La comicità di Francesco Nuti nasce in un periodo di grande vitalità. Fra gli settanta e ottanta sorgono in Italia, come spinti da un’ondata di cambiamento, attori, cabarettisti e comici che in un certo qual modo stravolgono definitivamente la stagione precedente della risata.
Sordi, Manfredi, Tognazzi, Pozzetto, sono già il passato: la svolta arriva negli ultimi anni del ventesimo secolo e da ben tre località diverse delle stivale. Nella Napoli di fine anni settanta spunta il trio comico della Smorfia, capitanata da un giovanissimo Massimo Troisi. A Roma, grazie al programma televisivo Non Stop, viene fuori Carlo Verdone. Non a Firenze, bensì a Prato, c’è Francesco Nuti e i due suoi colleghi Alessandro Benvenuti e Athina Cenci, con i quali forma il gruppo dei Giancattivi.
Nuti è, a differenza degli altri due, trasportato da un’aurea toscana legata agli Amici Miei e ad altri, che dopo il periodo teatrale, in giro per l’Italia, so sofferma su un cinema proprio e personale. Il cinema di Nuti è, così come per Verdone e Troisi, auto-gestito. Non sono più solo comici ma anche sceneggiatori, registi e attori. Questo fa sì che il cinema arrivi allo spettatore nella maniera più genuina possibile.
Nuti è uno straordinario regista e comico: grazie a tale libertà ha avuto la possibilità di raccontare le problematiche più nascoste. Ha potuto raccontare se stesso, la vita di provincia e, soprattutto, cosa vuol dire essere toscano, uomo e italiano in un periodo di forte cambiamento. Usa il dialetto perché quello ha a disposizione, avvicinandosi ad un sentimento univoco e reciproco. Racconta la vita del provinciale, o di quello nato in una piccola realtà ma in qualche modo la rende una cosa seria, risibile ma vera per tutti.
Nella sua filmografia, tantissime le opere che vengono subito in mente quando si pensa a Nuti, ma quattro i veri trionfi.
Madonna che Silenzio c’è stasera (1981)
Trionfo al cinema di Nuti dopo l’esperimento assieme ai Giancattivi con Ad Ovest di Paperino. Ora Nuti è solo, sebbene non ancora un regista autonomo. Ne scrive comunque la sceneggiatura. Diretto da Maurizio Ponzi, Madonna che silenzio c’è stasera è una tela ancor poco sofisticata, rozza ma pur sempre divertente dell’Italia dei primi anni ottanta.
Francesco, un giovane disoccupato lasciato dalla fidanzata Maria, passa una giornata a cercare un lavoro nella Prato di prima della Rivoluzione d’Oriente. Sul suo cammino, da casa all’azienda tessile dove lavorava il padre, incontra una sfilza di personaggi grotteschi che lo mettono sempre più in difficoltà e mettono in difficoltà il suo quieto vivere.
Incontra “il magnifico”, tessitore amico del padre che consiglia il giovane Francesco su come debba impiegare suo tempo e vivere felicemente: o sposti la chiesa, o vai in Perù o vinci al Totocalcio. C’è poi il signore che da indicazioni stradali ma finisce sempre col ritrovarsi nella bottega del fratello di quest’ultimo. Fa poi conoscenza di un ragazzino un po’ teppista e infine partecipa a uno strano concorso canoro che vince cantando la famosa Puppe a pera.
Ci si avvicina alla prima fase ideologica del Nuti. La perdita di certezze o il sospetto di non averle mai avute. Nella sfilata di mostri che sembrano uscire da un racconto di Dickens, Francesco è un giovane non ancora pronto per diventare adulto. E le donne, i fidanzamenti rotti e i possibili nuovi flirt, restano per lui un punto fisso. Quello dell’amore non corrisposto, della separazione o della ricerca di capire l’amore e donne: tematiche alle quali Nuti resterà legato anche nei film successivi.
Una fugace ma sempre comica ed esilarante comparsa di Novello Novelli: caratterista toscano già apparso nel primo film e che continuerà a lavorare con Francesco, con il quale stringerà un forte rapporto di lavoro e amicizia.
Io, Chiara e lo Scuro (1982)
Grande appassionato del gioco del biliardo, nel 1982 la vera comicità di Francesco esplode con un film che resterà negli annali. Diretto ancora da Maurizio Ponzi, Io, Chiara e lo Scuro racconta la storia di Francesco Piccioli detto “toscano”: un giovane maitre d’hotel con la fissa del biliardo all’italiana.
Una sera, nel locale dove si allena, conosce Marcello Lotti, detto “Scuro”: altro virtuoso del biliardo. Sfida lo “Scuro” giocandosi un caffè corretto, ma quando riesce a batterlo fra i due si scatena un duello infinito che porterà Francesco a perdere più volte e a rubare sul posto di lavoro per poter pagare i debiti e continuare a chiedergli la rivincita.
Nello stesso tempo conosce Chiara, una sassofonista che abita nel suo stesso palazzo. A poco a poco fra i due nasce un sincero rapporto che comunque farà nascere in Francesco il grande dubbio: continuare a sfidare lo “scuro” o smettere di giocare? Nella sfida finale tra lo “scuro” e Francesco, quest’ultimo dovrà decidere cosa farne della sua vita.
Film più serio, maturo e personale. Nuti è sempre dilaniato fra due problematiche: l’amore per una ragazza e la voglia di un riscatto. Nelle sue storie Nuti usa la classica strategia del racconto moderno, mettendo a dura prova il protagonista con un primo confronto. Poi c’è la sfida, la missione da compiere, i sentimenti e la scelta finale durante la quale lo scontro è più con se stessi che contro un nemico comune.
Giuliana De Sio nei panni di Chiara, il vero giocatore e nove volte campione di biliardo Marcello Lotti nel ruolo dello Scuro e di nuovo Novello Novelli in quello del “merlo”. La passione di Nuti per tale gioco, si ritrova in due opere successive: Il Signor Quindici palle e Casablanca, Casablanca.
Tutta colpa del paradiso (1985)
Da scapolone qual’è nei film precedenti, il mitico Nuti si ritrova ad essere padre in Tutta colpa del paradiso. Ora alla sua seconda prova da regista dopo Casablanca, Casablanca.
Uscito di prigione dopo cinque anni per rapina a mano armato, Romeo Casamonica si ritrova solo. Nessuno è andato a prenderlo. Non ha più una casa, perché dove abitava appartiene agli americani ora, e il suo garage è invaso da punk. Deciso a rintracciare il figlioletto Lorenzo, Romeo s’imbatte nella severa direttrice dell’orfanotrofio, la quale non intende rivelargli i nomi dei genitori né dove abitano. Tuttavia Romeo riesce a scoprire che Lorenzo è stato portato in Valle d’Aosta, nella Val d’Ayas: nella baita di montagna chiamata “Paradiso”.
Ospitato dalla coppia, Romeo non rivelerà mai la sua vera identità e il legame di sangue fra lui e il bambino, fino a quando la direttrice non arriva a far visita a Lorenzo e alla sua famiglia.
Nuti si prende più sul serio, contrapponendo alla vita sbandata di prima della prigionia, un sentimento paterno, una nuova via di fuga e un modo per fare qualcosa di buono. Più che un rapporto tra padre e figlio, il regista preferisce sempre descrivere il rapporto adulto-bambino come un’amicizia senza fine e ostacoli: un po’ alla pari, anche se alla fine la scelta giusta e seria spetta a Romeo.
Con Ornella Muti, Roberto Alpi, Laura Betti e l’onnipresente Novello nei panni dell’albergatore.
Caruso Pascoski di padre polacco (1988)
Dramma ironico, grottesco e demenziale della vita di coppia e della terribile esperienza matrimoniale. Capolavoro assoluto del Nuti che in questo caso da tutto se stesso creando battute ormai iconiche e sketch incommensurabili: da schiantarsi dalle risate.
Sin dall’infanzia il piccolo Caruso Pascoski è attratto da Giulia. Dalla scuola elementare fino a tutto il periodo adolescenziali in cui si inizia a scoprire un po’ più se stessi e il proprio corpo, il pensiero di averla un giorno non lo abbandona. Alla fine si sposano ma qualche tempo dopo Giulia, per un motivo imprecisato, abbandona Caruso il quale, disperato, si rifugia nell’alcol e nella costante riflessione del perché lei lo abbia lasciato.
Sebbene sia uno psicanalista, Caruso non può non pensare ai suoi problemi. Quando viene a sapere che Giulia si è fidanzata con uno dei suoi pazienti, deve intervenire, e a modo suo.
La scena della lunga sfilata di pazienti nel suo studio con Barry White in sottofondo è memorabile. Ancor più memorabile è la scena dell’arresto, o meglio le scene dell’arresto, dove c’è un pimpante Novello Novelli nei panni del poliziotto. E poi la sequenza al supermercato o quella con il barista pazzo. Più che un racconto di vita di coppia, Caruso Pascoski è un ulteriore descrizione dell’incapacità di capire il gentil sesso da parte degli uomini, con tutti i mostri che Nuti vede e che non può non citare: dal bambino che mangia la foto della madre o della grassa paziente ninfomane.
Con Clarissa Burt, Ricky Tognazzi, Antonio Petrocelli e Carlo Monni.
Gli anni ottanta furono per Francesco Nuti il periodo di più immenso splendore. Sebbene il rapido tracollo dopo gli anni novanta, la sua comicità è rivoluzionaria e nonostante tutti questi anni nessuno è riuscito ancora a prendere il suo posto.
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