Chanson Triste (2019) è quel film che vedi pensando sia un documentario sull’accoglienza, quando invece si rivela essere una dolce poesia sulla sofferenza.
Louise Narboni voleva realizzare un documentario sulla cantante lirica Élodie, che si è invece scoperta essere impegnata attivamente nell’accoglienza dei rifugiati. In casa con lei vive Ahmad, un richiedente asilo afgano in attesa di una risposta alla sua richiesta per lo status di rifugiato.
Quella che sembrerebbe essere la solita storia su migrazione e integrazione, diventa fin da subito un racconto sull’elaborazione del lutto, sul dolore dell’assenza e della scomparsa. La musica e, soprattutto, il canto, accompagnano fin da subito lo spettatore in una atmosfera carica di sentimenti e emozioni.
I protagonisti della storia sono gli interpreti dei loro stessi tormenti. Non è solo Ahmad, che ha lasciato l’Afganistan e la sua famiglia, a soffrire. La stessa Élodie fatica ancora a convivere con la scomparsa del suo compagno. Da quel giorno non riesce più ad amare: la paura di soffrire ancora è troppo forte.
Chanson Triste non è il solito documentario. La semplice presa diretta è sostituita da alcuni momenti di fiction dove Élodie e Ahmad reinterpretano a posteriori, davanti alla telecamera, quello che hanno vissuto. Louise Narboni non vuole ingannare lo spettatore e rende palese questa finzione scenica. Lo spettatore è quasi portato a dubitare della veridicità della storia raccontata, ma è proprio questa costruzione particolare a rendere più forte il legame empatico che si sviluppa coi personaggi.
Loro non mettono in piazza i loro sentimenti: li raccontano con il linguaggio della recitazione. E per questo sono più credibili.
A ripercorrere la storia è Élodie, rimasta sola dopo che Ahmad è fuggito da casa sua senza preavviso. Le sue parole e le sue considerazioni, così come il suo canto, sono la colonna sonora di un film che viene trasportato in una dimensione non più documentaristica ma lirica.
Il triste canto di Élodie è ciò che permette all’uomo di elevarsi dalla sua condizione terrena sofferente per portarlo al di sopra della realtà contingente.
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