[segue]

Una volta finito lo spettacolo, anch’io decisi di spostarmi e mi diressi di nuovo verso il Ludwig Museum, per andare a dare un’occhiata agli orari del museo romanico. Di roba romana ne avevo già vista a sufficienza, e di certo non sarei andato all’estero per vedere qualcosa di ‘’romanico’’, ma non sapevo proprio che altro fare, oltre a girare per le zone del centro. Aggirando il Duomo mi capitò di vedere un’altra coppia che pomiciava appoggiata al muro antico della cattedrale. Ebbi un sussulto quando mi resi conto che quella era la giovane coppia di prima, la stessa che fino a qualche minuto prima litigava davanti a tutti!

Rallentai il passo per dare loro un’occhiata più approfondita. Si baciavano con passione ed erano stretti un abbraccio infuocato di desiderio. Lei ogni tanto si allontanava dalla sua bocca per leccargli il collo, e lui con le sue mani gli palpava tutto il corpo, soffermandosi soprattutto sui suoi glutei e i sui suoi seni.Dalla mia prospettiva la ragazza era di spalle, così da permettermi di vedere il viso contrito ed ansimante del suo compagno. Non sembrava più così arrabbiato, e mai avrei detto che poco prima fosse stato il responsabile di una scenata del genere.

Voltai lo sguardo per non sembrare un guardone, e tra i miei passi m’interrogai seriamente sull’accaduto. Non riuscivo a spiegarmi tanta volubilità, soprattutto in tempi così brevi. Poi ebbi un altro sussulto e mi fermai, colpo di nuovo dalla stessa illuminazione di prima, quella che cullava il mio cervello prima di quella scenata di gelosia. Avevo soltanto assistito ad un’altra scena dello spettacolo.

-Ma certo!- pensai –è ancora la teoria dei Frame, niente di più, niente di meno, ‘’per avere successo, l’attore deve poter offrire quel genere di messa in scena che si adegua agli stereotipi’’.

Ricominciai a camminare, con un sorrisetto sardonico sulla faccia che non potevo in alcun modo frenare. Appoggiata ad un muro del Ludwig Museum vidi una ragazza di davvero bella presenza. Aveva le braccia incrociate, la schiena leggermente all’indietro era adagiata sul muro, la gamba destra che piegata verso il muro formava un triangolo.

Quell’apparizione fece destare in me un sentimento di possente eccitazione. Attratto dalla sua presenza, rimasi fermo ad osservarla un po’. Il museo romanico aveva definitivamente perso ogni attrattiva per me. sembrava contrariata, forse si era stancata di aspettare qualcuno con cui aveva appuntamento. Nel guardarla – seppur da lontano – non fui particolarmente discreto, così ad un tratto ella guardò nella mia direzione accorgendosi di me e del fatto che la stavo guardando. I suoi occhi erano così forti e penetranti che non reagì minimamente, continuai a guardarla come ipnotizzato, senza mai distorcere lo sguardo.La vidi sorridere per un leggero istante e poi abbandonare la sua posizione per dirigersi verso di me. Ad ogni passo che faceva, ero sempre più sicuro che veniva da me.La magia che mi aveva stregato perdurava in me come un veleno nelle vene. Ancora immobile e pietrificato con lo sguardo attanagliato verso di lei, il cuore cominciava ad esplodere al solo pensiero di lei e me insieme.

-Hey, wie geht’s? Hast du dich verlaufen? Suchen Sie jemanden oder etwas?

Pronunciando quelle parole mi sorrideva come fossimo intimi conoscenti. Io d’altro canto, neanche conoscendo a menadito la lingua tedesca, non avrei mai potuto intendere il senso di quelle sue parole sconosciute: in quei brevi istanti in cui dette fiato alla sua bocca non potei fare altro che guardare le sue labbra. Erano rosee e carnose, come se non facesse altro che mordersele di continuo. Il labbro inferiore era più sporgente dell’altro, così che sembrava decisamente un invito ad entrare nella sua bocca.

-Sei italiano? – disse poi, non vedendomi reagire in alcun modo.

-Si vede molto?- domandai con un sorrisetto imbarazzato, tentando di fare l’indifferente.

-No tranquillo- disse ridendo –sono io che sono brava a riconoscervi, ho molti amici italiani.

-Che ci fai qui?

-Intendi qui in piazza o qui in Germania?

-Intendo qui a Colonia.

Era calma e rilassata. Le parole sgorgavano indomite dalla sua gola, protette dal suo carattere così sicuro. Era bella come solo una dea sa essere. Forte e impavida come un guerriero. Non ero sicuro che fosse di origine tedesca, ma non potevo fare a meno di notare i forti tratti germanici che dimoravano in lei. Wagner, scrivendo la famosa cavalcata delle valchirie, doveva sicuramente aver eletto, nei suoi torbidi pensieri, una simile musa come modello d’ispirazione.Con questi pensieri mi fu inevitabile non immaginarla nei panni di un’amazzone.

-Quello che fai tu, suppongo.

Una risata spontanea – o che sembrava tale – mostrò i suoi denti perfetti. Intesi da quel comportamento che la mia frase – molto improvvisata – le era sembrata una battuta. quindi continuai suggerendo che ero a Colonia con l’intenzione di trasferirmici. Le dissi che ero un pittore.Mi chiese di fare due passi, così iniziammo a camminare, l’uno accanto all’altra, girando intorno alle mura del Duomo.Non ci pensai due volte e mentii spudoratamente su qualunque cosa, con l’intenzione di sembrarle più interessante. Non mi apparteneva, eppure non potevo perderla. Non dovevo a nessun costo lasciarla scappare da me, ma non potevo nemmeno ignorare la sensazione di fastidio che mi procurava la sua presenza. Mi sentivo come un uomo che muore di sete in un lago d’acqua dolce.

[continua]

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