L'ufficiale e la spia, di Roman Polanski

L’ufficiale e la spia – Polanski e l’affaire Dreyfus

L’ufficiale e la spia di Roman Polanski racconta l’ormai leggendario e storico dramma del capitano dell’esercito francese Alfred Dreyfus.

Osannato a Venezia, il film del regista franco-polacco sta ottenendo via via critiche sempre più positive, e a tratti si sfiora il capolavoro. Il motivo? Perché è davvero un’opera potente, travolgente e nella sua piatta, grigia e lenta descrizione degli eventi sublime, come non si vedeva da anni nella filmografia del grande Polanski.

Un Polanski che, nonostante l’età, non stupisce mai, e come il vino invecchiando migliora e si fa ora portavoce delle ingiustizie che rasentano quelle di ogni essere umano: o forse è anche un ennesimo spaccato di dramma personale che ora trova sfogo con la vicenda del militare ebreo e di tutti quei personaggi che si susseguirono in quella Parigi della Belle Époque.

L'ufficiale e la spia, di Roman Polanski

L’ufficiale francese Alfred Dreyfus dopo essere stato accusato di aver passato ai tedeschi segreti militari, viene allontanato dall’esercito, arrestato e spedito lontano, su di un’isola penale. Un anno dopo, il generale Georges Piquart, appena promosso capo dei servizi segreti, scopre che l’affare Dreyfuss non era altro che una montatura, e che il vero colpevole, nonché traditore, è un altro ufficiale, tale Walsin Estherazy.

Picquart, uomo retto e giusto, sebbene non abbia mai nutrito simpatia nei confronti di Dreyfus, in nome della giustizia decide di intervenire, inimicandosi tutto l’alto comando e l’opinione pubblica. Gli unici ad appoggiarlo saranno dei diplomatici e scrittori, tra i quali spicca il nome di Emil Zola. Proprio lui metterà l’intera popolazione a conoscenza di questa scomoda situazione con l’articolo dal titolo J’Accuse pubblicato su L’Aurore il 13 gennaio1898. In poco tempo l’Affaire Dreyfus, che in un primo momento era stato sistemato e messo a tacere, diventa un caso mediatico a livelli internazionali tanto da smuovere lo stesso governo che, intimorito, decide di prendere provvedimenti contro Piquart e Zola.

L’ufficiale e la spia non è il classico Polanski, ma contiene tutti gli elementi che ne fanno un suo prodotto e senza ombra di dubbio ben riuscito. Scritto da Robert Harris, già sceneggiatore nel 2010 del film L’uomo nell’ombra (The Ghost Writer), prende spunto da una vicenda reale.

I personaggi non sono ora trafugati sotto mentite spoglie. Non si tratta più di una fiaba con gli spunti della realtà, come si vede in The Ghostwriter, in La morte e la fanciulla e in altre opere del regista.

Polanski affronta il caso Dreyfus e decide di essere fedele ai tragici avvenimenti che si susseguirono dal 1894 fino al 1906, quando, dopo lo scandalo, la società francese, che prima aveva avuto goduto di benesseri politico-economici, culturali e artistici ma soprattutto sociali, si andava trasformando con l’antisemitismo dilagante e lo spionaggio verso i vicini stati. Tutti fattori che avrebbero portato alla crisi internazionale e poi alla prima guerra mondiale.

Perciò, ciò che nasce dal bordereau, la nota in cui si sarebbe stata trovata la colpevolezza di Dreyfus e la sua intesa con la vicina Germania, altro non è che un’instabilità che già si faceva strada: tuttavia usata come pretesto per dare il buon esempio da una parte, e iniziare dall’altra una lenta ma imprevedibile corsa agli armamenti e ai ripari dal diverso.

Polanski di parte? Di origine ebraica, non può non accennare a quel clima pesante che si stava creando, e non può neanche non fare da ponte verso la nostra realtà: una contemporaneità molto più simile a quella di fine ottocento e a quella del caso Dreyfus.

Eppure Polanski segue i fatti, senza distorcerli tanto.

L’ufficiale e la spia racconta un periodo storico che è straziante e finemente ricostruito in una cronaca senza troppi orpelli narrativi. Il ritmo è lento ma l’atmosfera si fa sempre più pesante e il clima irrespirabile nel momento in cui Picquart si fa largo con le sue ricerche tenendo costantemente lo spettatore con il fiato sospeso e inchiodato, ammaliato dalla forza delle immagini e dall’esuberanza degli interpreti principali.

Jean Dujardin e Louis Garrel, rispettivamente Georges Picquart e Alfred Dreyfus, straordinari insieme, così come gli altri attori come Emanuelle Seigner, Mathieu Amalric, Grégory Gadebois, Didier Sander e Luca Barbareschi. Insieme in questo dramma sociale e politico nato, come si vede nel film, tra gli uffici dell’alto comando, e poi appreso e sbandierato nei salotti culturali e per le strade di una Parigi di inizio novecento perfettamente ricostruita.

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