Torniamo a parlare di Ettore Scola con il film La Terrazza. Opera corale del 1980 con un cast tronfio di nomi storici del cinema italiano: Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Jean-Louis Trintignant, Serge Reggiani, Stefano Satta Flores, Stefania Sandrelli e moltissimi altri. Tutti accalcati in quella terrazza di uno storico appartamento romano in attesa di addentare le cibarie del ricco buffet.
“È pronto! Venite”. Questo è il tormentone che apre il film. Ma è anche la frase che risuona ogni qualvolta si apre un nuovo episodio, incentrato sulla vita di quegli ospiti di classe, nei giorni che succedono alla cena. C’è una descrizione morbosa del decadimento dell’intellettuale italiano, del politico italiano, del cinema italiano, e così via. Scola, ancora una volta, scherza con situazioni comiche, grottesche e super drammatiche. Scherza con il fallimento di un ideologia, di un tipo di arte e di una particolare tipologia di cinema.
La grande vittima del suo film, che il regista canzona più e più volte, resta sempre l’intellettuale, specie quello di sinistra: già all’epoca ridotto a una macchietta.
La trama
Si inizia proprio da Enrico (Trintignant), scrittore e sceneggiatore senza più ispirazione. La povera moglie Emanuela (Milena Vukotic) cerca di aiutarlo, ma la crisi che lo affligge si fa sempre più forte.
“È pronto. Venite”. C’è poi il giornalista (Mastroianni), non più sulla cresta dell’onda abbandonato dalla moglie (Carla Gravina), la quale è anch’essa una giornalista e si sta facendo strada piano piano.
“È pronto. Venite”. Viene poi il turno di Amedeo (Tognazzi), un produttore di film di serie B che, per riconquistare la moglie intellettualoide stanca di lui, decide di produrre il film di un regista sperimentatore e trasgressivo.
“È pronto. Venite”. Si passa ad un funzionario Rai depresso e anoressico (Reggiani), per poi arrivare al deputato comunista (Gassman): pedina inutile e ampollosa all’interno del partito, un po’ meno fra le braccia della giovane amante (Sandrelli).
In quella Terrazza, fatta di amici, serpi e falliti, Scola delinea due ali totalmente diverse eppure facenti parte entrambi di quell’epoca e di questo nostro paese. L’ala maschile, quella più stanca, depressa, sconfitta e fallita che però continua a cantare e a scherzare per non pensarci: ricorda un po’ l’Italia di fine secolo che non è riuscita custodire un futuro migliore.
C’è poi l’ala femminile, apparentemente quella più energica e piena di risorse per andare avanti. Forse è l’altra parte dell’Italia che non vuole arrendersi e che continua a sperare.
Monologhi, dialoghi e situazioni si ripetono su quella terrazza in un turbinio di déjà vu che porta alla noiosa e squallida quotidianità che ci tormenta e ci fustiga: la stessa quotidianità dalla quale però non possiamo staccarci. E’ il quieto e drammatico vivere che riparte, denaturalizzando i rapporti e la vita stessa.
Dallo spettacolo alla cultura, dalla società alla politica: i film di Scola non descrivono mai una sola situazione e una sola problematica. La coralità de La Terrazza si apre e si chiude fra quelle mura, quell’ampio balcone e quella Roma cupa e silenziosa sullo sfondo. I vari episodi finiscono, si arriva alla fine. C’è un’altra cena sempre sulla stessa terrazza, e tutto poi ricomincia da capo.
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