Lina Wertmüller – L’Oscar alla carriera e i cinque capolavori

A novantuno anni suonati, Lina Wertmüller sarà la prescelta dall’Italia ad aggiudicarsi un Oscar onorario alla carriera. Nonostante l’Academy arrivi quasi sempre all’ultimo -se aspettavano ancora qualche annetto, speranze ne sarebbero rimaste poche- da cinefili, ma soprattutto da italiani, non possiamo che essere contenti da questa inattesa notizia. Tant’è che anche in questo caso vale sempre la regola del “meglio tardi che mai”.

E infatti la grande regista classe 1928, dal lunghissimo cognome, così come lunga e straordinaria è stata la sua carriera, ne resta molto stupita da questa sorpresa. Dopo le 4 nomination nel 1977 per Pasqualino Settebellezze, Oscar andato poi a Bianco e nero a colori di Jean-Jacques Annaud per il miglior film straniero, stavolta Wertmüller lo accetta senza protestare.

Ecco che Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, nota come Lina, entra nell’universo hollywoodiano dopo tante opere indimenticabili e con il suo modo molto personale di fare cinema.

Ma quali sono i suoi film più belli? Una notizia come quella della nomination, non può che farci pensare. Ecco la lista dei cinque film diretti da Lina Wertmüller che bisognerebbe sempre guardare: ora più che mai.

Pasqualino Settebellezze (1975)
Considerato il suo capolavoro, e difatti, riguardandolo, ci si accorge di quanto sia forte questo film. La pellicola racconta la storia di Pasqualino Frafuso, napoletano, detto Settebelezze per i suoi modi molto chic e aristocratici. Sebbene provenga da una famiglia povera, composta dalla madre e una miriade di sorelle che lui cerca sempre di mantenere pure, come il suo onore, Pasqualino passa gli anni della dittatura fascista alla ricerca di diventare un uomo rispettabile, temuto e degno di rispetto.

Tuttavia, uno screzio con la sorella e il pappone di quest’ultima, porta il protagonista ad uccidere quest’uomo, finendo in galera e poi, dopo essersi finto matto, in manicomio. Ma anche in manicomio la vita non è facile e dato i suoi comportamenti, gli offrono due condizioni: manicomio criminale o la guerra. Pasqualino non ci pensa due volte, e convinto che sia una passeggiata, si arruola.

Dopodiché, sul finire del conflitto, viene imprigionato dai tedeschi e rinchiuso in un campo di concentramento. Qui conosce la vera miseria, il terrore quello più esplicito, la paura di non arrivare al giorno dopo, e la stanchezza per un’umanità al limite della follia.

Il film è un andirivieni di passato e presente, dagli anni del guappo spensierato, a quelli dell’uomo spinto da un irresistibile voglia di vivere difronte alla bestialità del lager, fino al ritorno. Forse è proprio quel ritorno che fa di Pasqualino un uomo vero, vivo e qualunque.

Con un Giancarlo Giannini a dir poco straordinario e musiche di Nando De Luca ed Enzo Jannacci.

Mimí Metallurgico Ferito nell’onore (1972)

L’operaio siciliano Carmelo Mardocheo detto Mimì (Giancarlo Giannini), dopo aver rifiutato di dare il suo voto ad un mafioso, è costretto ad emigrare a Torino per cercare lavoro e mantenere la famiglia. Spinto dall’amore verso la giovane comunista Fiore (Mariangela Melato) diventa comunista. Fiore gli darà un figlio ma al suo ritorno a Catania scopre che la consorte lo ha tradito con il brigadiere napoletano Finocchiaro
Deciso a vendicarsi, Mimì corteggia all’infinito la grassa moglie del brigadiere fino a possederla e compiere la tanto sperata vendetta. Tuttavia la faccenda si complica quando il brigadiere rimane ucciso e la colpa ricade su Mimì il quale viene arrestato e portato in prigione. Al momento della sua uscita dal carcere, Mimì è un uomo costretto a mantenere non più solo la moglie fedifraga e l’amante ma ora anche la moglie di Finocchiaro e i suoi figli. Per poter avere una situazione economica più stabile e sicura, Mimì diventa un galoppino della mafia.

Presentato alla 25° edizione del Festival di Cannes, Mimì metallurgico ferito nell’onore è un film sociale, politico e ricco di scene memorabili: una fra tutte, la famosa sequenza del tradimento fra Mimì e la signora Finocchiaro (Elena Fiore). Primo film in cui compare la coppia Giannini/Melato.

Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974)
Film che segna davvero la punta di diamante per la coppia Giannini/Melato che in questo momento danno il meglio di sé, in un’opera epica a suon di schiaffi.

Il pescatore siciliano Gennarino Carunchio e la ricca borghese settentrionale Raffaella Pavone Lanzetti, anticomunista, si ritrovano dopo una tempesta sperduti prima in mare e poi su un isola deserta. Lontani dallo yacht dove la donna passava le vacanze e dove Gennarino lavorava, i ruoli si ribaltano.

Gennarino riesce ad avere il controllo sulla donna che, nel frattempo, viene trattata come schiava. Due opposti e due mondi diversi che all’improvviso si scontrano. Dopo una scena di soli inseguimenti e schiaffi, i due vengono improvvisamente travolti da un’attrazione sessuale e reciproca che li porta a diventare amanti. Fino a quando non vengono ritrovati e riportati ciascuno alla vita che faceva prima.

Un successo sia di pubblico che di critica che sarà omaggiato da un remake nel 2002 diretto da Guy Ritchie con Madonna e Adriano Giannini.

Sabato, Domenica e Lunedì (1990)
Dall’opera teatrale di Eduardo De Filippo, Sabato, Domenica e Lunedì è un’opera sui costumi napoletani con Sofia Loren, Luca De Filippo, Pupella Maggio, Enzo Cannavale, Luciano De Crescenzo e moltissimi altri importanti interpreti del cinema e del teatro partenopeo. Tra cui una giovanissima Alessandra Mussolini, prima di aver capito che effettivamente c’era una certa parentela.

Lina Wertmüller, Sabato domenica e lunedì
Sabato, Domenica e Lunedì di Lina Wertmüller

Commedia nel più puro stile eduardiano la cui storia ruota attorno alla lenta e rituale preparazione del ragù napoletano. Una ricetta che, per l’appunto, dura ben due giorni, durante i quali ne succedono di cotte e di crude nella famiglia di Don Peppino Priore. Il lunedì è il giorno in cui ci si riappacifica e quando tornano a tacere i malcontenti.

Una delle tante rivisitazioni della commedia di Eduardo. Forse una delle più belle e riuscite.

Io speriamo che me la cavo (1992)
Film che ci regala una delle più belle e drammatiche interpretazioni di Paolo Villaggio, che qui lascia il ruolo comico di Fantozzi per quello più serio e istituzionale del maestro di scuola elementare Marco Tullio Sperelli.

Quest’ultimo, trasferito per errore a Corzano vicino Napoli, e non Corsano in Liguria, viene a conoscenza della vera Napoli e della vera napoletanità: quella dei bassi fondi, della povertà, della camorra e delle istituzioni che sono in combutta con essa.

Vive Napoli e la Campania attraverso gli occhi dei bambini della sua classe: già maturi per andare a scuola ma troppo giovani e innocenti per lavorare e per risolvere gli errori dei genitori. Dopo i primi tempi di nostalgia da casa e di spaesamento, come spinto da una missione personale, o una battaglia sociale, Sperelli decide di rimanere per aiutare i suoi alunni. Salvo alcuni ostacoli.

Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller
Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller

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