La Baracca di Pietro Marcello è un cortometraggio del 2005. Il regista di Bella e Perduta e Martin Eden, si era preso a cuore una curiosa vicenda avvenuta nel cuore di Napoli. Il documentario racconta un episodio di vita abbastanza stravagante ma anche molto drammatico allo stesso tempo.
La Baracca di Pietro Marcello – la trama
Maurizio, un senzatetto rassegnato, non sapendo dove andare e dove vivere, si ferma in mezzo alla scalinata che collega il quartiere Montesanto a Piazza Vittorio Emanuele. Proprio lì costruisce una baracca.
Gli abitanti del quartiere, nonostante Maurizio provochi alcuni disagi, sono molto amichevoli e affettuosi nei suoi confronti. Marcello testimonia proprio l’ingegno e la solidarietà di un popolo che, tralasciando le male lingue, sa come arrangiarsi.
Maurizio è un clochard che non ha perso le speranze, ma che neanche si monta troppo la testa. Vuole solo costruire la sua baracca per viverci in pace, in parte riuscendoci.
Il regista lo segue nei suoi spostamenti quotidiani per raccattare qualche stufa abbandonata o quando lava i panni oppure quando parla con i suoi vicini di casa. È anch’esso un pezzo di quei mille colori di Napoli che, come la descrive Pino Daniele, deve essere raccontato.
Napoli è una grande città che contiene una varietà enorme di aspetti. La Baracca di Pietro Marcello sancisce ancora una volta le tante diversità che si possono trovare in una sola città. Una città che è comica, buffonesca, aperta, gioviale e senza ombra di dubbio con una grande volontà di vivere, più che di riscatto.
Dall’altra parte c’è però l’aspetto più crudo che si nasconde nelle viuzze, sulle scalinate, dentro i bassi: quelli “neri, affumicati, dove non c’è luce nemmeno a mezzogiorno”, come suggerisce anche Eduardo nella celebre opera teatrale Filumena Marturano. E’ fra quelle stradine nascoste che si nasconde la povertà, e dove arrangiarsi è un dovere pur di sopravvivere.
In quei quartieri dove lo stato non può arrivare e dove chi comanda non ha interesse a salvaguardare il più povero, ci sono le persone come Maurizio. Persone che sono rassegnate a vivere di espedienti, a volte anche i più bassi. Anche nel suo caso, però, si sente il desiderio di un posto stabile, dove poter piantare radici. Persino una scalinata, quella fra Montesanto e Piazza Vittorio Emanuele, diventa per Maurizio un habitat dove poter vivere.
Napoli è un teatro all’aria aperta. I suoi abitanti sono tanti attori con ruoli diversi ma che comunque, nonostante le differenze sociali, si aiutano a vicenda. Si lamentano o ridono a vicenda. Anche Maurizio è una sorta d’interprete e un rappresentante di una città che è costantemente a cavallo tra l’antico e il moderno, tra il bello e il brutto, tra il bene e il male. Sicuramente Napoli e i suoi figli sono il simbolo del volto variegato della vita.
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