Tratto da una mezza storia vera, il cinema romanza la vicenda del rapinatore di banca Forrest Tucker trasformando questo personaggio scapestrato e dedito al crimine, in un uomo quasi da amare e rispettare, perché, sebbene le rapine era pur sempre un gentiluomo, in Old Man & the Gun.
Il regista David Lowery chiama a sé il discolo del cinema per eccellenza, il teppistello belloccio di moltissimi film Robert Redford affidandogli il ruolo del furfante fuori dagli schemi. A questo si aggiungono Casey Affleck nel ruolo del commissario della polizia John Hunt, Tom Waits e Danny Glover in quello degli anziani complici del protagonista e Sissy Spacek che veste i panni di una vecchia vedova rapita dal fascino di Tucker.

Forrest Thuker è in effetti un ricercato. Dopo sedici evasioni da sedici carceri diversi da quando è solo un bambino, non cessa di essere ciò che è: un ladro e un criminale, ma con lo stesso e unico charme che lo fanno apprezzare anche dalle sue vittime. Arrivato sulla soglia dei settanta svaligia banche assieme a due compari, e sempre con la stessa gentilezza che non lo rende una vera e propria minaccia: dopo aver avvertito i dipendenti della banca di possedere una pistola, Thuker si fa riempire una valigetta con dei soldi, e lo fa quasi sempre sorridendo e mostrando tutta la sua umanità. La gente arriva quasi ad amarlo. Tuttavia, non è dello stesso parere il detective Hunt; uomo di quarant’anni e in piena crisi di mezz’età che decide di andare fino in fondo a questo caso e di acciuffare il vecchio rapinatore. Nel momento in cui poliziotto e ladro hanno brevi momenti per potersi confrontare, viene fuori la grande differenza che c’è tra i due ma soprattutto il significato di tutta la storia.

La storia scritta, diretta e reinterpretata da Lowery è una corsa criminosa verso l’amata giovinezza: quella che Hunt ha perso o sta perdendo a causa di un lavoro stressante e ripetitivo. Quella giovinezza che Thucker invece non ha mai smesso di avere. Giovane è stato ogni volta che l’illegalità, sebbene gestita in maniera saggia e gentile, lo ha portato via con se, permettendogli così di non invecchiare mai. Thucker è un criminale e tale vuole essere. A lui non importa di apparire in maniera diversa agli occhi della società americana degli anni ’80, dalla quale cerca sempre di sfuggire ma che allo stesso tempo rispetta e ama. Thucker ama rubare e solo così può sentirsi giovane. Quello che forse Lowery e la stessa storia vogliono dirci, è che non bisogna smettere di essere giovani; se prima è una condizione fisica poi bisogna farlo diventare uno status sociale e mentale. Giovani si resta solo credendo di esserlo e facendo ciò che più più ci rende soddisfatti e felici. Il regista usa il concetto della rapina, camuffando la storia vera da quella falsa, per arrivare al fulcro di tutta la trama: non importa quanti anni puoi avere, l’importante è non smettere di credere di avere ancora del tempo.
Un’interpretazione del sogno americano che ritroviamo in molte pellicole in cui è Redford a comparire. Lui che in molti film precedenti ha sempre interpretato canaglie belloccie e scaltre, continua a fare lo stesso in questo film; un po’ meno canaglia, un po’ meno atletico e belloccio, ma è pur sempre Redford, testimone reale che anche nella vecchiaia si può essere giovani e meno depressi di molti altri. Come nel caso del personaggio di Affleck, personaggio buono ma negativo, che ha perduto la linfa vitale ancor prima di essere invecchiati.
Old Man & the Gun segue infatti la scia del cinema della vecchiezza, in cui attori non più giovani si cimentano in ruoli ormai passati e che sembrano andargli un po’ stretti; divertenti e allo stesso tempo strampalati nel cavalcare il paradosso. Lawery segue una traccia più poetica ma senza distanziarsi troppo, facendo un tributo al cinema anni settanta e ai film di gioventù bruciata: quelli con James Dean, Brando o Paul Newman. Si potrebbe infatti prendere come un ulteriore omaggio a tutti quegli interpreti che, anche se anziani, persistono nel loro lavoro. Una commedia leggera, non pretenziosa, che racconta una delle tante sfaccettature dell’America di fine Novecento.
