Strade perdute (Lost Highway) è un film del 1997 diretto da David Lynch e scritto in collaborazione con Barry Gifford. Partorito dopo una serie di successi quali Eraserhead, Velluto Blu e Twin Peaks, già di per sé sufficienti a concedere al regista un posto d’onore nei cuori e negli incubi dello spettatore, questo lungometraggio giunse a riconferma delle ormai indiscusse capacità di Lynch. Tra tutte le caratteristiche che lo hanno contraddistinto svetta la sua maestria nell’afferrare l’elemento irrazionale, nella sua intangibile consistenza, e di saperlo riportare in scena, conservando sia il contenuto manifesto che quello latente che ogni esistenza nasconde. D’altra parte quest’opera inaugura la cosiddetta “trilogia del sogno”, che verrà completata con gli ancora più noti Mulholland Drive (2001) e Inland Empire (2006).
La trama di Strade Perdute
“Dick Laurent è morto.” Queste sono le prime parole che Fred (Bill Pullman), il nostro protagonista, sente pronunciare dopo aver risposto al citofono. Peccato che lui non conosca nessuno con questo nome.
La prima parte del film ruota dunque attorno a Fred, un sassofonista sposato con Renée (Patricia Arquette). La loro vita viene scossa da uno strano evento: la coppia inizia a ricevere delle videocassette senza mittente. Queste mostrano delle scene della loro casa ripresa dall’esterno, poi dall’interno e infine di loro due mentre dormono. Se questo fatto terrorizza i protagonisti, anche un’altra circostanza desta l’attenzione di Fred: egli inizia a sospettare che sua moglie lo tradisca con Andy (Michael Massee).
Proprio in una festa a casa di Andy, fa la sua comparsa un personaggio chiave: il Mystery Man (Robert Blake). Quest’uomo dall’aspetto terrificante parla a Fred come se già lo conoscesse e da l’impressione di essere l’autore di quelle videocassette. Tornato a casa sconvolto, egli rinviene la terza cassetta, che aggiunge una raccapricciante sequenza alle precedenti: Fred che fa a pezzi sua moglie Renée. Improvvisamente ci ritroviamo in carcere, dove Fred è condannato per omicidio alla sedia elettrica. Ed ecco accadere qualcosa di incredibile: il protagonista, nella sua piccola cella, vede squarciarsi davanti a sé lo spazio e apparire una casa in fiamme. Il giorno seguente Fred è svanito e al suo posto è apparso un ragazzo: Pete (Balthazar Getty).
Non essendo colpevole di nulla, Pete è rilasciato e ritorna alla sua routine e al suo lavoro in un’officina. Qui un ricco cliente, Mr. Eddy (Robert Loggia), gangster che si scopre essere Dick Laurent, lo prende in simpatia per le sue capacità da meccanico. La simpatia non è però ricambiata dal momento che Pete si innamora della sua donna, Alice. Iniziano a vedersi delle intersezioni con la prima parte del film: Alice infatti è del tutto identica a Renée.
Tra Pete e Alice nasce quindi una relazione segreta che li porta ad architettare un piano per fuggire via insieme, consistente nel derubare un collaboratore di Eddy (che è esattamente uguale al personaggio di Andy). I due ci riescono e scappano col malloppo verso un ricettatore che abita nel deserto, nella stessa casa che Fred aveva visto in cella. Mentre attendono il ricettatore, ovvero il Mystery Man, Alice rivela di non essere davvero innamorata di Pete. Egli si alza in piedi e magicamente al suo posto compare Fred. Questi corre alla ricerca di Renée e la trova nel “Lost Highway Hotel” in compagnia di Dick/Eddy. Fred lo colpisce e lo porta con sé nel deserto dove, aiutato da Mystery Man, lo uccide.
Ci ritroviamo di nuovo fuori casa di Fred dove assistiamo alla stessa scena iniziale, ma da un altro punto di vista. Fred bussa al suo citofono e pronuncia la frase “Dick Laurent è morto”. Dopodiché, inseguito in macchina dalla polizia, Fred si dimena spasmodicamente in preda a una crisi, tra bianchi lampi di luce.
Analisi
Partiamo mettendo in chiaro un aspetto cruciale dell’opera: la maggior parte delle scene che ci vengono mostrate sono frutto dell’immaginazione di Fred. Egli deforma la realtà circostante attraverso sogni e deliri psicotici. Perché lo fa? Su questo si può tagliar corto: per gelosia nei confronti della moglie Renée. Gelosia che sembra giustificata quando, durante un concerto, vede sua moglie andarsene con Andy, o quando alla festa intravede una certa complicità fra loro due. Ma appunto: sembra giustificata. Nei film di Lynch sono sempre scarsi i dettagli che garantiscono quale scena si svolga nella “realtà” e quale no; così potrebbe persino darsi che le sequenze in cui sembra motivata l’ossessione del protagonista, siano anch’esse frutto di una deformazione. Tutto sommato, poco importa: Fred prova una forte gelosia, e questo è un fatto.
Partendo da questa chiave di lettura, è possibile gettar luce su tutto il resto dell’opera. Così la seconda parte del film, quella più inspiegabile, diventa ben chiara: dopo aver commesso l’uxoricidio, Fred si ritrova in carcere a fare i conti con la propria memoria e con il senso di colpa. Ma l’intervento della censura (una componente basilare dell’inconscio, che ha come unico scopo quello di difendere l’Io dal ricordo di particolari penosi, nel suo caso mostruosi, e che realizza tale scopo deformando le verità scomode) mette in crisi il protagonista.
Se da un lato la notizia della condanna a morte lo obbliga a tener ferma la cruda verità e il destino che lo attende, dall’altro lato l’inconscio elabora un escamotage per proteggere Fred. Inutile dire che ci riesce alla grande. Dopo aver preso un sonnifero, Fred torna nella sua cella ed incredibilmente lo spazio davanti a sé si lacera come il tendone di un circo: appare una casa in fiamme che, invece di bruciare, torna intatta. È in effetti lo stesso movimento che a breve si verificherà nella sua mente: la sua esistenza gettata alle fiamme, per un errore irreparabile, tornerà a essere stabile. E se ciò è impossibile da realizzare nella realtà effettiva, bisognerà fuggire via, verso questo squarcio che la psiche gli ha fornito, verso una nuova realtà: Fred si trasforma così in Pete.
Bisogna ora aggiungere delle osservazioni di carattere teorico, derivanti da L’interpretazione dei sogni di Freud, opera che Lynch dimostra di padroneggiare magistralmente:
1) Ogni sogno è sempre la soddisfazione di almeno un desiderio;
2) L’immaginazione onirica deve avere dei legami con la realtà dalla quale si distacca.
Per questi motivi ritornano molti elementi della prima metà del film. Ma quando il sogno adopera elementi della realtà, lo fa caricandoli segretamente di un “valore psichico“: un ottimo esempio lo fornisce l’inquadratura dello smalto nero sulla mano di Renée, quando da a Fred una pacca sulla spalla fin troppo amichevole (i piccoli dettagli sono quelli più amati dall’attività onirica, essendo i più insospettabili); lo stesso smalto riappare due volte: a) sulla mano della prima ragazza di Pete, follemente innamorata di lui (le parti sono invertite, ora è Fred/Pete il “desiderato”); b) sulla mano di Alice, ma di colore bianco invece che nero, come se Renée si fosse purificata della sua infedeltà.
Questa nuova realtà artificiale è insomma una sorta di paradiso per Fred, in cui ogni suo desiderio recondito si realizza con fin troppa facilità (ritorna ad essere un adolescente che ha tutta la vita davanti; Renée/Alice è di nuovo innamorata di lui; insieme uccidono Andy, il suo effettivo rivale; ecc.). Ma la triste realtà che lo aspetta lotta contro l’inganno dell’inconscio per riaffacciarsi alla sua coscienza. Come dirà il Mystery Man:
“Nel lontano Oriente, quando qualcuno è condannato a morte, lo mandano dove è impossibile fuggire. Dove non può sapere quando il carnefice gli arriverà alle spalle e gli piazzerà una pallottola sulla nuca.”
Tra i frequenti capogiri, mal di testa e buchi di memoria, la realtà riesce ad avere la meglio sulla finzione. Ciò accade dopo che Alice gli rivolge le parole: “Tu non mi avrai mai!”; Pete si alza e torna ad essere Fred. Il ricordo dell’impossibilità di essere amato da Alice/Renée, essendo lei morta, lo riporta indietro proprio laddove il delirio è iniziato, di fronte alla casa del Mystery Man. Sul finale Fred si trova a scappare dalla polizia, mentre alcuni lampi lo colpiscono e lui si agita sofferente: segno che la condanna a morte è stata eseguita e che la strada perduta, quella che il Fred reale e sano percorreva tempo fa, è stata ritrovata attraverso il dolore della sedia elettrica.
Ciò detto, restano ancora alcuni misteri che sembrano imperscrutabili in apparenza, ma noi ormai abbiamo la chiave per intenderli. Riportiamo quelli più interessanti: cosa sono quelle videocassette e chi le ha filmate? O ancora: chi sono Dick Laurent e il Mystery Man?
Per quanto riguarda le cassette, esse non vanno intese come oggetti reali, ma piuttosto rappresentano la filosofia opposta a quella che abbraccia il nostro protagonista, il quale dichiara: “preferisco ricordare le cose a modo mio”. Perciò quando ci viene mostrato il loro contenuto sappiamo che esse custodiscono la verità, quel grande nemico che ogni inconscio combatte.
Riguardo Dick Laurent si può pensare che la scena iniziale, quella in cui Fred viene a sapere della morte di questo personaggio sconosciuto, funga da carburante per alimentare altre fantasie del nostro protagonista. Quando poi Andy dice a Fred “Come fai a conoscere Dick Laurent?”, con un espressione spaventata e incuriosita, egli probabilmente conferma alcune idee che si era fatto di quest’uomo: una persona potente e rispettata, un amico del suo nemico Andy e che rispetto a lui sta ancora più in alto. Ecco perché agli occhi di Pete, cioè di Fred allucinato, Dick Laurent incarna tutte queste caratteristiche e diventa un nuovo nemico da far fuori.
Infine, sebbene il film fornisca alcune informazioni, poco si può dire sul conto del Mystery Man, sul quale sono state tentate le più disparate interpretazioni. È interessante vedere nella sua figura l’immagine di Lynch stesso che, con lo stesso colorito di un fantasma (come in effetti ogni regista dovrebbe essere per i propri attori, che appunto devono dimenticare di essere attori che recitano per il proprio regista), riprende di nascosto la casa e la psiche di Fred. Inoltre il Mystery Man è l’unico personaggio che nella seconda parte del film, quando Fred è diventato Pete, resta del tutto uguale a prima, come se non fosse influenzabile dalla psiche del protagonista. Ma forse sarebbe meglio non inoltrarsi in troppe spiegazioni sul suo conto, come se la sua presenza rappresentasse un buco nero, ciò che di insondabile c’è nel sogno. O meglio, per dirla con le parole di Freud:
“Anche nei sogni meglio interpretati è spesso necessario lasciare un punto all’oscuro, perché nel corso dell’interpretazione si nota che in quel punto ha inizio un groviglio di pensieri onirici che non si lascia sbrogliare […]. Questo è allora l’ombelico del sogno, il punto in cui esso affonda nell’ignoto.”
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