Dogman – L’eroe di Matteo Garrone

Si cerca sempre di capire perché Matteo Garrone ambienti le sue storie in posti squallidi, degradati e quasi spazzati via da ogni forma, anche minuscola, di bontà e umanità. Con Dogman, il regista vola e Cannes e torna in Italia da vincitore assieme al suo gruppo di attori. La Palme d’Or, assegnata a Marcello Fonte durante il festival, simboleggia l’apprezzamento da parte di critica e pubblico per il film. La reale storia del Canaro della Magliana, avvenuta trent’anni fa, riemerge tra le immagini curate dalla fotografia del danese Nicolaj Brüel e dall’esile figura dell’attore protagonista, in un mix di teatro di strada e vita vera.

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Marcello Fonte premiato al festival di Cannes come migliore attore protagonista

Un film nato nella mente di Garrone, come afferma lui stesso, dodici anni fa. Dopo continui cambiamenti e sviluppi, Dogman ci appare immediatamente come un film antisociale, che non vuole descrivere eventi reali, bensì fatti che si ha sotto gli occhi ogni giorno ma che si preferisce far finta di non vedere, di non stare a sentire. Le ambientazioni dove Garrone mette in gioco storia e personaggi, sono le più crude e le più dure, dove la legge del più forte è sacra e inconciliabile con sentimenti più nobili e puri. Di puro c’è la sottile consapevolezza di non dover sbagliare mai, di non mettere troppo i piedi nell’orto del tuo vicino. Tra i bassi fondi di cemento e lamiera di una città affacciata sul mare, prende forma la storia di Marcello.

Un mite e piccolo ometto, che gestisce un negozio di toilettatura per cani, conduce la sua vita amando la figlioletta e il suo lavoro. L’amore per Alida e per i cani, è l’unica cosa che sembra dare stabilità alla sua esistenza. Intorno a lui, volti e individui usciti dalle macerie di una vita malfamata e lasciata andare alle occasioni di ogni giorno. Dal suo negozio, unico rifugio, Marcello vede chi popola quello squallore. Tuttavia non fugge la realtà, bensì se la fa amica, instaurando un rapporto di pace con i vari abitanti, uomini del bar e quant’altro.

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Un’armonia fatta di piccoli equilibri. Basta l’ex pugile Simone a far saltare la quiete di quell’angolo di terra. Un omone violento che instaura con Marcello un rapporto di apparente amicizia. Come fosse un cane, Marcello non può fare altro che sottomettersi alle maniere forti di Simone che non si fa scrupoli; nemmeno quando, dopo una rapina al negozio a fianco quello di Marcello, lo farà finire in prigione. Un salto temporale lungo un anno e Marcello tornerà in quel luogo totalmente cambiato.

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Che non ci sia neanche un filo di speranza, e che tutti gli eventi abbiano in se un fine violento e terrificante, lo si può vedere dalle prime scene del film: quando Marcello cerca di asciugare un cane che invece si divincola, trasformandolo in un piccolo sketch comico. Se Chaplin ha veramente insegnato qualcosa con i suoi film, è che la comicità è, a volte, solo una piccolissima parte della nostra esistenza: il resto è in perenne attesa del dramma e del tragico. E come in una scena de il Monello o di Charlot rientra tardi, anche Marcello vive pochi e brevi momenti di tranquillità, di felicità. Le emozioni positive sono sempre contrastate da episodi di violenza che derivano da entrambe due le sponde del quartiere: da Simone, cocainomane e teppista incallito che semina il panico, e dai cosiddetti amici di Marcello che, seduti al bar, meditano di omicidi pagati e non si lasciano scappare istinti di feroce bestialità. Marcello è in mezzo, in un bivio perenne che si fa sempre piú vicino. Ad un certo momento, dovrá per forza scegliere la strada più giusta.

Azioni che Garrone svolge con sarcastica ironia, mettendo a nudo un pezzo di civiltà scalcagnata senza luce e solo con l’odore di paura e morte che echeggia nell’aria. Una poetica che sembra venir fuori da una canzone di De Andrè o da una fiaba moderna senza eroi che non sanno di preciso come agire, bensì sanno quando. E lo fanno; agiscono contro un qualcuno o qualcosa di più grande e apparentemente superiore a loro stessi. Oltre al premiato Marcello Fonte, che dedica il premio al padre, altri rinomati attori e caratteristi del cinema italiano si muovono tra le scene di Dogman: Edoardo Pesce è il bullo Simoncino, Nunzia Schiano, Adamo Dionisi e Francesco Acquaroli.

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Regista e attori principali di Dogman a Cannes

Commenti

3 risposte a “Dogman – L’eroe di Matteo Garrone”

  1. […] e di Venezia. Non mancherà l’Italia, rappresentata da due film: Manuel di Dario Albertini e Dogman di Matteo Garrone. Due film che hanno vinto e convinto: per il primo, Andrea Lattanzi, alias […]

  2. […] negli ultimi anni uno dei più importanti registi italiani a livello internazionale. Il suo Dogman è il film italiano in corsa per l’Oscar, come Miglior Film in Lingua […]

  3. […] quasi surreale che ha molti punti in comune con quello interpretato l’anno precedente in Dogman, film presentato al Festival di Cannes diretto da Matteo Garrone che fece salire alla ribalta Fonte […]

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