Rione Moncioveta

Ha sfilato per voi il Rione Moncioveta – Thestral M15

Nella stesura degli articoli ho sempre cercato di rimanere il più imparziale e distaccata,ora, però, nello scrivere questa breve recensione sulla sfilata del Rione Moncioveta, mi risulterà impossibile non far trapelare quella mia inclinazione portellana, che mi porterà a dire quanto sta per seguire nella prossima riga, ovvero:

Ogni volta che mi appresto a vedere una sfilata del rione rosso ho una fottuta paura.

Già, perché si sa che fra il rione blu di Portella e quello di Moncioveta scorre una sana e competitiva inimicizia, quella di sapere d’essere ad un passo l’uno dall’altro e che anche una singola vittoria può ribaltare la classifica nel numero di pali vinti.

Perché ho paura? Perché i monciovetani sanno come si fa una sfilata, lo hanno sempre saputo ed ogni anno ce ne danno prova.

Quest’anno la piazza ha visto animarsi con una rappresentazione intitolata Thestral M15, una meraviglia, come sempre.

Il tema potrebbe risultare anche banale, “Ecco“, si potrebbe pensare, “la solita storia romantica, l’amore e la sua irrazionalità“, ma lo spettacolo fila via liscio e senza intoppi, tra carri spettacolari e recitazione impeccabile, che è impossibile, alla fine, non affezionarsi ai personaggi e alle loro vicende, fino a far scendere qualche lacrima inutilmente trattenuta sul finale.

La storia si apre in un posto desolato, un faro affacciato sul mare, che, tra l’altro, rappresenta la scenografia fissa del rione. Il garrito dei gabbiani e le onde del mare che si infrangono sugli scogli accolgono due strani personaggi, che, si scoprirà in seguito, essere degli scienziati. Sono giunti fin lì per esaudire l’ultimo desiderio del signor Sirius, ormai in fin di vita, e lo potranno fare grazie ad un potente ed innovativo strumento tecnologico, il Thestral M15, appunto.

Ma la macchina inventata dai due ha prima bisogno di scoprire l’origine e la motivazione che spinge i propri clienti a voler realizzare quel loro ultimo desiderio. Soltanto se questa sarà molto forte, allora, lo strumento potrà funzionare.

Il signor Sirius ha un ultimo, piccolo, sogno: ” Volare al centro del fiore, sulla luna”.

Inizia così un viaggio nel tempo a ritroso nella vita del nostro protagonista, dall’infanzia fino a tornare al presente.

Nel cambio di scena fra l’attuale e il mondo dei ricordi si viene a creare un po’ di confusione, il passaggio non è ben annunciato e lasciato per scontato, per cui, quando ci si vede parare davanti una combriccola di bambini a lezione, si fatica, in un primo momento, a collegare, nulla però di irrisolvibile con il minimo uso della logica.

E così si entra nella storia d’amore fra Sirius ed Astrid, bambina stramba e sognatrice, al contrario di lui, che cerca di spiegare tutto con logica e regole matematiche. Si scopre che, per lei, la luna, è il centro del fiore, dove si allargano tutto intorno petali di stelle e costellazioni e lo scopriamo proprio lì, su quel faro, dove il vecchio Sirius abita tutto solo.

Apprenderemo anche che Sirius, con la semplice immaginazione, non è in grado di vedere questo meraviglioso fiore e che l’affanno più grande di tutta la sua vita sarà proprio quello di costruire un macchinario, secondo ferree regole matematiche, per poter vedere anche lui quello che la sua amata riesce a vedere.

Arriverà a costruire, spinto da un vecchio compagno arrivista in grado di toccarlo nei suoi punti più deboli,un potente telescopio proprio lì, su quel faro che rappresentava il sogno d’amore dei due, fino a distruggerlo, con la speranza, errata, di riuscire ad avvicinarsi ancora di più alla sua amata, provocando, invece, l’irrimediabile rottura.

Astrid se ne va, per sempre, e davanti a noi ci ritroviamo un Sirius vecchio e stanco, che, finalmente, in un commuovente discorso, dice finalmente d’aver capito quello che Astrid intendeva, che nella vita e nell’amore non tutto può essere ingabbiato dalle leggi della logica, che non solo ciò che è fisicamente presente è visibile, che bisogna andare oltre ai nostri occhi ed entrare nella nostra mente, nella fantasia, nell’irrazionalità.

Astrid, un tempo,gli aveva detto che se mai si fossero persi si sarebbero rincontrati, un giorno, in qualche modo.

Ed è così che ora Sirius sa dove poterla ritrovare, al centro del fiore, sulla luna.

La scena finale vede infatti il ricongiungimento dei due, lui che sale le scale di questo grande fiore e lei che si gira finalmente, ricordando vagamente il finale del “Titanic”, li ritroviamo di nuovo giovani e insieme, in uno spazio forse troppo piccolo e traballante per concedere il giusto pathos che il momento richiedeva.

Il rione Moncioveta, anche quest’anno, ha dimostrato di essere un gran rione affiatato. Carri semplici, dai tratti minimali, ma funzionali e visivamente gradevoli. L’unica nota stridente è che a tratti, la presenza della scenografia fissa, ovvero del faro, poteva risultare cozzante con gli altri carri. Un esempio è la conversazione fra Sirius e il suo vecchio compagno di liceo, che avviene all’interno del carro/casa di Sirius, il quale, verosimilmente, si trova in un posto diverso dal faro( altrimenti avrebbe fatto parte in qualche modo della scenografia fissa), il quale, nella scena, viene comunque indicato, standone a rappresentare l’effettiva presenza fisica in scena. Tuttavia, la problematica non è rappresentata tanto dalla presenza dei due elementi in contemporanea, piuttosto dall’innaturale rapporto fisico che si instaura tra i due, risultando forzato.

Personalmente, ma è solo una piccola opinione personale, avrei dato più spazio al Thestral M15, specie nel finale, per sottolineare meglio che l’atterraggio sulla luna è appunto stato permesso grazie a quel macchinario, per riprendere, inoltre, continuità e dare chiusura a cerchio ricongiungendoci all’inizio e quindi al presente ma anche per concedere maggiore spazio a quel carro piramidale essenziale ma d’effetto.

Altra cose che ho apprezzato è stato lo spostamento dei carri, effettuato comunque da personaggi in scena e vestiti, mascherando quindi la funzione dei carristi.

Carine anche le coreografie, anche se vorrei ricordare al rione che oltre all’Hip-Hop esistono altri generi.

Una critica mossa dai più, ma personalmente non notata, è il vuoto scenico, la presenza di poche unità in piazza. Credo di non aver dato troppo peso a questa cosa probabilmente perché credo che per riempire una scena non serve numero, ma qualità, la piazza potrebbe benissimo risultare piena anche con una sola persona, se ci sa fare, per cui, devo dire, che la scarsità dei partecipanti alla sfilata non ha rappresentato per me un problema.

Bene, ora che ho esaurito tutto quello che c’era da dire, torno a tremare, perché stasera tocca a noi, e bisogna far meglio di questa meraviglia del Moncioveta.

Per saperne di più sul Palio de San Michele: paliodesanmichele.it


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