“Non c’è passato, non c’è presente, non c’è futuro. Il tempo è solo un modo per misurare il cambiamento.”
Il suddetto aforisma del celeberrimo saggista e accademico italiano Carlo Rovelli corrisponde all’incipit del film del 2009 Tornare, di Cristina Comencini.

L’opera si può definire come un thriller dell’anima in cui una donna tenterà di far pace con se stessa scandagliando dentro il suo inconscio. La protagonista Alice (Giovanna Mezzogiorno) è una giornalista di successo che vive e lavora in America; dopo la morte del padre si troverà costretta a tornare per i funerali a Napoli, suo luogo natio, dove incontrerà Marc Bennet (Vincenzo Amato), un uomo misterioso e affascinante che nasconde un indicibile segreto. Successivamente Alice ricorderà la sua infanzia tramite numerosi flashback che la porteranno a scoprire una sconvolgente verità.

A quindici anni di distanza da La bestia nel cuore Cristina Comencini ricompone il sodalizio artistico con la poliedrica Giovanna Mezzogiorno per raccontarci una storia che ha come tema quello della violenza sulle donne. Un argomento molto attuale questo, portato alla ribalta dall’ormai celebre Caso Weinstein.

Tornare di Cristina Comencini

La regista di Và dove ti porta il cuore e Bianco e nero, nonostante le lodevoli intenzioni, eccede in sterili allegorie e cade spesso in banali cliché che fanno perdere mordente alla pellicola. Giovanna Mezzogiorno è come al solito straordinaria ed incarna appieno il disagio esistenziale di una donna che non riesce a trovare la felicità a causa di un trauma adolescenziale che la perseguita sistematicamente. Vincenzo Amato invece risulta essere ingessato e poco incisivo. Un plauso all’interpretazione di Beatrice Grannò; la giovane attrice romana infatti si cala egregiamente nei panni di Alice adolescente, dando vita ad un personaggio estroverso e ribelle.

In Tornare di Cristina Comencini, ambientato tra Posillipo e il Circeo, la protagonista si muove tra un presente ambientato negli anni ’90 e un passato collocato negli anni ’60. La regista infatti ritrae mirabilmente quegli anni in cui cominciava ad imperversare l’emancipazione femminile.

La colonna sonora curata da Gabriele Coen e Mario Rivera è azzeccata e annovera pezzi rimasti nell’immaginario collettivo di milioni di persone come Dance with me, Getaway, Motherhood, Undertow, A thing of beauty, Persian Consciousness, Struggling with the past, Poetics e Solhymn fra i tanti.

Il nome della protagonista non è casuale in quanto allo stesso modo del celebre personaggio partorito dall’estro di Lewis Carroll, l’Alice comenciniana intraprende un vero e proprio viaggio all’interno del suo subconscio, un viaggio che le permetterà finalmente di conoscere le cause del “male oscuro” che la affligge da anni.

Sceneggiato da Giulia Calenda e dalla stessa Cristina Comencini Tornare si può considerare un film riuscito solo a metà in cui la regista romana affronta un tema indubbiamente spinoso in modo pedissequo.

Mi congedo con le seguenti parole della rinomata scrittrice Danielle Bernock, decisamente pertinenti al significato intrinseco del film: “Il trauma è personale. Anche se viene negato, esso non scompare. Quando è ignorato o negato, le grida silenziose continuano interiormente e vengono sentite solo da chi ne è prigioniero. Quando qualcuno entra in quel dolore e sente le urla, la guarigione può iniziare.”

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