The Infidel (2010) è una commedia britannica diretta da Josh Appignanesi e scritta da David Baddiel.
Ci sono film che trattano di temi gravi e insanabili ma con la leggerezza di una commedia satirica che porta ad una dolce morale; anche se la realtà è sempre molto più complessa. Lo scontro politico, economico e anche religioso che muove i due stati medio orientali di Israele e Palestina, continua ormai da anni lacerando sempre più una situazione già minata in partenza. Ed è diventato un motivo di discussione febbrile quello tra palestinesi e israeliani che smuovono il tranquillo uomo medio occidentale. Tra le due popolazioni ed etnie interessate si articola il malcontento anche quando questi si trovano in un diverso paese. I pregiudizi secolari insisti in ognuno di loro smuovono critiche e aumentano l’odio razziale, in una delle città economicamente e socialmente più potenti e affidabili.
È proprio a Londra che ha luogo la storia di Mahmud Nasir (Omid Djaili), un tassista britannico di religione islamica. Vive con la moglie e i suoi due figli una vita apparentemente tranquilla. Benché non sia osservante, Mahmud è fiero del suo lignaggio etnico e religioso, sempre che questo non vada a dar fastidio a una domestica moderazione. È infatti sconvolto e contrario quando viene a sapere che il figlio maggiore, Rashid (Amit Shah), sta per sposarsi con una giovane ragazza la cui madre si è accompagnata con il fanatico religioso Arshad Al-Masri (Ygal Naor). Per il bene del figlio accetta di passare da buon islamico osservante dinnanzi agli occhi del futuro consuocero. Nello stesso momento, mentre sta pulendo la casa della madre, scomparsa di recente, trova il suo certificato di adozione. Scopre di essere stato adottato, che i suoi veri genitori sono in realtà ebrei e che il suo vero nome è Solomon “Solly” Shimshimllewitz.
Disperato, si sente ora un pesce fuor d’acqua. Cerca conforto nell’Imam, il quale non lo capisce e lo crede gay. Non dice niente alla sua famiglia o ai suoi colleghi di lavoro e amici, e continua a comportarsi come se niente fosse. Ma dentro di se qualcosa sta cambiando. Scopre che il padre naturale si chiama Izzy Shimshimllewitz e che al momento è in fin di vita in un ospizio ebraico. Ma Mahmud non può conoscerlo; un grasso rabbino sorveglia la stanza dell’anziano e non lo farà entrare finché non avrà imparato qualcosa sulla religione ebraica. Incontra, per via di una disputa su un parcheggio, il tassista ebreo e americano Leonard Goldberg (Richard Schiff), che, sebbene i primi asti all’inizio, decide di aiutarlo una volta scoperto che egli è in realtà un ebreo. L’archetipo ebreo americano, come Leonard stesso suole definirsi, inizia con una serie di lezioni che comprendono ballare in salotto musica Yddish, mangiare del cibo ebraico e leggere romanzi di Philip Roth.
Un giorno, quando raggiunge il figlio alla conferenza dove deve parlare Al-Masri, Mahmud si fa trovare con indosso una Kippah che gli aveva dato Leonard. Per non destare sospetti dinnanzi agli altri musulmani perplessi, brucia la Kippah gridando “abbasso il Sionismo”. Con lo stesso cappello bruciacchiato poi accompagna Lenny ad un Bar Mitzvah dove racconta una strana barzelletta che, per sua fortuna, si rivela un successo. Tornato a casa la moglie vuole delle spiegazioni sul suo strano comportamento ma Mahmud dice di stare bene e che tutto è a posto.
Assieme a Lenny torna all’ospizio ma il rabbino non convinto non lo lascia entrare arrabbiandosi specialmente con Leonard e i suoi modi aggressivi da Yankee. Anche Mahmud da la colpa all’amico e i due finiscono con l’offendersi a vicenda incolpando l’un l’altro della propria etnia e religione. Tornato a casa, è ormai deciso a dire ai suoi familiari che egli è un ebreo adottato da pakistani. Una volta entrato, però, trova in salotto la futura moglie di Rashid e il suo patrigno ed è costretto a tacere. Al-Masri, che non è convinto della forte credenza di Mahmud, gli dice che vorrà indagare più a fondo sulla sua fede islamica. Mentre Al-Masri sta intonando un canto tradizionale, la polizia bussa alla porta di casa e una folla di ebrei e musulmani inizia a inveire contro di lui. Mentre sta per essere arrestato per aver dato fuoco alla kippah, macchiandosi di un crimine raziale, Mahmud confessa la sua vera identità.
Al-Masri, furioso, se ne va con la sua figliastra, e la sua famiglia, delusa dal comportamento non sincero, decide di abbandonarlo. Solo e disperato vaga per Londra fino a quando Lenny non corre in suo aiuto e lo riporta all’ospizio. Torna dal rabbino scongiurandolo di farlo entrare ma viene a sapere che Izzy Shimshillewitz è morto. La direttrice della struttura lo invita ad entrare nella stanza del vecchio. Frugando tra le sue cose avvia il videoregistratore e la cassetta infilata mostra le immagini televisive di Mahmud che urla “Io sono ebreo” (I am Jewish). La cassetta era stata inviata qualche giorno prima da Leonard, riuscendo così a non far fallire completamente il piano di Mahmud di conoscere il suo padre naturale. Ora è deciso a riconquistare la sua famiglia e convincere l’estremista Al-Masri a far sposare Uzma con il figlio. Dopo aver consultato il Corano e il Talmud, indossa il burca e passa inosservato alla conferenza di Al-Masri dove può avere inizio la sua arringa. Sostiene che ebreo o musulmano tutti venerano lo stesso dio; entrambi possono avere stesse regole da rispettare e che una sola differenza non può dividere due persone che si amano o due amici che si voglio bene. Il fondamentalista non intende accettare le ragioni di Mahmud ordinandogli di andarsene, ma questi, con un geniale intuito, mostra a tutti i presenti la vera identità di Arshad Al-Masri. Egli è in realtà il cantante pop Gary Page, che si era finto morto per poter iniziare un nuova vita. Quest’ultimo, in trappola, non può far altro che sparire per sempre dalla vita di Mahmud e della sua famiglia. Rashid e Uzma riescono finalmente a sposarsi. Durante il matrimonio, Leonard e Mahmud si ritrovano ad un certo momento della cerimonia a bere insieme, finendo sempre con il discutere ironicamente dei loro motivi etnici e religiosi.
The Infidel, tradotto in italiano con il titolo “’Infedele per caso”, è una pellicola del 2010 diretta da Josh Appignanesi e interpretata da Omid Djaili. L’attore comico britannico, già famoso per la sua stand-up comedy grottesca e satirica, venne premiato alla ventottesima edizione del Torino Film Festival per il suo ruolo. Una parte divertente e spiritosa che non è comunque ossidata nel solo genere comico. Il film è senza dubbio una lunga scaletta di luoghi comuni, pregiudizi in entrambi i lati, sia tra gli ebrei che tra i musulmani; si pensi solo al modo di parlare e di fare di Mahmud che scimmiotta un po’ il linguaggio e le tradizioni islamiche; oppure quello di Leonard Goldberg (Richard Schiff) che parla di feste in cui ebrei spettegolano da ebrei in pubblico, oppure il suo modo un po’ da intellettualoide underground e un po’ da straccione; sempre con sottile ironia e pessimismo in ogni cosa. Un po’ alla Woody Allen insomma. Gli insegnamenti del tassista non possono aiutare del tutto Mahmud ad entrare nella stanza del padre morente, proprio perché Leonard è, da vero americano, già un mix lontano di tradizioni e luoghi comuni,e quindi c’è un paradosso e ostacolo che divide lo stesso popolo ebraico. Così come per i musulmani, divisi tra quelli più bigotti o intrisi di religione e quelli più moderati. “sciiti e stronziti” così si intitolava la lettera che Mahmud aveva inviato anni prima al giornale per protestare contro gli invasati religiosi. Un problema, questo della religione, che se mescolato ad una politica sbagliata e con interessi economici in sullo sfondo, porta ad odi e pregiudizi più crudeli anche quando potrebbero non sussistere presi come un più leggero gioco ironico. In una situazione instabile come questa, un film come “The Infidel”non cessa mai di essere contemporaneo e presente; non solo tra popoli israeliti o islamici ma anche tra più etnie. La satira umoristica e grottesca è a volte più tagliente a volte molto leggera ma la conclusione dovrebbe portare a una riflessione verso un armonia più totale. Sono le battute offerte dal film che dovrebbero mostrare un messaggio di pace quotidiano, normale. Nessuno nasce razzista; è un cattivo insegnamento che porta a un disgregamento morale.
Vi consiglio la visione di questa pellicola; non molto famosa ma estremamente divertente e seriosa allo stesso tempo. La perdita del proprio equilibrio, della propria natura, fino ad un certo momento riconosciuta come personale e unica, non deve essere un punto di arrivo, né un ostacolo e un fallimento; bensì un modo di conoscere, capire e rispettare. La pellicola fu distribuita in molti paesi islamici; lo stato di Israele ne vietò, al tempo, la proiezione.
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