9 Doigts, del regista francese F. J. Ossang, è stato presentato al pubblico del Ravenna Nightmare Film Fest e accolto con tutti gli onori che quest’opera ha suscitato.
9 Doigts lascia indelebile una particolare tipologia di genere cinematografico, ma soprattutto di regia cinematografica che ora sembrerebbe troppo antiquata anche solo pronunciare. E invece Ossang gira uno psico dramma, un thriller psicologico con gli stilemi di un cinema punk, con la fotografia tagliente degli anni ’80 e l’uso della pellicola: esattamente nella maniera in cui aveva cominciato.
Figlio anche lui di quell’epoca che appare lontanissima, Ossang trasmette un’emozione visiva inquietante che non si vedeva da molto tempo, allestendo la sua storia in uno spazio chiuso, isolato, freddo come la nave che non si sa da dove parte, non si sa che rotta sta facendo né dove attraccherà: se mai lo farà.
Una banda di loschi figuri che escono direttamente da un film noir francese, fanno una rapina, rubano del polonio e lo trasportano su una nave e con essa salpano verso un destino programmato ma che non si sa se si avvererà mai.
Lontani dalla terra ferma, perdono il senso del tempo, della distanza e della vita stessa: ormai scettici del fatto che stiano effettivamente ancora vivendo. Lasciati a loro stessi, brutali e feroci sulla terra, smarriti su un natante carico di plutonio: il fatto di non giungere mai a meta complica le cose e il materiale che stanno trasportando si trasforma presto, da ciò che poteva servire o fruttare denaro, in qualcosa di estremamente pericoloso per le loro vite.
L’unica certezza, confermata anche dal nuovo capitano a dai lunghi momenti passati in mare, è l’attesa. L’attesa che logora e che aliena, assieme alla paura di un fantomatico e mai presente 9 Doigts: 9 dita. Colui che lascia il segno sulle mani e ciò sta a significare che la tua fine è vicina. Il fatto di non vederlo mai getta l’equipaggio ancor più nella disperazione: morire sarebbe già qualcosa di certo, tangibile e finalmente reale.
9 Doigts è un romanzo di avventura vicino ai grandi classici della letteratura. Si ritrovano tracce di Stevenson, di Omero e della sua Odissea. Dino Buzzati e Il deserto dei tartari sono altre due possibili tracce che fuoriescono dall’opera di Ossang.
C’è questa insaziabile attesa per qualcuno o qualcosa che non verrà mai per smuovere le acque, e i protagonisti “muoiono” così, in balia di eventi sconnessi, surreali, non riuscendo mai a sapere la verità.
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