Before the Flood è forse il film più importante della carriera di Leonardo Di Caprio. Se non lo avete visto, dovete vederlo.
Diretto da Fisher Stevens, Before the Flood è un documentario del 2016, che vede proprio Leonardo Di Caprio impegnato in numerosi confronti con le personalità più importanti della Terra sul cambiamento climatico. Cambiamento climatico che viene ancora oggi negato da politici, istituzioni e corporazioni che perseguono il proprio egoistico interesse.
In poco più di un’ora e mezzo l’attore americano –Premio Oscar proprio nel 2016– presenta testimonianze, idee e speranze per un futuro migliore. Senza nascondere però tutto il suo pessimismo, forse consapevole di ciò che sarebbe successo a breve.
Before the Flood è stato infatti presentato il 9 settembre 2016 al Toronto International Film Festival, prima dell’elezione a presidente degli Stati Uniti di Donald Trump. L’elezione del candidato repubblicano ha significato un duro colpo per le politiche ambientali di tutto il mondo, con il ritiro degli USA dall’Accordo di Parigi ratificato anche da Obama nel 2015.
Lo scenario che ci presenta Leo è preoccupante. Di riscaldamento globale e delle sue conseguenze si parla dagli anni Cinquanta, ma da sempre si è minimizzato o negato il problema per non arrecare danno all’economia dei combustibili fossili, la causa maggiore del global warming.
Di Caprio, inoltre, è dagli anni ’90 che si impegna contro il riscaldamento globale, tanto da essere insignito dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon del titolo di Ambasciatore di Pace dell’ONU contro il cambiamento climatico.
Ban Ki-moon non è l’unica personalità ad apparire in Before the Flood. Anche Barack Obama, Papa Francesco e John Kerry vengono ascoltati da Di Caprio sul tema. La loro attenzione è significativa perché si possa agire materialmente per scongiurare il peggio.
Il cambiamento climatico è però già in atto, e non aspetta i tempi della politica. Non si tratta di poter risparmiare sul riscaldamento a New York, come può suggerire qualche utente di Twitter dai capelli arancioni, ma della vita delle persone.
Se per alcuni il riscaldamento globale è una bufala ai danni dell’economia, per altri è invece la terrificante realtà che bussa alla porta di casa. Dagli stati insulari del Pacifico, che anno dopo anno vengono sommersi sempre di più, agli stati africani dove la siccità e la desertificazione causano migrazioni di massa e conflitti -di cui vediamo poi gli effetti sulle nostre coste.
La situazione sembra senza via d’uscita quando Di Caprio vola in Cina e in India, dove milioni di persone stanno uscendo dalla povertà iniziando a consumare e a far crescere le loro emissioni di CO2. Ma se in Cina si stanno implementando politiche per lo meno tese alla sostenibilità ambientale, in India ciò è ancora difficile in quanto milioni di persone non hanno ancora accesso ai servizi basilari, come acqua e elettricità.
Come si può coniugare la lotta alla povertà a quella contro il riscaldamento climatico?
Questa è forse la domanda che più deve assillare l’intera comunità internazionale. Bisogna infatti combattere il climate change per migliorare la qualità della nostra vita futura, e non possiamo pensare di contrastarlo lasciano milioni di persone nel limbo della povertà e del sottosviluppo.
Il pianeta Terra continuerà la sua orbita intorno al sole, con noi o senza di noi. Fermare il global warming significa perciò dare una nuova speranza all’umanità, nient’altro che una presenza di passaggio su questo corpo celeste.
Dispiace che le speranze di Di Caprio –e ovviamente anche le nostre, soprattutto quelle accese dall’Accordo di Parigi, siano naufragate con la salita al potere di uomini disinteressati alla questione climatica.
Ma fortunatamente non è ancora finita: la grande mobilitazione dei Fridays For Future potrebbe essere la molla giusta per spingere le persone, e soprattutto i politici, a trattare il riscaldamento globale come la più grande minaccia alla nostra civiltà.
Lo dobbiamo a noi stessi.
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