Josh Wheaton è una matricola del college di fede cristiano evangelica. Alla prima lezione di filosofia, entra già in collisione con il Professor Radisson, il quale, ritenendo Dio una superstizione, pretende che lo stesso pensino i suoi alunni. Josh non vuole rinnegare la sua fede, e il professore lo obbliga a presentare, nelle lezioni successive, delle argomentazioni a favore dell’esistenza di Dio.
Su queste premesse si sviluppa il film del 2014 di Harold Cronk, God’s Not Dead, tratto dall’omonimo romanzo di Rice Brooks.
Purtroppo, aggiungerei. Il film infatti è un prodotto di bassa lega, in tutti i sensi. Registicamente, con pessime scelte tecniche. Dal punto di vista narrativo, con una terribile confusione sul tempo della storia. Dal punto di vista della costruzione dei personaggi, ridotti a ridicole macchiette. E soprattutto per lo spaventoso impianto ideologico che si porta dietro.
God’s Not Dead non è infatti un semplice film con un protagonista che combatte per la propria fede, ma ambisce, o almeno così pare, a risvegliare un forte scontro ideologico.
Josh è il bravo ragazzo religioso e timoroso di Dio il cui sentiero è costellato di tranelli preparati da Satana in persona. Intorno a lui, il malvagio ateismo dei college americani. Josh interpreta la sfida del professore come una crociata e ci si dedica anima e corpo, sacrificando anche gli altri impegni universitari. Nemmeno la sua ragazza, nonostante sia fedele come lui, riesce a comprendere la sua cocciutaggine.
E allora tanto vale scaricarla subito no?
Josh si ritrova quindi da solo contro un professore di filosofia che sfrutta il suo ruolo per imporre l’ateismo sui suoi studenti. Un mostro. Così come tutti i miscredenti che appaiono nel film: una sequela di personaggi meschini, antipatici e supponenti. E ovviamente, con la tristezza nel cuore. Se odiano Dio è certamente perché la loro vita fa schifo.
Ci sono però anche altri personaggi positivi nel film. Non hanno mica lasciato Josh a combattere da solo. A sostenerlo ci pensa un parroco, che funge da guida spirituale a diversi personaggi del film. Inoltre, un ragazzo e una ragazza si stanno avvicinando a Dio nonostante l’avversità della famiglia. Lui, cinese, rischia di mettere nei guai il padre dirigente d’impresa nel paese del Dragone –e questa è forse una delle poche note di realismo e di denuncia motivata, mentre lei, musulmana, quando viene scoperta viene sbattuta fuori di casa.
L’immagine che il film ci propone di questo padre musulmano è qualcosa di veramente razzista. Non solo per il comportamento rappresentato, ma anche per la fisicità dell’attore, estremamente stereotipata: capelli crespi e naso grosso e adunco. La caccia al semita non va mai fuori moda a quanto pare!
La cosa più inquietante di tutto il film è però il finale. Il professore viene investito da un auto mentre da lì passa il parroco con un suo amico –che tra l’altro hanno la side story più inutile di sempre– e riescono a convertirlo in punto di morte.
“Quello che è successo oggi è una cosa bellissima”
Ma stiamo parlando seriamente? Fortunatamente è morto da cristiano, sennò sai che bel viaggetto di sola andata verso l’inferno. È questo il messaggio da trasmettere?
Prima dell’incidente, il professore ha avuto un crollo psicologico nell’ultimo dibattito con Josh, rivelando il motivo profondo del suo ateismo: la morte della madre. Il discorso di Josh è però totalmente illogico e costruito sull’unico argomento che la Bibbia è la fonte suprema e quindi quello che lì è scritto è inconfutabile. Ovvio. Altro che tutto la manfrina socratica sulla maieutica.
God’s Not Dead è pura propaganda d’odio ultrareligiosa, che ha il solo obbiettivo di isolare i fedeli dal resto della comunità, non all’altezza del popolo di Dio.
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