff di un importante ministro (Nanni Moretti). Luciano all’inizio del film criticherà una certa logica semplicistica e disfattista – e forse un po’ populista – che considera tutti i politici come ladri, ma dopo la sua full immersion nel mondo della politica, sperimenterà sulla sua pelle quanto quel mondo sia corrotto e corruttibile, oltre che falso e pericoloso. Insomma Luciano prende maggiore consapevolezza di come ragiona la filosofia dei portaborse e di come funziona l’emisfero tecnico della politica, che con la politéia ha poco a che vedere, mentre ha molto in comune con l’artigianato della retorica e della sofistica.

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Il portaborse non si fa domande inutili, il portaborse si beve solo quello che deve bersi, il portaborse non fa anche il portamazze. Ci piace pensare che in qualche modo il film ‘’Il portaborse’’ abbia contribuito – secondo le sue potenzialità e possibilità – a far aleggiare sulla politica italiana quel vento che prendendo il nome di ‘’cambiamento’’ migliora almeno un po’ le cose; aspettandoci che altri film del genere, in un futuro prossimo, vengano chiamati a fare la loro parte sulla scena italiana, strizziamo l’occhio a Paolo Sorrentino e decantiamo il decalogo del portaborse.


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