Si consiglia la visione di Three Billboards Outside Ebbing Missouri per varie ragioni. La prima, sebbene il trailer lasci poco spazio a qualche dettaglio in più, è perché è una storia puramente americana, radicata alla perfezione nel contesto statunitense; ciò che potrebbe, invece, far scendere di tono se ambientata in un altro stato, in un altro tipo di paesaggio e in una diversa prospettiva sociale.
Si fa di tutto, e con questo mi riferisco al regista Martin McDonagh (“In Bruges” e “Sette Piscopatici”) e la sua troupe di sceneggiatori e tecnici, per far focalizzare l’attenzione del pubblico sul verde, montuoso e isolato ambiente rurale dell’entroterra del Missouri. Luogo apparentemente libero, incontaminato; allo stesso tempo è la tranquilla cittadina di Ebbing a tirar fuori il peggio di se in quel mondo tanto distante, pare, dalla civiltà e dal raziocinio delle coste. Una storia, questa, che parla appunto dell’America più nera, quella in cui maggiormente si sente un legame forte alla società e le varie discriminazioni che ne fuoriescono; odio razziale, sessuale, mescolato all’incapacità di migliorare. La violenza è forse una delle chiavi di lettura di questo film. Solo con questa si può vivere in un contesto come quello narrato.
Mildred Hayes, lavoratrice divorziata, è talmente disposta a vendicare il barbaro omicidio della giovane figlia che decide di affittare tre cartelloni pubblicitari che affiancano la strada principale che porta in città. Nei tre manifesti la donna chiede giustizia e vuole sapere perché la polizia locale, a distanza di quasi un anno, ancora non abbia risolto il caso e trovato il colpevole. Facendo questo, tira in ballo l’amato e stimato sceriffo Willoughby, malato terminale di cancro, che in tutti i modi cerca di andare in contro alla donna.
Su Mildred si abbatte l’intera comunità, persino il figlio e l’ex marito, che intanto convive con una ragazza di diciannove anni. La stessa donna e coloro che l’anno aiutata, come l’agente pubblicitario Red Welby, subiranno la collera e i maltrattamenti corporali del violento Jason Dixon, agente di polizia già richiamato per aver pestato un ragazzo nero. La cosa prenderà una piega del tutto diversa da come ci si aspettava. Dopo aver passato l’ultima giornata con le due figliolette e la moglie, Willoughby termina la sua esistenza sparandosi un colpo di pistola alla testa; sapendo di non poter fare nulla, spedisce tre lettere. Una destinata alla moglie, una a Mildred e l’altra all’agente Dixon. Questo stravolgerà la storia ancora di più e i tanti episodi che ne seguiranno.
Non volendo dare ulteriori informazioni e spoiler, mi fermo qui, sperando di avervi convinto ad andare a vedere la pellicola. Il secondo motivo per andarlo a vedere, ritornando al punto di partenza, è il ricco cast di attori che dominano il film. La rabbia repressa è corrosa nel viso della protagonista, interpretata da una straordinaria Frances McDormand, in uno dei suoi ruoli più belli ed emozionanti. Woody Arrelson, che interpreta Willoughby, e Sam Rockwell, nei panni di Dixon, sono perfetti nell’essere uno l’antitesi dell’altro. Il saggio e raziocinante sceriffo contro il duro e poco affabile agente che, tuttavia, si dimostrerà uno dei veri motori di tutta la storia, con sfumature ancora più ottimiste. A questo già soddisfacente gruppetto di abili attori, vanno citati Peter Dinklage, Abbie Cornish e Caleb Landry Jones.
In generale, è una bella opera di un bravo regista alle prese con la brusca visione di un mondo che sembra essere dimenticato, che va avanti con le buone e soprattutto con le cattive. Un dramma dai risvolti a volte comici, ma non troppo, per tornare a quella asciuttezza di descrizione e di dialoghi che rendono ogni volto e ogni vicenda un ulteriore dramma. Come se in ogni episodio nascesse una storia a se. Persino il finale aperto ci da come l’impressione che quella appena vista non sia l’unica storia raccontata, ma che ce ne siano altre ancora tutte da narrare e da scoprire. Una trama di America, contestata e disprezzata e che fa sempre parte, comunque, di una verità e una comunità più grande. La tensione cresce, e non cessa di farsi sentire minuto dopo minuto.
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