Intervista a Giorgio Gallione – Il calcio e le nuove generazioni

Intervista di Emanuele Carosi a Giorgio Gallione sul rapporto tra il calcio e le nuove generazioni.

L’occhio mi cade sullo scaffale pieno di libri di Giorgio ed in particolare su di un libro che lessi molto tempo fa: Io e te, di Niccolò Ammaniti. Ecco, Gallione dà l’idea di essere un uomo che legge qualsiasi cosa gli passi fra le mani e infatti, oltre al sopracitato, la sua intera stanza è cosparsa di libri di ogni genere. Ed è proprio da essi che trae spunto per i suoi spettacoli. Come un chirurgo molto esperto, viviseziona le opere e ne estrae dei racconti che andranno poi a creare l’ossatura per il copione. Il segreto (ci rivela nel corso dell’intervista) è saper far tesoro di ciò che si legge e riadattarlo  a seconda delle nostre esigenze. Io e te è un libricino di poche pagine, con racconti molto brevi, che mischia immagini molto cruente ad una narrativa molto semplice; allo stesso tempo, però, crea nel lettore dei profondi momenti di riflessione. Immagino dunque che come Ammaniti, il nostro regista parta da elementi apparentemente semplici per arrivare a qualcosa di più profondo; qualcosa che sappia divertire senza cadere nella banalità. Ed è proprio ciò che è riuscito a fare nel suo spettacolo: Tango del calcio di rigore. Saper affrontare un argomento così vasto come quello del calcio senza cadere in toni caricaturali è un’operazione estremamente complessa e che richiede una sorta di “visione periferica” di questo sport. Spinto dalla curiosità allora, gli rivolgo la mia domanda.

CAROSI: Lo sport è, per sua definizione, condivisione di alcuni valori fondamentali della nostra società come: rispetto, altruismo, competizione leale e via dicendo. Alla luce di ciò che è diventato il calcio moderno, è lecito secondo lei incoraggiare le nuove generazioni a questa attività?  Considerando il fatto che anche chi non pratica questo sport a livello professionistico si ritrova ad essere una ruota di un ingranaggio ormai corrotto; un ingranaggio alimentato dal denaro e da una serie di operazioni strategiche che hanno trasformato un “gioco” in un enorme business (mi riferisco per esempio al merchandising senza freni, al giro di scommesse ed agli sponsor plurimilionari…).

GALLIONE: È una questione di scelte. Se il Curling avesse un’attrazione mediatica superiore a quella attuale e dunque anche un maggior business alle sue spalle, si riproporrebbe lo stesso scenario. Il problema non è il calcio. La verità è che questo sport, in Italia e nel resto del mondo, veicola una serie di atteggiamenti che non corrispondono ai suoi valori originari. Non voglio entrare in merito a discorsi che non sono in grado di fare, ma negli ultimi venti anni abbiamo assistito ad una rapida perdita di fede: prima c’era la fede nella religione, in seguito l’identificazione con un’ideologia politica… Ed ora? Ciò che è rimasto è un individualismo sfrenato ed il bisogno di un qualche elemento aggregante. Come dei gorilla, troviamo questa aggregazione nel tifo organizzato e nella difesa della propria squadra, della propria città. Questo campanilismo, che da un lato può essere anche utile nella preservazione dell’identità regionale, ci porta a creare degli schieramenti: io genovese ma tifoso della Sampdoria, tu genovese ma tifoso del Genoa, io tifoso del Napoli tu della Juve; ed ecco che anche le persone intellettualmente più valide regrediscono allo stato animale. Personalmente sono estraneo alle storie di derby, alle rivalità calcistiche e all’odio da Curva; ma ho un figlio di venticinque anni che ho accompagnato quasi tutte le domeniche al campo e fortunatamente sono uscito da poco dal tunnel del padre-tifoso. Io ho sempre giocato in strada o in oratorio, con un pallone scadente e con mio padre che mi avrà visto giocare una o due volte in vita sua. Oggigiorno però non si gioca più in strada e gli scontri in piazzetta si sono spostati nei campi da calcetto inutilizzabili, se non previa prenotazione. Quando perciò mio figlio decise di voler giocare a pallone, io e sua madre ci rivolgemmo ad una delle tante società calcistiche, le quali in forma più o meno intelligente o più o meno animalesca ricostruiscono tutte le metodologie e gli atteggiamenti del calcio dei grandi. Tutto ciò è estremamente condizionante sia per i genitori che per i figli; tant’è che mi sono ritrovato ad urlare contro un arbitro che aveva fischiato un fallo contro mio figlio e a pensare immediatamente a cosa diavolo stessi facendo. Non solo stavo gridando contro un ragazzo molto giovane, ma allo stesso tempo non stavo dando un giusto esempio alle future generazioni. È un giorno che ricorderò per tutta la vita e da quel momento infatti non ho più aperto bocca durante le partite di mio figlio. Ogni Dottor Jekill ha il suo Mr. Hyde e nel calcio questa ambivalenza è molto marcata. Anche nel mio spettacolo, per esempio, ho inserito due maschere metafisiche che, oltre agli altri significati, tendono un po’ a sottolineare questa doppia personalità che si cela dietro ad ogni appassionato del Futbol…

CAROSI: Un ulteriore curiosità; è difficile creare uno spettacolo sul calcio senza conoscere cosa si prova ad essere un tifoso, perciò le chiedo: tifa qualche squadra? Magari il Genoa?

GALLIONE: Si, io sono un tifoso ma non del Genoa, anzi…

CAROSI: Un convinto Sampdoriano allora?

GALLIONE: In realtà sono il tifoso della peggior specie, sono Juventino.

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