In occasione del Ravenna Nightmare Film Festival abbiamo intervistato il regista portoghese Bruno Gascon, autore di Carga, uno dei film in concorso per il Miglior Lungometraggio.
Il regista lusitano ci ha parlato soprattutto dei motivi che lo hanno spinto a raccontare la realtà del traffico di esseri umani.
Durante il confronto con il pubblico dopo la proiezione del tuo film, Carga, hai raccontato che lavoravi con la televisione portoghese per la quale realizzavi documentari su storie d’immigrazione positiva. E così hai deciso di girare questo film per raccontare quel lato dell’immigrazione che non potevi raccontare in televisione.Quindi vorrei chiederti di parlare di questo percorso perché è interessante. Solitamente le persone vogliono ascoltare solamente storie felici. Ogni persona ha una sua storia, e si è interessati solo alle cose positive. Ciò che voglio fare è raccontare queste persone raccontando il ‘carico’ che hanno. ‘Carga’ parla di questo, del carico emotivo che ognuno di noi ha. Racconta la storia di quelle persone che non potevo raccontare. Questo è quello che ho fatto.
Hai usato delle testimonianze per scrivere questo film? Ho ascoltato le storie di alcune persone coinvolte nel traffico di esseri umani per la sceneggiatura, ma tutti i personaggi sono un invenzione. Ma ci sono diverse storie da cui ho tratto particolari. Se ci pensi questo film è duro da vedere, ma la realtà è ben peggiore.
La scena in prigione è molto pesante. Difficile da vedere. La realtà, come ho detto, è peggiore. Perché se pensi che quello che hai visto è male, ho ascoltato storie che sono molto più dolorose. Ci sono persone come Viktoriya che fuggono da situazione complesse e dolorose diventando prigioniere dei trafficanti, anche psicologicamente. Questo avvantaggia gli stessi trafficanti, perché le persone trafficate sono terrorizzate da tutto e da tutti. È questa la realtà, e c’è molto più di quanto si vede nel film. Si pensa che le persone, dopo essere riuscite a fuggire sopravvivono e c’è un lieto fine, ma queste continua a vivere con il loro carico. Quando si pensa a tutta alla storia è molto difficile da digerire, ma quello che fanno alle persone è molto più crudele di quanto si veda in questo film.
Nelle organizzazioni criminali ci sono anche persone, che sembrano finite lì per caso non sembrando adatte a questo genere di attività. Come Mario e Antonio per esempio. Loro hanno una coscienza di quello che stanno facendo. Antonio è consapevole che quello che fa è sbagliato. E questa consapevolezza con il tempo si fa più pesante. Quando la sua famiglia viene a conoscenza della sua attività Antonio si toglie la vita perché non può sopportare l’idea che la sua famiglia lo veda come un trafficante. Come se le persone che ami vedessero il mostro che sei realmente.
Il luogo dove si nasce e si vive può influenzare la vita delle persone a tal punto da condurle sul sentiero della criminalità organizzata. Il punto è il traffico di esseri umani è solo una parte di diversi problemi. Non è solo quello. Il film infatti non è solo sul traffico di uomini ma anche sulla società in generale. Ho creato questi personaggi in modo che ci si potesse connettere con loro. Ho provato a scriverli nel modo più realistico possibile. Chiunque potrebbe trovarsi nelle situazione dei personaggi.
Lo dici alla fine del film. Questa è la realtà. Puoi essere te, un tuo amico, la tua famiglia. Bisogna svegliare il pubblico.
Il film tratta di una realtà molto attuale, quella delle migrazioni che interessano tutti i paesi d’Europa. Nel tempo si sono stretti accordi con stati che non rispettano i diritti umani e sono tra gli snodi del traffico internazionale di esseri umani,come la Libia per esempio. Il traffico di esseri umani è come un polpo: tagli un tentacolo ma le altre rimangono. È molto difficile da combattere. Le persone credono sia solo un problema del terzo mondo. Quando ho iniziato a girare nessuno poteva credere che fosse ambientato in Portogallo.Questo è un problema mondiale. Siamo tutti connessi e se non facciamo niente a riguardo questo problema non farà che crescere. Il traffico di esseri umani è il terzo business mondiale.
Anche nel film il capo dell’organizzazione si comporta come un uomo d’affari. Viktor è un uomo d’affari che gestisce l’organizzazione come un’impresa. Il traffico di esseri umani è un business di famiglia e Viktor cerca di fare meglio di suo padre, senza ripetere i suoi stessi errori. Vuole gestire il tutto come un vero uomo d’affari.
La parte spaventosa è che questo può accadere anche ora, qui a Ravenna (era il 1° Novembre 2018, ndr.), e probabilmente alcune ragazze stanno per essere vendute. Film come il tuo possono essere utili per far aprire gli occhi a persone che non se ne importano e che trattano queste ragazze solo come ‘puttane’. Le persone vedono solo quello che davanti loro. Non conoscono la realtà. Persino le ragazze del Distretto a Luci Rosse di Amsterdam sono state vittime del traffico di esseri umani. I loro documenti sono nelle mani dei trafficanti, che le possiedono.Sono distrutte psicologicamente dai trafficanti, così che non ne parlano con nessuno. Bisogna iniziare a vedere queste ‘puttane’, come dicevi, come persone con una storia. Una storia che a volte può essere veramente dura. E se proviamo a comprendere il problema per loro diventa più facile fuggirne.
Un’ultima domanda su Viktoriya: in sala molte persone erano sorprese quando lei ha sparato a Mario,perché si pensava che avendola salvata si meritasse una specie di perdono. Ma Viktoriya non era al corrente dei suoi rimorsi. Per lei era solo un uomo che l’ha portata via a forza dal letto della sua cella e che l’ha messa nel portabagagli della sua auto. Un altro tema importante del film è la mancanza di comunicazione tra le persone: ecco perché nel film si parlano tre lingue, portoghese, inglese e russo. Viktoriya è l’unica che cerca di difendere le altre e Mario se ne accorge. Le altre ragazze erano distrutte, e lo stesso stava capitando a Viktoriya. Quando Mario la aiuta lei non sa che lui l’aiuterà: lei pensa che verrà probabilmente stuprata, o venduta. Lei non si fida. Le persone nel film sono emotivamente distrutte, come lei che è costretta ad essere estremamente cauta e sospettosa di tutto e di tutti. I personaggi si spostano lungo i sentieri che possano garantirne la sopravvivenza. Le persone preferiscono salvare se stessi che gli altri. Lei segue lo stesso cammino degli altri quindi. Lei voleva solo sopravvivere. Solitamente non capiamo i problemi delle altre persone. Vediamo solo ciò che potrebbe esserci utile e farci continuare a sopravvivere.
Lascia un commento