Prendete posto, mettetevi comodi, aspettate che lo schermo si accenda e poi iniziate a tirargli contro i pomodori.
E’ questo, in parole spicciole e poco romanzate, il senso che la maggior parte della critica vuole trasmettere nei confronti della nuova stagione di Black Mirror.
“Cos’è successo, Charlie?” scrive Rolling Stone nella propria recensione, esprimendo tutto il disappunto per questi nuovi tre episodi. Cosa che da un giornale del calibro di Rolling Stone non mi sarei mai aspettata, un articolo ben scritto naturalmente, ma che non è riuscito ad afferrare il senso di questa nuova stagione.
Ad essere onesti, ci sono altri articoli che esprimono il proprio rammarico per questo gioiellino ormai rovinato, poche sono le lance spezzate a favore.
E’ vero, Black Mirror non è più il Black Mirror dei primi tempi ma non sono del tutto convinta che questo sia un male. Un po’ di restyling, un po’ di innovamento e cambiamento credo che fossero necessari per la sopravvivenza stessa della serie, per non cadere nella monotonia, per non diventare del tutto scontata e banale.
Sicuri che sarebbe più apprezzabile se avesse continuato a muoversi sullo stesso, identico, lineare filone?
Molti potrebbero prendere queste mie parole come un’arrampicata sugli specchi ma vi giuro che sto parlando con cognizione.
Andiamo ora ad analizzare nel dettaglio i singoli episodi. Attenzione, contiene spoiler.
1) Striking Vipers
Karl e Danny sono amici da una vita, una di quelle amicizie forti ed indissolubili, sebbene si incontrino in media una volta all’anno, in occasione del compleanno di Danny . E’ qui che Karl regala all’amico la nuova versione di “ Striking Vipers”.
Fresco di uscita, è questo il videogioco che ha segnato la loro vita giovanile, con il quale hanno trascorso migliaia di notti insonni, prima di piombare nella vita adulta e delle responsabilità. E’ un tuffo nel passato, un biglietto diretto per gli anni della spensieratezza. Il gioco, con il passare del tempo, si è evoluto permettendo di vivere un’esperienza virtuale a 360°, un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, qualsiasi senso.
Ed è così che alla fine di una partita, Danny e Karl, nei rispettivi panni di Lance e Roxette, si ritrovano a fare sesso. Il miglior sesso della loro vita, come affermeranno anche loro, di cui non riusciranno più a farne a meno. Danny è turbato, inizia ad interrogarsi sulla propria sessualità e i rapporti con la moglie Theo iniziano a freddarsi. Theo si sente trascurata, il marito la ignora, non la tocca più, troppo preso dalla sua nuova vita sessuale virtuale.
E’ qui il fulcro di tutto l’episodio. E’ vero, Karl e Danny ne sono i protagonisti, ma la loro relazione non è il centro della riflessione. Protagonista diventa quindi Theo e le sue emozioni,il suo sentirsi abbandonata,chiara impersonificazione sentimentale dei danni da videogame all’interno delle relazioni. Sì,potrebbe sembrare trito e ritrito, ma è comunque un problema ancora attuale, che ci interessa, è per questo che ha ancora senso parlarne.
Tuttavia l’episodio, onestamente, mi ha lasciato un po’ perplessa. C’è un assunto di fondo che non funziona. Perché vi è tutto questo libero arbitrio all’interno di un gioco? Perché è permesso di fare sesso? Non dovrebbero esistere degli algoritmi precisi per regolare le funzioni,ci si potrebbe allora benissimo organizzare per fare un attentato,oppure incontrarsi con altri utenti ed organizzare una nuova civiltà del tutto virtuale,se si è davvero liberi come nella vita reale.
Perplessità personali a parte,la riflessione che questo offre è davvero interessante. Resta il tema della dipendenza da videogiochi e l’impatto negativo che questo ha nella vita reale e,cosa ancora più rilevante, di come il sesso virtuale possa rovinare le relazioni reali. Esistono già chat, app e sexting e perché no? Un giorno magari esisteranno applicazioni talmente avanzate da permettere di avere rapporti e provare le stesse identiche sensazioni senza nemmeno sfiorarsi. E qui si inserisce un altro topic fondamentale che sbarca nel campo del morale.
E’ questa una nuova forma di tradimento?
Quesito che si pongono già i due protagonisti all’interno del film, arrivando a conclusioni diametralmente opposte.Se in un futuro tutto ciò fosse davvero possibile, come ci sentiremo nei confronti di un nostro ipotetico partner reale? Cambierà il concetto di fedeltà,onestà e di morale? Andremo più in cerca di contatti umani fatti di carne ed ossa o ci isoleremo del tutto, accontentandoci di vivere nella virtualità?
L’episodio ci lascia quindi con domande importanti, alle quali, ancora, non sappiamo bene come dare risposta. La narrazione scorre piacevole, la trama è avvincente, non ci si annoia nemmeno per un secondo. Ben fatto Charlie Broker.
Voto : 7
2) Smithereens
Leggendo la trama fornita da Netflix, a primo acchito,sembra di trovarsi davanti all’episodio più banale e forse noioso della stagione, salvo per poi rivelarsi il più interessante in assoluto. Un uomo, che si scoprirà essere un’ex insegnante in rovina, rapisce un impiegato di un’azienda produttrice di app, con il solo scopo d’attirare l’attenzione per poter parlare con il dirigente dell’azienda stessa. Detta così non sembra minimamente un prodotto degno di Black Mirror. Eppure, eppure, l’anima di Black Mirror si concentra tutta qui. E’ una dichiarazione questa. La dichiarazione che il futuro è adesso, anzi, è già passato. Bello infatti notare come l’episodio sia ambientato nel 2018, nel passato quindi, sebbene si tratti di un solo, innocuo, anno.
Non può essere una coincidenza,no. La data d’uscita di una stagione viene sempre programmata con largo anticipo, quindi, no, non è una coincidenza o un errore, non hanno scelto quell’anno per poterla ambientare nel presente, supponendo che sia stata interamente girata nel 2018, ma al contrario, l’uso del passato, in una serie che ha sempre parlato di futuro, è decisamente e fortemente voluto.
E’ una dichiarazione: Siamo già inoltrati nel futuro.
Forse è proprio questo che manca principalmente agli affezionati di Black Mirror: tecnologia e futuro. Ma bisogna abituarci all’idea che ormai il futuro è qui, che i primi episodi sono usciti nel 2011 e che il 2011 era otto anni fa. Otto anni nel mondo digitale sono davvero molti, è dunque comprensibile che Black Mirror abbia perso quella sua proiezione futuristica e marcatamente catastrofica, perché non c’è più bisogno del futuro e non c’è più bisogno di calarsi nel fantascientifico per generare la paura della tecnologia. Non ce ne era bisogno nemmeno nel 2011, ma dopo gli scandali sulla protezione dei dati, la privacy e tutti i casini che sono venuti fuori negli ultimi tempi, ora è tutto più palese.
Due sono i temi trattati all’interno dell’episodio: uno riguarda proprio la problematica dei dati e della privacy e l’altro, invece, più romantico ed umano: il rimorso dovuto dalla distrazione, una distrazione figlia della dipendenza tecnologica.
Episodio che svela storia ed umanità dietro la follia con un’avvincente gradualità, portando a provare pena ed empatia per quel povero protagonista che ha perso tutto per una distrazione, “ per un like”. E poi sorge naturale rivolgere uno sguardo a se stessi, perché chi è che non ha mai usato il telefono alla guida?
Chi è che quindi non ha mai messo in pericolo la propria vita per guardare un post su Instagram o rispondere ad un messaggio su Whatsapp? E’ vero, può sembrare banale anche questo, siamo consapevoli del pericolo, ci sono ventimila pubblicità, potrebbe protestare qualcuno, ma se ne fossimo veramente consapevoli, staremmo più attenti. Quindi, sebbene il tema possa sembrare ormai superato, non lo è affatto e un remainder in più, visivo e potenzialmente reale, non guasta. Magari questo episodio ci può aiutare a stare più attenti la prossima volta, forse, prima di prendere il cellulare alla guida, penseremo proprio a queste immagini. Allora, a quel punto, trattare un tema apparentemente così scontato, banale e noioso, si rivelerà tutt’altro che inutile.
Inoltre, bellissimo il parallelismo tra le indagini svolte dalla polizia e quelle dell’azienda produttrice stessa. Qui sta il vero brivido tecnologico tipico alla Black Mirror. Ciò che la polizia ricava muovendosi per steps, interrogando persone e scovando prove, l’azienda lo trova con un semplice click, rimanendo comodamente seduta nel proprio ufficio. La nostra vita può benissimo essere ricostruita tramite i social, chi siamo e chi eravamo, cosa facciamo e cosa facevamo, dove siamo, dove andremo, cosa ci piace e ci piaceva. Abbiamo servito tutto su un piatto d’argento senza nemmeno rendercene conto. E’ vero, se da un lato potrebbe essere utile per eventuali indagini giudiziarie, dall’altro potrebbe essere rovinoso per la vita privata di qualsiasi individuo. Non è un segreto che i datori di lavoro spulcino i nostri social prima di assumere, ma è davvero giusto che altri possano determinarci mediante informazioni prese dal web? E’ giusto che terzi possano utilizzare queste info a loro piacimento? Quanto può essere pericoloso tutto ciò?Quanto può ritorcersi contro di noi?
Già, anche questo apparentemente è un tema scontato, ma, come già detto prima, finché ce ne freghiamo e non prendiamo consapevolezza in modo reale dei rischi che corriamo, parlarne non risulterà mai inutile.
Piccola chicca: finale aperto, Chi avrà colpito l’agente? Chi sarà morto,il buono o il cattivo? Non si sa e nemmeno ha importanza.La notizia passa via media, la si guarda per un secondo e poi si torna tranquillamente alle proprie cose, poche brevi istantanee fin troppo eloquenti: la vita umana, qualsiasi vita umana, conta soltanto uno sguardo disinteressato sul cellulare. Azzeccatissima “ I Can’t take my eyes off you” di sottofondo.
Voto : 9
3)Rachel, Jack e Ashley Too
Devo darne atto, l’episodio meno riuscito di questa stagione, noioso oserei dire, ma con un buon spunto di riflessione. Paradossalmente è l’episodio più futuristico eppure il meno acclamato. E’ vero, si lascia spazio più al teen drama e alla trama tipica composta da protagonista, antagonista, spannung, scioglimento e finale(positivo in questo caso), rispetto alla classica impronta tipica alla Charlie Brooker. Tuttavia, a fine episodio, ho potuto comunque trarre le mie conclusioni tecnologiche, ciò significa che Black Mirror ha comunque svolto il suo lavoro.
Tema centrale è l’ossessione di Rachel per la sua idola Asheley O, e per la sua mini versione elettronica “Ashley Too”, una bambola che promette di diventare come una migliore amica, portando già la poco socievole Rachel ad isolarsi ancora di più dalle interazioni umane.
Il film prende piglio quando la piccola bambola viene a conoscenza, tramite la tv, di quello che è successo alla vera “ Ashley O”, caduta in coma dopo un’intossicazione da farmaci architettata dalla zia e manager di questa e fatta passare per un’allergia ai crostacei. Con la vera Ashely O fuori gioco, un’Ashley che iniziava a sentire il peso della fama e che desiderava dare una svolta alla sua vita e carriera, la zia, tramite supporti tecnologici, può continuare a far esibire la nipote, tramite riproduttori vocali, sistemi in grado di catturare i pensieri della cantante e tramutarli in musica e il supporto di ologrammi.
Finchè Ashley non si sveglia, grazie proprio all’intervento di Ashley Too, che dopo la sconvolgente notizia appresa alla televisione, ha un cortocircuito che porterà le due sorelle a tentare di ripararla, liberando invece la coscienza della vera Ashley O. La bambola guiderà le due fino all’ abitazione della sé in carne ed ossa, riuscendo finalmente a svegliare la vera Ashley e a far venire fuori tutta la verità.
Sebbene certi marchingegni tecnologici non esistano ancora, la tematica è molto più attuale e controversa di quello che si possa pensare: la controversia sull’uso di ologrammi per riportare in vita le nostre amate star. Progetti simili sono stati già avviati per celebrità come Michael Jackson e Amy Winehouse. Ma è giusto riportarli in vita solo per lucrarci su? Non sarebbe meglio lasciarli riposare in pace e soprattutto, sarebbero d’accordo con tutto questo teatrino? Qui si va a ledere la dignità umana, il rispetto delle persone che non ci sono più, che non sono più in grado di decidere cosa farne di loro e della loro immagine,solo per venerare, come anche Ashley O canterà, “ Il dio denaro”.
La storia in sé per sé non mi ha molto coinvolta, ma il messaggio finale resta comunque.
Voto 5½
Questa nuova quinta stagione, quindi, si rinnova senza perdere la sua vera identità, senza tralasciare la propria volontà comunicativa. Ciò che probabilmente urta è la mancanza di un futuro buio ed ipertecnologico, in favore di un presente, apparentemente più blando rispetto agli scenari estremi a cui eravamo stati abituati.
Ma, attenzione, blando solo perché ci stiamo dentro,anestetizzati, senza la giusta capacità critica.
Tutto ciò rende questa stagione ancora più terrorizzante, poiché ci mostra un mondo spaventosamente reale. Non riusciamo a cogliere i pericoli tecnologici proprio perché ci stiamo già dentro, e quindi si tende a considerare la serie banale, dato che i temi risultano scontati e già passati.
Ci conviviamo già da un pezzo e quindi Black Mirror sembra perdere la sua vena creativa. E’ proprio questo che, invece, dovrebbe farci drizzare le orecchie, piuttosto che declassare la serie a qualcosa di scaduto.Vedere un terribile risultato tecnologico ambientato nel futuro piuttosto che nel presente, ci fa esaltare di più, permettendoci di dormire sogni tranquilli, tanto non ci riguarda.
Ma l’obiettivo di Black Mirror è sempre stato quello di illustrarci la tecnologia e le sue conseguenze, il futuro è sempre stato solo un palcoscenico. Per cui, sotto questo aspetto, la serie non si tradisce, lanciandoci però un nuovo messaggio: svegliamoci gente, siamo già nel futuro.
Che Black Mirror abbia inizio.
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