Per coloro che reputano ancora un regista come Tinto Brass (all’anagrafe Giovanni Brass), solo un bieco cineasta e simpatico porcone, è giusto sottolineare che lui è in realtà un grande personaggio dello spettacolo. Un curioso e sperimentatore di un’arte non sempre malleabile e comprensibile a tutti; per questo gli va riconosciuto il grande lavoro per aver portato sul grande schermo, un genere -quello erotico- non sempre facile da gestire. Specialmente in un’epoca e in un paese -l’Italia degli anni ’60 e ’70- dove ancora forte era potere della censura.
Vogliamo dedicare questo pezzo al grandissimo Brass citando uno di quei film che almeno una volta nella vita bisogna vedere. Il temutissimo e scandaloso “Io, Caligola”.
Tratto da una sceneggiatura di Gore Vidal, la lavorazione del film si dimostrò essere ancora più intricata e avventurosa dell’opera stessa.
La pellicola è un dramma romanzato sulla vita dell’imperatore Caligola; dalla presa del trono dopo il suo successore Tiberio, fino alle lotte di potere con Claudio. Con un volo pindarico porno-erotico che eccede e che diverte, ma che è solo parte di quello che Vidal aveva immaginato e scritto.
Potremmo dividere la fase di lavorazione del film in tre parti. La prima, è sicuramente la messa in scena della storia e la scelta degli attori. Un cast ricchissimo d’interpreti invidiabili che all’epoca erano veramente star del teatro e del cinema europeo. Malcolm McDowell (l’Alex di “Arancia Meccanica) venne scelto per il ruolo del protagonista; ancora sulla scia del successo del film di Stanley Kubrick. Lo shakespeariano John Gielgud introduce la parte di Nerva affiancando il collega Peter O’Toole che nel film interpreta l’Imperatore Tiberio. Maria Schneider, che avrebbe dovuto partecipare nei panni di Drusilla, moglie di Caligola, dopo aver letto la sceneggiatura lasciò il set a causa dell’eccessivo numero di scene erotiche e di sesso. La parte andò a Teresa Ann Savoy. Un’ancor giovanissima Helen Mirren fa da spalla al gruppo di attori italiani come Leopoldo Trieste e Paolo Bonacelli.
Prima di consegnare il film nelle mani di Bob Guccione, editore di Penthouse, Vidal chiamò Roberto Rossellini il quale voleva farne un film per la televisione. Il progetto non andò in porto e Guccione si rivolse direttamente a Tinto Brass, che usciva trionfante dal suo progetto precedente, “Salon Kitty”. Dopo qualche contrasto fra Brass e Vidal, quest’ultimo fu intimato di lasciare il set immediatamente; cosa che poi fece. Eppure i problemi non diminuirono. Brass cambiò più volte il copione dichiarando lo scritto di Vidal, lavoro di un arteriosclerotico, scontrandosi anche con lo scenografo Danilo Donati. Il regista infatti non utilizzò tutte le scenografie create; questo rallentò di gran lunga la produzione. Inoltre, Brass, assieme a McDowell, riscrisse parte della sceneggiatura. Questo portò il regista italiano a scontrarsi direttamente con Guccione.
Nella seconda fase, quella di post–produzione, revisionato il lavoro di Brass, Guccione decise di licenziarlo e iniziò il montaggio. Alle scene già presenti, Guccione aggiunse delle scene esplicitamente pornografiche da lui stesso dirette. Tuttavia, anche l’uscita nelle sale fu ritardata. Brass fece causa a Guccione e lo stesso fece poi Vidal, che non volle apparire assolutamente nei titoli del film.
Il tutto si risolse con una denuncia generale dopo l’uscita nelle sale italiane ed europee. Il produttore, Franco Rossellini, venne processato e condannato a quattro mesi di carcere e al pagamento di 400.000 lire di multa, mentre Brass scampò al giudizio poiché espulso dalla fase di montaggio. Con l’amnistia del 1981, Rossellini poté rimontare il film in una nuova versione di 133 minuti, cercando di risanare i debiti sorti dopo la denuncia e la confisca delle copie del film. Molte di queste vennero distrutte.
Esistono ben sette versioni diverse del film. Un’opera intramontabile e sebbene poco conosciuta da vedere assolutamente. Fino a dove si può spingere la mente umana, è sicuramente una frase che potrebbe benissimo nascere dopo la visione di “Io, Caligola”. Sebbene, con l’andare del tempo, il cinema si è spinto ben oltre. Era l’epoca dell’immoralità e della sperimentazione; del creare disgusto e farlo a tutti. Ma non per questo non lo si deve vedere.
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