La frase più famosa de La dolce vita:”Marcello, come here!”, ogni cinefilo che si rispetti conosce a memoria l’immortale sequenza in cui una procace e statuaria Anita Ekberg invita un incredulo e affascinante Marcello Mastroianni a fare il bagno nella Fontana di Trevi.
Correva l’anno 1960 quando uscì nelle sale cinematografiche un film destinato a rimanere nell’immaginario collettivo di milioni di persone. Sto parlando de La dolce vita. Considerato da molti uno dei capolavori del maestro Federico Fellini, il regista pluripremiato agli Oscar che più di tutti è riuscito a far amare il cinema italiano all’estero.
La seguente opera si svolge a Roma ed ha come protagonista un giornalista di nome Marcello (Mastroianni), che si occupa di cronaca rosa e nutre l’ambizione di divenire un romanziere. Egli ama la mondanità e frequenta la cosiddetta intellighenzia romana. Marcello è inoltre fidanzato con una ragazza che tradisce sistematicamente e che reputa intellettualmente inferiore a lui.
Ne La dolce vita il regista riminese, coadiuvato in fase di sceneggiatura dai fidi Ennio Flaiano, Tullio Pinelli e Brunello Rondi, dice definitivamente addio al neorealismo per approdare ad un cinema onirico, circense e barocco che permetterà a Fellini di regalarci altrettanti capolavori come 8 1/2, Amarcord e Giulietta degli spiriti.
La dolce vita piace così tanto perché parla di noi, delle nostre paure, dei nostri dubbi esistenziali, e lo fa mettendo alla berlina un certo tipo di borghesia che si riunisce nei salotti per divertirsi. In realtà essa stessa nasconde un enorme vuoto esistenziale. Saranno l’innocenza di una bambina e un folle bagno in compagnia di una stella del cinema americano a far riassaporare al protagonista il senso della vita.
Sì, perché sostanzialmente Marcello si circonda di tanta gente per celare le paure che lo attanagliano, tanto da asserire che a lui piace Roma in quanto è una specie di giungla dove ci si può nascondere bene.
Tra i personaggi del film spicca senza dubbio lo scrittore irrisolto Steiner (Alain Cina), che all’apparenza sembra un uomo realizzato ma in realtà convive con dei demoni interiori che non riesce a domare. Anche Emma (Yvonne Furneaux), la fidanzata depressa di Marcello, è un personaggio chiave del film in quanto incarna il cosiddetto amore incondizionato nei confronti di un uomo che non la contraccambia preferendole una prostituta di nome Maddalena (Anouk Aimée): la quale trova conforto solamente nel fare l’amore.
La dolce vita ricevette numerosi premi, tra cui la prestigiosa Palma d’oro al tredicesimo Festival di Cannes, l’Oscar ai migliori costumi, il David di Donatello come miglior regista e il Nastro d’argento come miglior attore protagonista. Il film inoltre, nonostante le perplessità del distributore, che lo riteneva troppo pesante per il pubblico, ottenne un grande successo sia al botteghino italiano, dove si classificò al primo posto della stagione cinematografica 1950-1960, che al box office americano.
Tutt’ora quest’opera detiene il sesto posto nella classifica dei film italiani più visti di sempre con 13.617.148 spettatori paganti e la rivista Empire lo ha collocato al 55° posto tra i 500 film più belli di sempre.
Concludo con il seguente aforisma presente in una sequenza di questo immortale e struggente capolavoro che ne riassume il profondo significato: Dobbiamo tutti pensare al domani ma senza dimenticare di vivere oggi! Io credo che se uno vive intensamente, in pienezza spirituale, ogni istante conta per un anno e ogni anno si diventa cinque anni più giovane.
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