Il Teatro di Eduardo – La paura numero uno

Ne La cantata dei giorni dispari Eduardo De Filippo lascia una commedia che è un vero e proprio piccolo gioiellino. Prima che la Guerra Fredda potesse veramente scaturire tutta la paura possibile nei popoli e nel volto dei civili di tutte le nazioni, prima che il terrore atomico venisse realmente a galla, Eduardo scrisse, nel 1950, La paura numero uno. Una sorta di ritratto grottesco degli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale che, assieme a Napoli Milionaria, conferiscono un secondo esempio di teatro bellico: una farsa questa, più rilassante, buffonesca ma al contempo drammatica e riflessiva. Eduardo anticipa, seppur di poco, il timore di una terza guerra globale che, sebbene mai innescata, portò ad una lunga serie di conflitti e problemi, tutt’ora irrisolti.

Matteo Generoso è uno scampato alla seconda guerra con la fissazione che, sebbene il pericolo ormai lontano, possa ripetersi un terzo conflitto; stavolta, nucleare e ultimo. Tale è la sua certezza del nuovo scoppio, da mandarlo a poco a poco verso la follia, e con lui tutta la sua famiglia. Ossessionato e lontano dai problemi familiari, smette di mangiare e di lavorare vietando perfino alla figlia Evelina di sposarsi con il giovane Mariano; un matrimonio adesso, a pochi passi dalla distruzione, sarebbe una perdita di tempo inutile e troppo breve.

Non potendo più sopportare questa situazione nevrotica e palpitante, la moglie Virginia, con il fratello Arturo, escogitano un piano per assecondare Matteo e dargli ciò che realmente vuole. Allestiscono un finto giornale radio domestico annunciando l’inizio della terza guerra mondiale. Credendo di aver avuto sempre ragione, Matteo, come per incanto e messosi l’anima in pace, si tranquillizza e può ora guardare avanti. Acconsentirà perfino al matrimonio della figlia. Tuttavia, Luisa, la madre di Mariano, non convinta della messa in scena che Virginia cerca inutilmente di spiegarle, crede ciecamente allo scoppio della guerra. Dopo aver perso marito e figlio maggiore in quella precedente, non vorrebbe perdere anche il secondo genito. Perciò rinchiude Mariano nella sua stanza. Dopo qualche tempo, fuggito da quella specie di prigione, Mariano sposa Evelina e Luisa, rimasta sola, accetta quel matrimonio ma con la costante paura che possa accadere qualcosa di male. 

Una delle commedie di Eduardo che, assieme alla già citata “Napoli Milionaria” e “Mia Famiglia”, danno un accenno in più di quelle che possono essere le sciagure e i problemi familiari. La paura della guerra è solo un motivo per non guardare in faccia agli scricchiolii della vita domestica, del compito genitoriale e del futuro comunque messo in guardia da cattivi presentimenti. Presentimenti che sono il frutto del ventennio fascista e delle due guerre appena passate. Tre atti teatrali di cui due, quelli iniziali, più sincronizzati con il tema centrale; la paura di Matteo Generoso e la follia che echeggia in casa. Il terzo è invece incentrato maggiormente sulla solitudine di Donna Luisa che, come vedova e madre deve sottostare al volere di Mariano di sposarsi, e quindi costretta ad affondare nel silenzio i suoi ripensamenti e dolori materni.

La paura numero uno è un’opera che Eduardo riporta in televisione nel 1964 con Carlo Giuffré, Glauco Onorato, Orazio Orlando, Luisa Conte, Pietro Carloni e Lando Buzzanca. A distanza di quasi settant’anni dalla sua scrittura, “La paura numero uno” resta una delle commedie più dure, severe e pesanti del panorama drammaturgico di Eduardo; senza ombra di dubbio, oggi di grande valore artistico e sociale e di grande attualità. Gino Cervi chiese a De Filippo di scrivere una commedia per lui e la sua compagnia ma una volta lettone il copione, Cervi rinunciò al lavoro di Eduardo considerandolo testualmente: “Marionette senza passione”. Secondo invece il parere di Luca De Filippo, e altri appassionati e accaniti eduardiani, rimane uno dei suoi lavori più innovativi e interessanti; distaccato comunque dalle faccende matrimoniale e socialmente più impegnato nella politica nella follia dei governanti. Un dramma satirico e grottesco, sociale ma ancor più confidenziale, capace di parlare di un’atrocità come la guerra nucleare a tutti gli individui.

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