Un sacchetto di biglie – Un film per riabilitare la memoria

Un sacchetto di biglie è un film francese del 2018 girato da Christian Duguay su ispirazione del romanzo di Joseph Joffo che racconta la storia autobiografica della sua infanzia nella Parigi nazista degli anni ‘40.

Parlare di olocausto non è mai facile, recensire un film sul tema nemmeno. Molte opere cinematografiche sulla Shoah cercano di emozionare lo spettatore spingendo l’attenzione solo sul drammatico e dimenticandosi della realtà storica. Un po’ come i film sulle malattie mentali, tendono sempre a stereotipare, a spingersi al massimo del pathos dando la priorità a quest’ultimo, e non alla verosimiglianza della trama (e della malattia), al fine di raggiungere la maggior empatia possibile con il pubblico. Alcune pellicole sulla seconda guerra mondiale sbagliano date, luoghi, personaggi; questo perchè molti registi ritengono che il pubblico debba solo essere commosso ma, così, ci si dimentica che il vero fine di questi film non dovrebbe essere vendere, ma commemorare.

Proprio per questo ho scelto, in occasione della giornata della memoria 2019, Un sacchetto di biglie: non si tratta del solito all’interno dei campi o di ebrei nascosti nei posti più improbabili; racconta una situazione forse più reale o, senz’altro, più documentabile.  Narra la storia di una famiglia ebrea costretta a separarsi per scappare da Parigi e raggiungere Nizza, dove i soldati italiani si dedicano a conquistare giovani francesi e a giocare a carte, e non a perseguitare gli ebrei come i tedeschi nella capitale.

un-sacchetto-di-biglie-recensione-HP

I protagonisti sono due dei sei membri della famiglia Joffo, i due figli minori: Joseph (l’autore del libro) e Maurice. Due fratelli legati dalla paura di dover improvvisamente lasciare la propria casa, i propri genitori, uniti dall’angoscia di dover scappare con solo una cartina a guidarli. Il personaggio di Maurice non risulta particolarmente sviluppato da un punto di vista psicologico ed emotivo ma questo deriva probabilmente dal fatto che il punto di vista, nel libro, è quello del piccolo Joseph che vede il fratello come un riferimento, forte e stabile; peccato che nel film il narratore sia esterno e la prospettiva non coincida più con quella di Joseph.

La trama può essere divisa in due parti: una prima che si concentra sul viaggio da Parigi a Nizza dove la famiglia si ritrova tutta unita e la tensione della guerra viene alleggerita da felici giornate al mare e promesse di non lasciarsi più. E una seconda parte in cui i Joffo sono di nuovo costretti a separarsi per via dell’uscita dell’Italia dalla guerra e l’arrivo dei nazisti a Nizza. Per poi concludersi con il ritorno-ritrovo nuovamente a Parigi, alla fine del conflitto, il quale chiude la ringkomposition.

Tournage Un sac de Billes

Per tutto il film, oltre al tema della fuga, si trova quello della solidarietà e dell’aiuto: sono tanti i francesi non ebrei che aiutano i due bambini. Un Sacchetto di biglie tende a creare un’atmosfera più positiva, meno apocalittica, rispetto a quella dei classici sull’olocausto. Racconta la storia di chi ce l’ha fatta, chi ha ritrovato i fratelli a Parigi dopo la guerra, chi è stato aiutato ma anche chi ha aiutato e una delle ultime scene si concentra proprio su questo. Joseph lavora distribuendo quotidiani per un filonazista, all’arrivo degli americani i francesi invadono la sua casa intenti ad uccidere lui e la sua famiglia ma il piccolo protagonista li ferma affermando che l’uomo ha, a lungo, protetto un ebreo, parlando ovviamente di sé stesso. La scena più emozionante di tutto il lungometraggio è quella che ritrae lo sguardo del giornalaio, non è dato sapere se l’uomo fosse al corrente dell’identità del suo piccolo aiutante: è il pubblico, insieme a Joseph, a dover decidere se i suoi occhi nascondano gratitudine o stupito disprezzo.

Personalmente, opto per la prima opzione e credo che il vero significato del film sia racchiuso proprio in questa immagine. Anche chi si dichiarava nazista in fondo voleva salvare un bambino innocente. Durante la Shoah non ci sono stati solo rari grandi Schindler ma molti, a modo loro, hanno aiutato perchè tutti si lasciavano, e tutti ci lasciamo, corrompere dalla paura ma nessuno può dimenticare la propria umanità.


Pubblicato

in

da

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *