La serata del Ravenna Nightmare Film Fest dedicata ai cortometraggi ha, anche quest’anno, stupito e incuriosito il numeroso pubblico presente in sala. Le opere proiettate sono state tutte molto valide da un punto di vista cinematografico, realizzate da autori capaci e abili.
Dall’horror più classico, A Little taste di Victor Catalá, Spagna, 5 minuti, dove la paura suscitata cresce con il ritmo del dondolo dove due bambine giocano in mezzo al bosco parlando di una strega che mangia i bambini perché adora il loro sapore. Trama, costumi e musiche che rispecchiano perfettamente lo standard del genere horror ma il cortometraggio si salva dal cliché grazie a un finale inaspettato giocato sul rovesciamento dei ruoli tradizionali.
Quello di paura non è l’unico genere presente al Nightmare Film Festival che passa al thriller con il cortometraggio GoldBlooded di Tom Botchii, USA, 7 minuti. Un’idea originale: un uomo costretto a vivere nell’ombra perché il suo sangue è d’oro; poliziotti, medici, tutti lo bramano. Una trama che ha del grande potenziale, ma che non viene sfruttato.
Più banali opere quali Wild di Jan Verdijk, Olanda, 12 minuti, la quale sembra essere una critica al consumo di carne che accomuna l’essere umano a una bestia. La similitudine diventa reale e il protagonista, che fino a qualche scena prima divorava una bistecca al sangue, diventa una preda e proprio come tale viene cacciato, scuoiato e cucinato. Niente di nuovo.
Più interessante Skin di Guy Nattiv, USA, 20 minuti. Si tratta della storia di un padre con tendenze all’alcolismo, all’uso improprio di armi da fuoco e al nazismo che insegna l’odio al proprio figlio. Dopo aver massacrato un ragazzo di colore viene rapito e tatuato interamente di nero. Al suo ritorno a casa il figlio di 8 anni, scambiandolo per un intruso, gli spara un colpo con il suo stesso fucile. Il corto è girato con maestria e l’emozione è alta, lo spettatore viene preso da una grande angoscia che spinge a riflettere sull’arduo compito di essere genitori.
Decisamente splatter Limbo di Dani Viqueira, Spagna, 15 minuti. Un cortometraggio per tornare all’horror, di quelli che inquietano l’anima e la vista e fanno dubitare agli spettatori di poter chiudere occhio una volta tornati a casa dopo la proiezione.
Veniamo ora ai migliori candidati alla vittoria del concorso internazionale cortometraggi del Ravenna Nightmare Film Festival: The Spectacle di Ivo Neefjes, Belgio, 15 minuti e Wash di Kristofer Kiggs Carlsson, Serbia, 15 minuti.
The Spectacle muove una feroce critica al mondo dei social network, dei likes, delle visualizzazioni. Un mondo dove all’improvviso qualsiasi persona ha l’occasione di diventare famoso ed è disposta a tutto per farlo. Le protagoniste sono due ragazzine minorenni che riprendono una serata alcolica organizzata con l’aiuto di una donna di mezza età sola e alcolizzata. La donna, svenuta per l’eccesso alcolico, subirà ogni genere di maltrattamento da parte delle due ragazze che pubblicano tutto online in diretta. Al loro pubblico piace e i mi piace aumentano. Non vi è un minimo di pietà, le ragazze agiscono pensando solo ai loro followers, non c’è mai un ripensamento e mentre il pubblico delle loro condivisioni ride, forse pensando che si trattai di una messa in scena, il pubblico del Nightmare si turba sempre di più e rimane scosso al termine della proiezione. Il tema è molto attuale ed è oggetto di già molte opere cinematografiche, pittoriche, musicali, etc ma The Spectacle lo tratta in modo diretto ed efficacie, spietato e incisivo.
Infine, Wash, un cortometraggio a metà tra l’horror e il thriller, di quelli che, per comprenderli, bisogna ragionarci sù. Un’opera silenziosa che gioca con delle bellissime inquadrature di una casa sottosopra. La voce di una bambina rompe il silenzio, implora la madre di non fare del male, ma a chi? L’aggressione rimane invisibile allo spettatore fino a che non viene inquadrata la madre, sola, seduta di fronte a una lavatrice in funzione. L’elettrodomestico è rattoppato con del nastro adesivo e sembra potersi rompere da un momento all’altro. La donna, piena di lividi e ferite, lo fissa fino a che non vede una mano comparire al di là del vetro. Il pubblico cerca di capire cosa stia succedendo e si lascia trasportare dalle emozioni. La lavatrice diventa metafora degli errori di una madre malata, depressa forse, una madre impaurita che si sfoga sull’orsacchiotto della figlia e lo butta in lavatrice cercando di redimersi, terrorizzata dalla sua possibile reazione. La madre è intrappolata in un tunnel di paure e ansie, o meglio, una centrifuga.
Solo durante la serata finale del Ravenna Nightmare si conoscerà il fortunato vincitore del Concorso Internazionale Cortometraggi, e sarà il pubblico a decretarlo.
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