La Settima Musa – L’ultimo regalo di Balaguerò

La prima musa invita, la seconda invoca, la terza mente, la quarta predice, la quinta appassiona, la sesta punisce e la settima si nasconde.

La Settima Musa di Jaume Balaguerò è un film horror del 2018 che si muove tra misteri, spiriti e una sana dose di splatter.

Da un regista come Balaguerò che più volte si è distinto per capolavori horror, come Fragile (2005) e Rec (2007), ma che purtroppo è caduto anche nel clichè, nessuno sapeva cosa aspettarsi.

L’idea della sua ultima opera è geniale, non si parla di mostri o demoni ma le protagoniste sono le muse: sì, proprio quelle del mito che ispirano i poeti. Esse usano le parole per arrivare ai loro malvagi scopi e i versi suggeriti agli scrittori di ogni tempo hanno capacità magiche e funzionano come veri e propri incantesimi.

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Sette donne ma il protagonista è Samuel, un professore con il blocco dello scrittore che ha da poco perso la sua compagna. Samuel farà un sogno premonitore sull’omicidio rituale di una donna a lui sconosciuta e si metterà immediatamente a indagare sulla sua morte. Viene naturale chiedersi perché l’uomo sia così interessato all’accaduto e inizi a cercare insistentemente risposte tra porte segrete, sette e cadaveri. Ma quali sono le domande alle quali vuole rispondere? Balaguerò non fornisce un’introspezione abbastanza profonda. Non si capisce che cosa spinga Samuel, non sembra semplice curiosità, non sembra ossessione né una forza misteriosa: sembra piuttosto che il regista si sia dimenticato qualche scena.

Dopo un’indagine che rispecchia i canoni tipici del film horror, il protagonista scoprirà la vera natura delle muse: sono creature malevole ad eccezione della quarta, quella che predice, e della quinta, quella che appassiona. Ma questo sarà chiaro solo alla fine perché, per tutto il tempo, lo spettatore si aspetta che i ruoli cambino, che i buoni si rivelino cattivi e che la storia non sia lineare come sembra. Forse un effetto volutamente cercato dal regista per sorprendere il pubblico in un modo nuovo per il genere ma allo stesso tempo vecchio quanto Euripide?

La trama è lineare, è vero, ma non prevedibile e i continui riferimenti alla letteratura innalzano il livello della produzione. Al centro, oltre alla storia di Samuel, si trova anche quella di Rachel, la cui psicologia è poco approfondita e forse per questo si è portati a pensare che possa diventare malvagia da un momento all’altro. In realtà Rachel è la musa che appassiona, la più benefica di tutte, odiata per aver infranto la regola di non procreare. Sarà proprio per salvare suo figlio che si sacrificherà, morendo insieme a tutte le altre muse.

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Il finale è interessante e segue la linea del lieto fine, inaugurata negli ultimi tempi a discapito del topos di mostrare nell’ultima scena che la storia non è finita, che il cattivo è ancora vivo o che il male è sempre in agguato e bisogna prestare attenzione ad andare a fare la pipì dopo il film perché potrebbe esserci un mostro in bagno. Tuttavia il lieto fine non è un “stanno tutti bene, è tutto finito”: molti sono morti e i due personaggi rimasti in vita, Samuel e il figlio di Rachel, posseggono un oggetto forse capace di resuscitare la musa che appassiona e, ritraendolo nell’ultima inquadratura, Balaguerò lo usa come immagine di un possibile futuro migliore rompendo definitivamente il topos dell’ultima scena che predice tempi nefasti.

Tutto sommato replicare la perfezione raggiunta con Fragile non è possibile ma anche questa volta Balaguerò non delude e il suo La Settima Musa, per l’originalità della trama e l’inquietudine che suscita, è uno dei migliori horror dell’anno appena conclusosi.


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