Anno 1979, Don Siegel dirige quello che poi sarà considerato uno dei suoi film più iconici: Fuga da Alcatraz (Escape from Alcatraz). Con Clint Eastwood nella parte del protagonista, il film narra la reale vicenda di Frank Lee Morris, un detenuto che riuscì a fuggire dalla prigione di Alcatraz facendo perdere per sempre le sue tracce.
Siegel, con la sua regia a volte scansonata ma pur sempre tagliente, gira dei veri e propri cult movie, come: L’invasione degli ultra corpi e L’ispettore Callaghan (Dirty Harry). Anche Fuga da Alcatraz, col tempo, è diventata una delle opere del regista statunitense più amate di sempre.
Tratto dal romanzo omonimo di J. Campbell Bruce, il film di Don Siegel fù girato completamente nella vera prigione, chiusa da ormai sedici anni. Uno dei luoghi di detenzione più isolati degli Stati Uniti, una Sant’Elena messa difronte a San Francisco. Ultima dimora di Al Capone. Fino a quell’11 giugno 1962 nessuno era mai riuscito a evadere da lì. Poi è arrivato Frank Morris e quella storia è ormai leggenda.
La trama – “Benvenuto ad Alcatraz”

Come ripete per tutto il film il direttore del carcere (Patrick McGoohan) da la roccia (così viene anche chiamato il penitenziario), nessuno è riuscito mai a fuggire. Tuttavia, Frank Morris, quoziente intellettivo superiore, è già fuggito 8 volte da 8 carceri diversi: Alcatraz non può fermarlo a lungo.
Ecco che, dopo alcuni mesi passati li dentro, si fa amico Charlie Puzo (Larry Hankin), Tornasole (Frank Ronzio), il pittore Doc (Roberts Blossom) e il bibliotecario nero English (Paul Benjamin). Con l’arrivo dei fratelli Anglin, John e Clarence, suoi vecchi compagni di cella, Frank è deciso a fuggire. Proprio a loro e a Puzo chiederà una mano per la grande evasione.
Fuggire da lì non è semplice ma è tutta una questione di calma. Con il tempo i quattro iniziano a scavare un buco nel muro che di volta in volta devono coprire con una parete finta fatta di legno. Creano delle teste finte con la carta e con i capelli presi dal barbiere della prigione: così da trarre in inganno i secondini che fanno il giro di ronda.
Mediante dei sacchi impermeabili realizzano uno pseudo gommone che dovrebbe aiutarli ad attraversare la baia. Con un ventilatore che trasformano in trapano, riescono ad aprire un foro che, attraverso il camino, porta sul tetto.
La sera dell’evasione, l’unico ad avere qualche ripensamento è Puzo, il quale resta nella sua cella sconfitto e piangente. Frank e i fratelli Anglin escono dal buco sulla parete, si arrampicano fino al soffitto del blocco e superano una grata stretta. Mediante la cappa del camino sono sul tetto e lo attraversano tutto fino a scendere in cortile con il tubo di scarico.
Superata la cancellata ricoperta da filo spinato, sono finalmente sulla scogliera. Gettano in acqua il canotto e cominciano a nuotare. Il buio della notte cala sui tre fuggiaschi e quando si fa giorno i tre sono scomparsi. Il direttore, per evitare uno scandalo che possa compromettere la sua carica, dice che sono sicuramente annegati. In cuor suo sa che molto probabilmente non è così.
La peculiarità nel descrivere particolari è davvero interessante in un film che sfida un po’ le facce lunghe dei carcerieri e dello stato, rielaborando la storia di una delle fughe più incredibili della storia.
Di Morris nessuno ha saputo più niente, eppure Siegel spinge verso una probabile salvezza. Usa proprio Eastwood per questo ruolo con il quale aveva già collaborato varie volte. Uno con quella faccia non può fallire, questo è poco ma sicuro.

Considerando altri film del genere come Le Alì della libertà o Il miglio verde, Fuga da Alcatraz restituisce un ritratto duro della vita nelle prigioni, specialmente in quelle statunitense e in particolar modo in quella di Alcatraz. Su di un isola lontana dalla civiltà, la prigione è stata una delle più terribili di tutta l’America centrale. Sede dove, col tempo, sono venute fuori le leggende più stravaganti e spaventose.