1:41 di Marek Stoklosa.
Sono 101 i secondi che la sedicenne Zu ha calcolato come i soli liberi dagli impegni quotidiani e nei quali può vivere appieno la vita. Così dopo la scuola si incontra con Antek, un suo amico. Tra di loro non succede nulla di particolare: si divertono con lo skateboard, ogni tanto guardano il cellulare, chiacchierano e vivono.
Questi 101 minuti di vita vera sono raccontati nel corto del regista polacco Marek Stoklosa presentato al Festival del Cinema Città di Spello, 1:41.
Il corto in sé è piacevole e coinvolgente, ma bisogna sinceramente sottolineare come il messaggio sia alquanto banale. Forse è proprio il punto di vista di Zu a indicare questo messaggio, e in tal modo sarebbe interessante il gioco di prospettive. È tipico dell’adolescenza riflettere sulla vita in una maniera che sembra profonda ma, in verità, non lo è.
Non è vero che si hanno solo cento minuti di vera vita al giorno. È una forzatura che personalmente mi trova contrario. Soprattutto durante l’adolescenza la scuola non può essere esclusa dalla vita. Non stiamo parlando di un alienante lavoro in una fabbrica, ma di un momento della giornata in cui si interagisce con i compagni, i professori e più in generale con la realtà. I cento minuti di vita, somigliano più a cento minuti di libertà, in cui Zu può, giustamente, fare quello che le pare.
La sua vera vita non si svolge in quei solo cento minuti. Ne sono una piccola parte. Solo assumendo il suo punto di vista si può accettare l’inconsistenza del resto della giornata. Crescendo rimpiangerà le mattinate in classe, ricorderà le battute scambiate nei corridoi e le ansie profonde prima di una verifica. Zu si accorgerà sicuramente che quei cento minuti di libertà, dopo tutti gli impegni della giornata, saranno un altro meraviglioso tassello di quello che è un puzzle sicuramente più complesso.
La vita non dura cento minuti al giorno. Fortunatamente.
Lascia un commento