30 anni de L’Attimo Fuggente
“O me o vita, domande come queste mi perseguitano. Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti. Che v’è di nuovo in tutto questo, o me o vita.”
Risposta: “Che tu sei qui, che la vita esiste, e l’identità, che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso.”
Quale sarà il tuo verso?
Così recitava il professor Keating ai suoi studenti, citando Walt Whitman, in una delle scene più caratteristiche ed emozionanti de L’Attimo Fuggente. E se non vi è mai venuta la pelle d’oca guardando questa scena, se non avete mai provato quel vortice di emotività, che è commozione misto ad inquietudine, mi dispiace per voi, ma non fate parte della “razza umana” di cui parla il professor Keating.
Sono passati 30 anni dall’uscita nelle sale de L’Attimo Fuggente, il film diretto da Peter Weir, vincitore di numerosissimi premi e riconoscimenti.
30 lunghi anni, eppure il suo monito, il suo invito, o meglio la sua esortazione a vivere la vita, a “contribuire con un verso” non saranno mai scalfiti dal tempo. Non saranno mai soppiantati da tecnologia o innovazione. Niente potrà mai prevalere sul richiamo della vita.
Per chi di voi non avesse mai visto questo film (molto male, provvedete immediatamente), ci troviamo negli anni Cinquanta. Un bizzarro professore di Letteratura, il professor Keating, interpretato da un inarrivabile Robin Williams, viene trasferito nel Collegio maschile Welton.
L’arrivo del nuovo docente modificherà irrimediabilmente la vita dei suoi studenti.
Rispetto agli altri professori del college, che ricorrono a metodi di insegnamento prettamente mnemonici e passivi, volti ad esaltare i principi tramandati dall’istituto, ovvero tradizione, onore, disciplina ed eccellenza, il professor Keating mette in atto una vera e propria rivoluzione, oltre che pedagogica, esistenziale.
Fin da subito, dà ai suoi ragazzi un compito non esattamente semplice: quello di cogliere l’attimo, di tuffarsi nella vita. “[…] Perché siamo cibo per i vermi, ragazzi. Perché, strano a dirsi, ognuno di noi in questa stanza un giorno smetterà di respirare: diventerà freddo e morirà”.
“Questo è matto!” dicono subito i ragazzi, tra cinismo e diffidenza. Ma sarà proprio quel matto a trasmettere loro le lezioni più importanti della vita: camminare seguendo la propria andatura, saper guardare il mondo da più angolazioni, non fermandosi alle poche e banali certezze che si hanno, vivere di passione e pensare con la propria testa, sfuggendo a quel piattume intellettuale che spesso la società ci impone.
Per fare ciò, ricorre allo strumento più straordinariamente inutile che possa esistere: la poesia. Attraverso la poesia, infatti, riesce a destare nell’animo degli studenti, una nuova consapevolezza, un nuovo compito, che non ha nulla a che vedere con tradizione, onore, disciplina ed eccellenza.
Grazie alla poesia, i ragazzi si sentono finalmente liberi di lasciare emergere la propria ed unica personalità, anziché permettere che venga ignorata ed appiattita. Grazie alla poesia, comprendono finalmente che possono esprimere il proprio talento in ogni sua forma e la propria aspirazione riguardo al futuro, sebbene questo vada in contrasto con i progetti che i genitori hanno già stabilito per loro.
L’Attimo Fuggente, titolo italiano di Dead Poets Society, è una lezione di vita dall’inizio alla fine. E’ un meraviglioso connubio tra cinema e filosofia che, fondendosi, generano arte.
Ricordando questa memorabile pellicola di Peter Weir, non si può fare a meno di ricordare anche il grande Robin Williams, venuto a mancare cinque anni fa, lasciando un vuoto incolmabile nel mondo del cinema.
La sua interpretazione del professor Keating si annovera sicuramente tra le sue migliori performances artistiche, riuscendo egregiamente ad entrare nei sorrisi e nel cuore di tutti.
Concludo citando un’ulteriore scena del film, la cui attualità appare atemporale. In una società frenetica come la nostra, una società che spesso si dimentica della bellezza e dell’amore, per lasciar spazio all’inconsistente, al banale, al mediocre, le parole del professor Keating sono sicuramente in grado di rischiarare le nostre nebulose menti.
“Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.”
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