Chiudiamo la nostra rassegna su Eduardo De Filippo con quella che è forse la sua commedia più importante e bella; Napoli Milionaria. Scritta sul finire del secondo conflitto mondiale, quando Eduardo si affaccia sulla sua Napoli e ciò che vede è solo un riflesso del dramma che si era abbattuto.
« Poche settimane dopo la liberazione mi affacciai al balcone della mia casa di Parco Grifeo, e detti uno sguardo al panorama di questa città martoriata: allora mi venne in mente in embrione la commedia e la scrissi tutta d’un fiato, come un lungo articolo sulla guerra e le sue deleterie conseguenze. »
La commedia, in questo caso non più una tragicommedia ma un vero e proprio dramma sociale, descrive la Napoli della guerra, quella del mercato nero che avanzava per far fronte alla miseria e che era in uso tra i più scaltri e quelli che, assieme a cibo, potevano ricavarci una bella fortuna. Eduardo narra, e lo fa in maniera magistrale, le vicende di una famiglia napoletana, quella di Gennaro Jovine, che con le unghie e con i denti trasforma l’episodio bellico in un fattore dal quale ricavarne sostentamento e denaro. Dopo il 1945, anno della sua composizione, Napoli Milionaria fu trasposta nel 1950 in un film per il cinema diretto dallo stesso Eduardo e con Totò, Titina De Filippo, Pietro Carloni, Aldo Giuffrè e Delia Scala. Negli anni ’70 venne rappresentata a Londra e successivamente ne fu tratto anche un dramma lirico in tre atti con libretto di Eduardo De Filippo e musiche di Nino Rota.
Il luogo prescelto per la commedia è quello della sala da pranzo della famiglia Jovine. Un caratteristico e povero basso napoletano, luogo di sedute, discussioni e della quotidianità familiare. Amalia, moglie di Gennaro, è in società con Errico “Settebbellizze”, con il quale si arrangia con la borsa nera, aiutata anche dalla figlia Maria e dal figlio Amedeo. La figlia più piccola, che non si vede mai, è fuori da tutto ciò. Sebbene la continua precauzione e il pericolo incombente di essere beccati, tutto procede abbastanza bene; ma Gennaro è sempre contrario a tutto ciò. Egli, infatti, reduce dalla prima guerra, preferirebbe vivere onestamente e non assecondare i traffici della moglie. Alla fine, è sempre disposto a sacrificarsi per salvare la famiglia; come avviene alla fine del primo atto, quando il brigadiere entra nel basso per ispezionare l’abitazione in cerca di merce contraffatta. Gennaro, che si finge morto, porta avanti questa commedia persino sotto i bombardamenti e solo alla fine, quando il brigadiere gli giura che non lo avrebbe arrestato, questi si sveglia.
Nel secondo atto la situazione sembra essersi assestata. Amalia è diventata una vera signora immersa nel lusso e ha deciso di sistemare tutto il basso. Gli americani, arrivati a Napoli, portano ricchezze, cosi che Amedeo diventa un ladro e assieme a Peppe o’Cricco ruba automobili o ruote. Maria, invece, si da alla prostituzione incontrando un soldato americano che le ha promesso di sposarla e di portarla con se in America. Di Gennaro non c’è notizia; probabilmente arruolatosi contro la sua volontà o prigioniero da qualche parte. Quando tutto il vicinato si incontra nel basso di Amalia per festeggiare il compleanno di “Settebbellizze”, del quale la donna si è invaghita, si ripresenta Gennaro. Stanco e stremato dalla guerra vorrebbe raccontare alla famiglia e ai presenti la sua drammatica avventura ma nessuno vuole ascoltarlo; preferiscono pensare all’avvenire e agli affari. Gennaro, estraneo a tutto ciò, si rifugia dalla figlioletta ammalata per farle compagnia.
Il terzo atto si apre con il brigadiere che parla a Gennaro. L’uomo di legge è venuto a raccontargli i loschi affari del figlio Amedeo e che se lo beccherà a rubare dovrà arrestarlo. Gennaro sa tutto; sa del figlio e di Maria, che si è fatta mettere incinta dal soldato che poi se n’è tornato in America. Sa di Amalia che, accecata dal denaro, ha permesso tutto ciò e che ha imbastito una relazione con “Settebbellizze”. Tuttavia la situazione è ancor più grave. La figlioletta sta morendo; tutti corrono per la città in cerca della medicina senza trovarla. Amedeo torna a casa dicendo al padre che ha una commissione urgente da sbrigare. Gennaro, che sa, lo convince a non andare e stare assieme alla sorellina. Poco dopo tornerà anche Amalia, corrosa dall’ansia e dalla stanchezza. Successivamente un vicino, al quale Amalia aveva preso la casa e fatto restare in miseria con la moglie malata e i figli piccoli, entra nel basso con la medicina giusta. Prima di consegnarla nelle mani del dottore, si scaglia contro Donna Amalia, facendole capire che lui è una persona onesta, e che fra esseri umani bisogna aiutarsi a vicenda. La situazione si placa e Gennaro, rimasto solo con la moglie, le dice che non è stata una buona mamma né una brava moglie, ma che il tempo forse aggiusterà tutto. Amalia scoppia in lacrime, capendo le sue colpe e assieme al marito attendono che la medicina faccia effetto. “Ha da passà’a nuttata” dice Gennaro ad Amalia. Tutto quello che possono fare è aspettare.
Di un incredibile forza grandezza recitativa è la versione televisiva del 1962 (da cui sono presi i video) con Regina Bianchi, Pietro Carloni, Ugo D’Alessio, Antonio Casagrande, Antonio Petito e Nina De Padova; quella dove maggiormente il dramma è ben calcato dai vari protagonisti e personaggi di contorno. La guerra ha portato nella famiglia Jovine la necessità di arrangiarsi in maniera illegale ma ben più del conflitto, il denaro ha distrutto completamente i rapporti familiari portando allo sbaraglio moglie, marito e i figli. La figlia più piccola, che non vede i traffici e non ne fa parte, sarà lei a pagare per le colpe della madre e la troppa ingenuità del padre.
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