Io sono Tempesta

Io sono Tempesta – La complessità ironica delle disuguaglianze

Io sono Tempesta è un film del 2018, diretto da Daniele Luchetti. Marco Giallini veste le panni del protagonista, l’imprenditore Numa Tempesta.

Tempesta è un ricco imprenditore impegnato in complesse operazioni finanziare e speculative con l’estero. Si dichiara nullatenente e vive negli alberghi che compra in attesa di rivenderli ad un prezzo maggiorato. Un giorno però arriva dal tribunale una sentenza legata ad un reato di qualche anno prima. Numa Tempesta è condannato ai servizi sociali.

Tempesta deve quindi lavorare in una cooperativa che fornisce assistenza primaria alle persone senza fissa dimora. Incontra fin da subito Bruno, un padre divorziato con figlio a carico interpretato da Elio Germano, il quale lo prende in simpatia. Numa però si trova a fronteggiare le direttive inflessibili di Angela, la responsabile della cooperativa, interpretata da Eleonora Danco. Impossibilitato a seguire i propri affari con l’estero Numa Tempesta cercherà aiuto nei senzatetto che frequentano la cooperativa, offrendogli denaro in cambio di commenti positivi che possano aiutarlo ad accorciare la sua pena.

Io sono Tempesta è una gradevolissima commedia che affronta come complessi senza lasciarsi andare a inutili populismi. L’esclusione sociale, l’evasione fiscale e le disuguaglianze sono raccontati con tagliente ironia e senza moralismo spicciolo. Non ci troviamo infatti davanti a un ricco uomo col cuore di ghiaccio che entra in contatto con gli ultimi e si ravvede, come fosse un santo. Numa e i senzatetto che frequentano la cooperativa sono prima di tutto uomini, con pregi e difetti. Sia l’uno che gli altri hanno commesso e commettono errori.

L’ironia è come sempre la giusta chiave per raccontare la realtà che ci circonda, fatta di persone piene di debolezze e fragilità. Nemmeno la rocciosa Angela è esente da questa comune difficoltà umana. Lei è una donna forte, che sostiene quasi da sola il peso di un’intera comunità in sofferenza, combattendo con le unghie e con i denti ogni giorno. Ma è pur sempre una donna, non un robot. Anche lei ha i suoi desideri e le sue passioni. La sua vita non si esaurisce in quel capannone dove accoglie gli ultimi di Roma. Anche lei dovrà fare i conti con le sue debolezze e fragilità, cercando nel momento più opportuno di recuperare la forza e la grinta che l’hanno portata ad essere un punto di riferimento per centinaia di persone.


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