Il primo Natale, film del 2019 diretto e interpretato da Ficarra e Picone, una delle coppie comiche più famose e amate d’Italia.

C’erano una volta i cinepanettoni, pellicole vituperate dai critici che puntualmente uscivano a ridosso delle festività natalizie con l’unico intento di far divertire il pubblico nazionalpopolare. Nei seguenti film era presente una comicità di grana grossa che spesso sfociava nel trash. I simboli del cinepanettone erano senza dubbio Massimo Boldi e Christian De Sica, una vera e propria coppia comica d’oro che con queste pellicole ha incassato cifre da capogiro.
Ma si sa i gusti del pubblico cambiano. Ecco dunque arrivare sul grande schermo per le festività natalizie Il primo Natale. In questi anni i due artisti siciliani ci hanno abituati ad una comicità genuina e dirompente priva di ogni volgarità. In film come Andiamo a quel paese e L’ ora legale non si sono accontentati di far divertire le masse. Hanno avuto persino l’ardire di fare una vera e propria critica di costume alla nostra società, come nella gloriosa commedia all’italiana.
Il primo Natale vede come protagonisti un ladro (Ficarra) e un prete (Picone), che per uno strano scherzo del destino si ritrovano nella Palestina dell’anno zero, dove Gesù sta per venire alla luce. I due verranno scambiati per dei prodi rivoltosi e tra mille peripezie si vedono costretti a dover fronteggiare lo spietato Erode (Massimo Popolizio) e a dover salvare le vite dei bambini di Betlemme.
Il seguente lungometraggio presenta dei chiari riferimenti con il capolavoro Non ci resta che piangere, pellicola Cult del 1984 in cui i protagonisti Benigni e Troisi si ritrovano catapultati nel 1492. Le premesse per fare de Il primo Natale una divertente e profonda commedia natalizia ci sarebbero tutte. Peccato che gli sceneggiatori lesinino troppo sull’inchiostro, dando vita ad uno script fiacco e inconsistente che non rende merito al talento di Ficarra e Picone. I due, loro malgrado, si ritrovano ad essere protagonisti di gag non particolarmente riuscite che al massimo fanno sorridere lo spettatore.
Non tutto è da buttare, sia chiaro. le scenografie sono sontuose e il significato intrinseco dell’opera risulta essere nobile e condivisibile ma si poteva indubbiamente fare di meglio.
Mi congedo da voi servendomi delle bellissime parole del compianto regista Ermanno Olmi, le quali risultano essere molto pertinenti col senso intimo de Il primo Natale:
“Cos’è più importante dell’accoglienza? Cosa? La sacralità dei simboli? Il simbolo deve rimandare ad una realtà di carne per avere valore. Non è possibile che ci genuflettiamo davanti ad un Cristo di cartone o di legno e poi non abbiamo solidarietà per chi soffre”.

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