I Fratelli D’Innocenzo, tornano dopo La terra dell’abbastanza (2018), con un nuovo film che delinea il loro spirito poetico e intriso di sociale. Vincitore dell’Orso d’Argento alla miglior sceneggiatura al Festival di Berlino, Favolacce è una favola nera sull’intricato e incompreso mondo dei bambini e degli adulti. Più precisamente, sui genitori e i loro figli, visto che il film racconta di alcuni nuclei familiari nella periferia della capitale. Il film è disponibile on demand.
La trama di Favolacce (2020) – “Quanto segue è ispirato a una storia vera. La storia vera è ispirata a una storia falsa. La storia falsa non è molto ispirata!”
Come in un racconto attorno al fuoco, un narratore ci accompagna all’interno di questa storia. A Spinaceto -il quartiere tanto deriso e disprezzato da Nanni Moretti nel suo Caro Diario-, ai confini della grande città, tutto sembra scorrere tranquillamente. Ma è proprio in questa calma rarefatta che la figura dell’adulto si affaccia su quella del bambino in maniera tragica e violenta.
A loro volta i bambini del quartiere vedono la loro fanciullezza e la loro innocenza svanire proprio in quell’estate. Nell’estate di mercatini dell’usato e di piscine a poco prezzo costruite nei giardini delle villette a schiera. Scoprono il dovere del sesso e l’ingannevole amore del genitore. Si rendono conto della vacuità di una pagella dai voti alti e poi le maschere di comportamenti e di individui sempre adirati, annoiati e noiosi.
Ai due registi va riconosciuto l’elemento visionario di intravedere in questa contemporaneità, e nelle relazioni familiari, la grande letteratura dell’Ottocento. In Favolacce c’è questo percepibile fil rouge che rimanda alle fiabe e alle favole di Perroult e dei Fratelli Grimm. Racconti macabri e tragici volti ad impartire nei bambini una lezione e precetti. In quest’opera, dove ogni minuzioso particolare appare rarefatto in una regia accesa e gialla, c’è la possibilità di un’innocenza perduta come in Cappuccetto Rosso. Si respira un’incomprensione genitoriale come in una Cenerentola e persino la tragicità di Hansel & Gretel. Tutti buoni esempi vestiti di moderno, e cadenzati dalla voce narrante di Max Tortora.
La favola dei due fratelli abbandonati nel bosco dai genitori, è forse il leitmotiv più sincero e netto. Esso infatti guida i piccoli protagonisti e le loro antitesi. Il finale inatteso, tuttavia, stravolge quella sicurezza che si era costruita all’inizio. Tutto è però trasportato ai giorni nostri. In una realtà sociale che è vera nella sua cruda e angosciosa scanzonatezza. Favolacce dimostra la bravura di Fabio e Damiano D’Innocenzo: due giovani registi già impostati sulla strada verso un cinema d’autore e nuovo, travolgente e coraggioso.
Gli elementi del film che maggiormente colpiscono la nostra attenzione sono il paesaggio comune: un luogo mediocre, forse un po’ stantio e reietto. Tuttavia è anche questo mascherato da mondo quasi fatato e, in alcuni punti, anche fuori dal tempo. Il bosco che circonda l’abitato era, ed è anche adesso, il luogo dove l’eroe muta, combatte e apprende qualcosa di nuovo di sé o degli altri. Poi ci sono i personaggi: meschini e malvagi come sono gli adulti visti dai bambini. Furbi e colpevoli come sono i figli visti dai genitori.
C’è poi la morbosa educazione a diventare subito grandi, a conoscere immediatamente il sesso e ad apparire sempre come persone perfette, mai scomposte e intelligenti. A questi fattori e alla regia, va aggiunto un cast eterogeneo. Elio Germano, Barbara Chicchiarelli e Lino Musella e i giovani e bravi interpreti come Tommaso Di Cola, Giulietta Rebeggiani e Justin Korovkin. Quest’ultimo ancora fresco dalla sua partecipazione al film di Roberto De Feo, The Nest.
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