Il romanzo grafico (chiamato in inglese graphic novel) è un genere narrativo del fumetto in cui le vicende presentano la medesima struttura del romanzo, di conseguenza possiede una trama articolata ed uno spessore drammaturgico rilevante.
Igort, regista, fumettista e romanziere italiano, per il suo esordio al cinema decide di rappresentare sul grande schermo proprio la sua graphic novel più famosa: 5 è il numero perfetto.
Il film è suddiviso in vari capitoli e presenta delle analogie con Kill Bill, vero e proprio cult diretto da Quentin Tarantino ed interpretato dalla sua musa Uma Thurman. Igort realizza un’opera che riesce a coniugare il cinema orientale di Hong Kong con quello napoletano, palese fin da subito risulta infatti essere l’omaggio ai due celebri comici Totò e Peppino in quanto corrispondono ai nomi dei due protagonisti interpretati magistralmente da Toni Servillo (Peppino) e Carlo Buccirosso (Totò).
Servillo presenta delle assonanze con il Bogart di Casablanca e come al solito ruba la scena ai suoi colleghi interpretando un guappo in pensione che tramite l’ausilio del suo migliore amico Totò e della sua ex fidanzata Rita (Valeria Golino) cercherà di vendicare il figlio morto.
Valeria Golino è incantevole nell’interpretare la cosiddetta pupa del boss innamorata da sempre di Peppino e lo stesso Buccirosso se la cava egregiamente donando al personaggio sfumature da grande attore.
I due attori partenopei, veri e propri eredi dei fratelli De Filippo, mostrano un notevole affiatamento che contribuisce alla riuscita di questo noir napoletano che esce dagli schemi classici del cinema attuale per portare lo spettatore in una Napoli grigia e piovosa degli anni ’70.

Tra sparatorie, flashback e colpi di scena il ritmo della pellicola riesce ad essere incalzante per tutta la sua durata. Il curioso titolo del film deriva da una frase che diceva sempre un cugino di Peppino di nome Lino, esso asseriva che “5 è il numero perfetto” perché corrisponde a tutto quello che gli serviva per stare bene, ovvero due braccia due gambe e la sua faccia intendendo dire che era indipendente e non doveva render conto a nessuno delle sue azioni allo stesso modo di una tartaruga.
Il film è anche un vero e proprio affresco della Napoli pasoliniana di quegli anni in cui imperversava la criminalità organizzata. Igort inoltre non dimentica di omaggiare i “grandi” fumetti sui supereroi e molto ironicamente fa dire ai suoi protagonisti che i cosiddetti eroi mascherati sbagliano a scagliarsi sui cattivi in quanto la loro presenza nel mondo serve a mantenere intatto un certo equilibrio nel mondo.
Vi auguro buona visione congedandomi con le seguenti parole del filosofo greco Epicuro decisamente pertinenti col significato del film: “Il supremo frutto dell’autosufficienza è la libertà”.
Lascia un commento